venerdì 29 agosto 2014

Prurito da confessionale


da Internet


Nell’anno domini 1824 il teologo Jean-Baptiste Bouvier licenzia la sua Dissertatio in sextum decalogi præceptum, un testo voluto e impostato per essere diffuso soltanto tra i confessori, aiutandoli nell’indagare sui reati (ooops: peccati) legati alla “debolezza” della carne altrui.
Ho in casa la successiva ristampa: dopo il Monitum iniziale, il libro inizia col capitolo Dissertatio in sextum decalogi præceptum e a pagina 215, dopo INDICIS FINIS si legge: APPROBATIO. Imprimatur. Mechlinæ 16 Augusti 1837. J. P. Pawles, Vic. Gen. e da queste note evinco che Santa Romana Chiesa sia d’accordo sul come il pruriginoso tema sia stato manipolato dall’autore.
Alla fine del trattato vero e proprio inizia un Abrégé d’Embryologie, dove sotto forma di domanda e risposta (modello dottrinetta di giovanile memoria) si discetta su quesiti quali: “A che età si comincia ad avere l’anima?” - e qui il recensore ricorda che San Tommaso e “folle” di teologi a lui succeduti insegnano che l’anima si unisce al corpo maschile 40 giorni dopo la nascita, periodo che raddoppia “verso 80 o 90 giorni” per le femmine – e altre questioni inerenti gli aborti, il taglio cesareo, la morte della partoriente e altre dotte amenità.

Nato nel 1773 a Saint-Charles-de-la-Forêt - e vescovo di Le Mans dal 1834 - J. B. Bouvier si era fatto un nome grazie alle polemiche che avevano accompagnato le sue Institutiones theologicae, sei volumi (editi a partire dal 1817) largamente diffusi sebbene (o forse per questo?) ferocemente attaccati dai critici che in essi ritrovavano troppi spunti “cartesiani” caratteristici della Chiesa gallicana. In seguito, il vescovo Bouvier accetterà che una commissione episcopale ne rivedesse il testo, riportandolo nell’alveo “cattolico romano”.
Tra le altre sue controverse opere teologiche ricordo le Institutiones Philosophicae (1824), Dissertatio in sextum decalogi praeceptum (1824) e il Cathéchisme à l’usage du diocèse du Mans (1838). Malgrado tutto ciò, nel 1854 il papa, impegnato nella definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, lo convoca a Roma. Lui arriva …e muore.
In seguito, tradotta dal latino originario, la Dissertatio in sextun decalogi præceptum uscirà dal ristretto mondo del confessionale e con titolazioni differenti vivrà (e vive ancora) un discreto successo editoriale per l’attrazione esercitata dalle argomentazioni “pruriginose”, tanto da finire – udite udite - nelle collezioni dei libri “erotici”, come conferma una vendita all’asta effettuata di Christie’s a Parigi, 14-15 dicembre 2006: Les mystères du confessionnal par monseigneur Bouvier évêque du Mans. Bruxelles: E. J. Carlier [circa 1875?]. Copia proveniente dalla Bibliothéque erotique Gérard Nordmann. Prezzo stimato: € 300-400 - Prezzo realizzato: € 264.
Oggidì la premiata ditta Charbonnel di Bar-le-Duc ne propone una copia intitolata Les mystères du confessionnal, La clé d’or, le livre des confesseurs, Traité de chasteté, J. E. Carlier imprimeur éditeur Bruxelles sans date (1875), attraendo il collezionista con questa immaginifica presentazione:

Très rare ouvrage, à l’époque vendu “sous bande discrète”. Il s’agit là d’un ouvrage culte! dont on ne trouve généralement que la réédition des années 1960, présenté par son premier éditeur comme “le livre classique du Clergé catholique tenu secret jusqu’à ce jour. En raison de sa nature, cet ouvrage sulfureux qui détaille, à l’usage des confesseurs, toutes les pratiques sexuelles possibles et imaginables, ne doit pas être remis entre toutes les mains” prévenait alors l’éditeur, spécialisé dans les publications anticléricales et spirites! Un ouvrage mis à l’index dès sa parution. Le manuel des confesseurs ou Les Diaconales qui ouvre cet ouvrage est également appelé “Dissertations sur le sixième commandement”, avec son supplément au traité du mariage. Il est signé de JB Bouvier, évêque du Mans, “savant théologien” et fut à l’origine écrit en latin. L’ouvrage qui est ici traduit pour la première fois en français, propose également le texte latin. Voici ce qu’en disait à l’époque l’éditeur, dans une magnifique envolée propre à susciter l’envie de lecture! “par respect pour le lecteur, et pour les bonnes moeurs, longtemps nous avons reculé devant la vulgarisation de l’ouvrage le plus froidement obscène que nous connaissons. Les abominations étalées dans ce livre dépassent les obscénités des soupers de la Régence sous le Duc d’Orléans, à faire rougir les plus éhontées messalines, à faire bouillir le sang du plus austère des anachorètes.” L’ouvrage, destiné uniquement aux prêtres et aux diacres, s’appuie sur certains passages des livres saints. L’avertissement du Clergé est clair: “Nous avons essayé de recueillir ce que les prêtres ne peuvent ignorer, sans danger, au confessionnal et ce qui ne peut être ni développé dans les cours publics des séminaires ni confié décemment et indistinctement aux jeunes élèves”. Un cours des plus explicites relatif à la “lubrique matière” et qui plonge le lecteur au coeur de la luxure vue par l’Eglise du XIXème siècle. On y trouve à la suite le supplément au traité du mariage, un “abrégé d’embryologie ou solution de quelques difficultés touchant le baptême des enfants nés avant le terme ou qui ne peuvent naître naturellement”, Les origines de la confession, les Confesseurs et congréganistes devant la justice (où l’on retrouvera quelques faits divers de l’époque), mais aussi un chapitre intitulé Abesses Confesseuses, les colombes de Lesbos, un “Catéchisme à l’usage des Jésuites”, “Le guide des âmes” ou taxe de la chancellerie romaine pour tous les péchés, “Le sceau de la confession”, les drames du confessionnal et quelques autres textes anti-cléricaux. Un document et une curiosité bibliophilique!

È probabile che a Bar-le-Duc la quantità di punti esclamativi indichi una plusvalenza a me sconosciuta (oppure che lo zolfo sia più caro che nel resto d’Europa), fatto sta che il venditore librario chiede per questa copia la bellezza di 520 Euro. - Chiedere è da furbi, pagare è da pirla - è uno dei motti da me “cogniati” (ed esenti da ogni diritto d’autore).
Se proprio il “prurito” si manifesta in tutta la sua virulenza, sempre in Francia, a Saint Etienne de Boulogne, la Librairie Ancienne du Vivarais offre per “soli” 100 euro una copia de Les Mystères du confessionel. Manuel des confesseurs ou les Diaconales. Dissertation sur le sixième commandement (luxure) & supplément au traité du mariage. Bruxelles, Carlier, s.d. (vers 1864). - Curiosamente, lo stesso titolo appare sulle copie uscite nel 1877 per i tipi dell’editore Satanas (un nome, un programma).




La prima traduzione integrale in lingua italiana porta il titolo I misteri del confessionale. Manuale segreto dei confessori. Casa Editrice Il Crogiulo, Roma 1969.




Tutta questa manfrina per arrivare al punto dove volevo arrivare: qui sotto propongo la lettura di Pericolo di polluzione, la recensione di Max Ernst al libro di monsignor Bouvier, pubblicata su «Le Surréalisme au service de la révolution» (n. 3, Parigi, dicembre 1931), qui nella traduzione ripresa da Max Ernst. Scritture, con centoventi illustrazioni ricavate dall’opera dell’autore. Traduzione di Ippolito Simonis e Gian Renzo Morteo. Rizzoli Editore 1972, pp. 174-185 - scritto che si legge anche in Max Ernst sculture, Edizioni Charta 1996, pp. 17-22.
Max Ernst è lo stesso che nel 1959 avrà modo di scrivere: “Vi è più saggezza nella nudità della donna che nell’insegnamento del filosofo”. Temo abbia ragione (e, en passant, ve la immaginate oggi – in tempi di servili marchette - una recensione come questa?).

PERICOLO DI POLLUZIONE

La lussuria naturale consumata, la lussuria naturale non consumata, la fornicazione semplice, la fornicazione qualificata, lo stupro, il ratto, la prostituzione, il dovere coniugale richiesto e reso, l’impedimento per impotenza, i baci su parti del corpo inusitate, i baci su parti del corpo decenti, i baci alla maniera delle colombe, i baci scambiati senza cattive intenzioni, i baci in segno di urbanità, l’effusione di materia seminale, la masturbazione semplice e qualificata, la dilettazione morosa, la castità, la polluzione volontaria o la polluzione volontaria dal punto di vista casuale, la polluzione notturna, il pericolo di polluzione, la sodomia, la bestialità, i contatti impudichi, le carezze tra sposi, il vaso naturale della donna, il vaso davanti, il vaso di dietro, i vasi consacrati, gli spettacoli, le danze, i movimenti disordinati, l’equitazione, la distillazione, il seme imperfetto, gli spiriti genitali, il demone, l’incontinenza, lo sprone della carne, la procreazione della specie, l’embriologia sacra e tutta la merda dei dottori della Chiesa.
Conosciamo il valore delle parole e il pericolo di polluzione è per noi una così vecchia abitudine, che vi indulgiamo con fierezza «in segno di urbanità». I dottori della Chiesa si sono preoccupati di tracciare sul corpo delle donne, con precisione abominevole, delle frontiere che dividono le parti decenti da quelle vergognose. Queste frontiere possono scomparire di tanto in tanto per effetto di una passione grandiosa, per fare poi la loro ricomparsa con nauseante esattezza, fino al giorno benedetto in cui uno stupendo massacro libererà per sempre la terra dalla crapula clericale.
L’amore è il grande nemico della morale cristiana.
Introducendosi nella coscienza e nel subconscio degli uomini attraverso l’effrazione chiamata sacramento della penitenza, o confessione, la Chiesa ha trovato lo strumento più sicuro per distruggere sul posto e senza difficoltà tutto ciò che tende verso l’amore. Per rendere più efficace il suo sabotaggio, approfitta in modo scandaloso di tutti gli strumenti della giustizia: le condanne temporanee o eterne ai supplizi della coscienza, al fuoco perpetuo, il beneficio della condizionale, i casi riservati, l’assoluzione nella sua misericordiosa indulgenza.

I casisti hanno tracciato, con nauseabonda precisione, i limiti che separano le zone erotiche proibite, semi-proibite, tollerate e meritorie. I casi sono innumerevoli e i Padri se la godono un mondo. Si può ridurre la casistica a certi casi tipo, per esempio: l’effusione della materia seminale nel vaso davanti (linguaggio ecclesiastico!) della donna può comportare un peccato mortale o un peccato veniale: può essere esente da peccato o meritoria, secondo le circostanze. Peccato mortale in caso di fornicazione o di adulterio; peccato veniale se il vaso davanti appartiene alla sposa del paziente, ma il coito è praticato per passione; esente da peccato il coito coniugale destinato alla procreazione; peccato mortale quando gli sposi cominciano il coito nel vaso «che non gli è proprio» per terminarlo poi nel «vaso naturale». Gli sposi commettono un peccato veniale e sono severamente da disapprovare se l’uomo, per aumentare il suo piacere, prende la sua donna da dietro «a guisa dei cani» oppure giace sotto di essa. Ma quando è assolutamente impossibile praticare il coito in altra maniera, per esempio durante la gravidanza, non vi è peccato. L’effusione della materia seminale nel «vaso di dietro» (linguaggio clericale!) implica sempre un peccato mortale. L’effusione della stessa materia in un vaso consacrato dalla Chiesa e destinato agli uffici religiosi, è considerata delitto orrendo e rappresenta un «caso riservato» in ogni diocesi. L’atto coniugale tra sposi può diventare meritorio, quando è eseguito per mantenere la fede promessa davanti a Dio al proprio sposo, oppure a scopo religioso per avere dei figli che servano Dio fedelmente o per simboleggiare l’unione di Cristo con la Chiesa. (I dottori della Chiesa evitano, evidentemente per decenza, di precisare che cosa nella pratica del coito coniugale, simboleggia Cristo e che cosa la Chiesa, e di ragguagliarci se la fornicazione, la sodomia, la bestialità, la polluzione notturna ecc. ecc., possono anche esse diventare meritorie attraverso un analogo simboleggiare!)
La Chiesa ha innalzato, davanti al peccato Amore, servendosene come strumenti di potere, un meschino sacramento e una virtù altrettanto meschina: il matrimonio e la castità (il dovere coniugale e la lussuria non consumata allo stato cronico!).
La lussuria! la lussuria naturale consumata, la lussuria non consumata, la fornica... ecc. ecc. (vedi sopra la merda dei dottori della Chiesa).

LE DIACONALI O MANUALE SEGRETO DEL CONFESSORE, di Mons. Bouvier, vescovo di Mans, è un libro spesso e di grande formato. L’amore, che non compare mai nelle sue pagine, vi è condannato a morte in contumacia. Questo libro tratta dapprima del sesto comandamento, in seguito dei doveri coniugali e quindi dell’embriologia sacra.
Come una donna deve celare le sue «parti vergognose», così la Chiesa deve nascondere la sua letteratura oscena. L’opera è scritta in latino e riservata ai preti e ai diaconi. La Libreria Anticlericale ha avuto il merito di pubblicare in francese, cinquant’anni fa, questa inqualificabile salsa teologica, rigurgitante di tutta la cafonaggine, di tutto l’abominio della morale cristiana.
Mons. Bouvier, vescovo di Mans, per aver partorito questo letamaio, è stato nominato conte romano da Sua Santità Pio IX e addetto alla persona del papa come prelato intimo, assistente al trono pontificio.

Eccone alcuni esempi:

... così chi è tanto debole da non sapersi trattenere dal masturbarsi per aver guardato amorosamente le parti decenti di una donna, oppure toccandole le mani o giocherellando con le sue dita o baciandola in modo decente benché senza motivo, deve astenersi da queste cose per evitare un peccato mortale...
... non mortale ci parrebbe il peccato se ci si accontentasse di toccare leggermente gli abiti di una donna, perché tale atto non è di tale natura che possa portare ad atti erotici in maniera diretta.
Le carezze tra sposi che hanno lo scopo di giungere all’atto carnale legittimo sono indubbiamente lecite, a condizione che non comportino pericolo di polluzione; esse sono, infatti, accessorie all’atto. Se però avessero lo scopo di produrre maggior piacere si avrebbe un peccato veniale, sebbene si riferisca all’atto carnale. Mortale invece sarebbe il peccato, se le carezze, pur in vista dell’atto carnale, ripugnassero gravemente al buon senso, come l’avvicinare le parti genitali ad altro vaso che non quello naturale, per esempio se i coniugi accostassero reciprocamente la bocca alle parti sessuali per leccarle come fanno i cani.
I discorsi osceni tra marito e moglie non sono peccati mortali, salvo se producono grave rischio di polluzione, cosa rara: non occorre che i confessori se ne preoccupino troppo...
... non è permesso rifiutare di rendere il dovere coniugale per timore di avere un numero eccessivo di figli: gli sposi cristiani devono confidare in Dio che dà la pastura agli animali e ai loro piccoli quando l’invocano; nel benedire la fecondità spesso benedice pure i beni temporali e spirituali, permettendo che tra i figli ne nasca uno che porti in casa il benessere e faccia la felicità di tutta la famiglia...
... Ma peccato mortale è servirsi del belletto per piacere agli uomini, senza un legittimo scopo di matrimonio...
Si domanda. - È valido il matrimonio quando la donna afflitta da strettezza è stata allargata da commercio con altro uomo?
R. - L’opinione più comune è che il matrimonio sia valido, perché... ecc.
Gli sposi peccano mortalmente se mentre compiono l’atto coniugale provano desideri adulteri, per esempio se si figurano che la persona presente sia un’altra e volontariamente si compiacciono pensando che il commercio abbia luogo con quella persona... Nel caso che l’uomo richieda o renda il dovere coniugale col desiderio che la moglie perisca durante le doglie del parto.
L’atto carnale è un peccato mortale quando viene compiuto in un luogo santo, sia pure in tempo di guerra... (sic).
Si domanda. - È giusto tollerare le meretrici?
R. - A questo proposito i teologi si sono espressi in due modi differenti. La maggior parte sostiene che la cosa è permessa al fine di evitare peccati molto più gravi come: sodomia, bestialità, masturbazione e seduzione delle donne oneste: «Fate scomparire le cortigiane e tutto sarà invaso dalla torbida dissolutezza» dice Sant’Agostino... ecc.
Ecco il modo di scoprire senza pericolo se il penitente pratica abitualmente la masturbazione: interrogare anzitutto il penitente sui suoi pensieri, parole indecenti, nudità davanti ad altri, palpeggiamenti su di sé o su altri o che abbia permesso ad altri di fargli. Se non ha ancora raggiunto l’età pubere, non lo si deve interrogare sulla masturbazione perché è probabile che alla sua età non l’abbia ancora praticata, a meno che non appaia molto corrotto. Ma se è pubere, e che abbia praticato palpeggiamenti impudichi con altre persone e soprattutto se è andato a letto con ragazzi più anziani di lui, è praticamente certo che vi è stata emissione di seme e che la masturbazione ha avuto luogo. Tuttavia il confessore dovrà agire prudentemente. Domanderà: hai provato impulsi del corpo, brividi della carne? Hai provato un gradevole diletto nelle parti segrete, dopodiché quegli impulsi si sono calmati? Il penitente risponde sì: è ragionevole pensare che la masturbazione abbia avuto luogo, perché gli impulsi violenti seguiti dal piacere indicano chiaramente che lo sperma è colato; poco importa che si tratti di un ragazzo o di una ragazza, il risultato è lo stesso...
... Poco importa in quale vaso, i maschi tra loro e le femmine pure, praticano il coito; che sia quello davanti o quello di dietro o un’altra parte del corpo, la malizia della sodomia resta la stessa, ecc.
... La natura è ancora più oltraggiata quando la donna diventa agente e l’uomo paziente... ecc.
... Non dimentichiamo, soprattutto, quell’altra specie di sodomia che consiste nell’unione carnale tra persone di sesso differente, ma fuori dal vaso naturale. Per esempio, mettere il membro virile nella bocca, tra i seni, le gambe o le cosce ecc., del paziente o della paziente.
Si domanda. - È permesso alle persone sposate o vedove di compiacersi al pensiero dell’atto carnale futuro o passato?
R. - È probabile che pecchino mortalmente le persone fidanzate o vedove che acconsentono alla dilettazione carnale che produce in loro la previsione del coito futuro o il ricordo del coito passato.
Lo sposo che, durante l’assenza della moglie, si compiace al pensiero dell’atto carnale come se lo stesse compiendo nel momento stesso in cui lo pensa, commette un peccato mortale, soprattutto se gli spiriti genitali vengono fortemente agitati, e questo peraltro non perché si compiace di gioire in modo fittizio di qualcosa che gli è proibito, ma perché normalmente si espone a un grave pericolo di polluzione.
...il prete che, mentre somministra i sacramenti o celebra la messa, o rivestito dai paramenti sacri per celebrarla o anche nello scendere dall’altare, si abbandona volontariamente alla masturbazione, non ha scuse al suo doppio sacrilegio.

Prego, un attimo di silenzio e di raccoglimento!
Chiudo, con quest’ultima, le citazioni dalle Diaconali, e godo volontariamente al pensiero che il simpatico lettore o la gentile lettrice si concedano qualche minuto di «dilettazione morosa», nell’immagine grandiosa del prete che, rivestito dai paramenti sacerdotali e dopo aver tenuto in mano l’agnello immacolato, si masturbi maestosamente scendendo i gradini dell’altare. In quanto a bellezza, quest’immagine può essere seconda soltanto a quella di due preti che, rivestiti dei paramenti sacerdotali e dopo aver tenuto in mano l’agnello immacolato, si abbandonino a una reciproca masturbazione scendendo maestosamente i gradini dell’altare e che, arrivati all’ultimo gradino (in tutti i sensi), si diano reciprocamente l’assoluzione del loro quadruplo sacrilegio.
È strano constatare come nessun cane abbia mai alzato la voce in segno di protesta contro gli insulti fatti alla sua razza da quella dei preti, e contro il significato peggiorativo che, nell’argomentare ecclesiastico, si dà generalmente alla parola cane, soprattutto nell’espressione: a guisa dei cani. A queste offese, i cani han sempre risposto con il più completo disprezzo e con l’arma del silenzio. Difatti, non si è mai visto un cane entrare in un confessionale per asserire, nell’intento di umiliare il prete, di aver praticato il coito a guisa dei cristiani (per avere dei figli che servano Dio fedelmente). Non si è nemmeno mai visto un cane sforzarsi di placare la giustizia divina con lacrime, elemosine, preghiere e digiuni, dopo essersi intrattenuto in argomentazioni voluttuose con una cagnetta di sua conoscenza, in qualche posticino appartato, e dopo averle parlato del coito e delle delizie di far l’amore in differenti maniere. E mai si son visti due cani dello stesso sesso o di sesso diverso darsi reciprocamente l’assoluzione dal loro comune peccato a guisa dei preti, dopo essersi abbandonati insieme ad azioni vergognose, a contatti impudichi o a baci libidinosi. (D’altronde appare molto probabile che in un simile caso l’assoluzione non sarebbe ritenuta valida, nemmeno in tempo di giubileo, e che, contro i cani che osassero quanto sopra, scatterebbe la scomunica maggiore, quella inflitta dalla Santa Sede.) Nella nostra diocesi, ogni cane degno di questo nome evita accuratamente ogni commercio, sia carnale che spirituale, con preti e monache, non tanto per rispetto verso la santa religione, quanto perché immagina ragionevolmente che, dopo tale sozzeria, nessuna cagnetta vorrebbe più saperne di lui, nemmeno quelle di facili costumi.
La razza umana invece, più fiduciosa e meno orgogliosa di quella canina, non si è rifiutata di entrare nei confessionali. Mi hanno perfino garantito che esistono ancor oggi rappresentanti di questa razza che vi mettono piede. Tuttavia, non vi è sulla terra nulla di più clamorosamente simile a una trappola di un confessionale, sotto ogni sua possibile forma; non vi è nulla dall’aspetto meno rassicurante di un confessore intento alle sue nefandezze, secondo i precetti di Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino, Sant’Alfonso de’ Liguori e di Mons. Bouvier, osceno vescovo di Mans e conte romano. A giudicare dall’aspetto fisico e dalla miseria morale degli uomini dei giorni nostri, bisogna riconoscere che i buoni confessori hanno lavorato bene: gli uomini sono diventati schifosi e pericolosi a forza di un costante esercizio, durato secoli, della pratica che è la madre di tutti i vizi: la confessione. La loro digestione si è guastata a forza d’inghiottire il corpo anemico del Signore, il loro sesso si è indebolito a forza di uccidere il piacere e di moltiplicare la specie, come si è indebolita la loro passione a forza di pregare una Vergine: la loro intelligenza è precipitata nelle tenebre della meditazione. La virtù dell’orgoglio, che era la bellezza dell’uomo, ha ceduto il posto al vizio dell’umiltà cristiana, che ne è la bruttezza. E l’amore, che deve dare un senso alla vita, è sorvegliato a vista dalla polizia clericale.
L’avvilente dovere coniugale, inventato per mettere in moto il meccanismo della riproduzione, per fornire alla Chiesa anime da istupidire e alla patria individui atti alle esigenze della produzione e del servizio militare, l’avvilente dovere coniugale quale i dottori della Chiesa permettono a coloro che vogliono unirsi nell’amore, non è che una copia assai simile dell’atto d’amore. Gli amanti sono derubati dalla Chiesa. L’amore deve essere riinventato, Rimbaud l’ha detto.
L’amore non deve rinascere dagli sforzi isolati di uomini isolati; l’amore, rinascendo, trarrà le sue origini da un subconscio collettivo e dovrà, tramite le scoperte e gli sforzi di tutti, salire alla superficie della coscienza collettiva. Ciò non è possibile sotto il regno della polizia clericale e capitalista.

L’amore deve essere fatto da tutti, non da uno. Lautréamont l’ha detto, o quasi detto.

© Per il testo e le fotografie di Giancarlo Mauri

Ristampa 1837

Edizione 1972

Edizione 1972
Edizioni Charta 1996






martedì 26 agosto 2014

La liberazione di Parigi, versione Cocteau



Jean COCTEAU. Diario (1942-1945)
A cura di Jean Touzot
Traduzione dal francese di Giovanna Parodi
Note redazionali a cura di Fernanda Littardi
Mursia 1993, pp. 358-363
Titolo originale: Journal 1942-1945
1989 Éditions Gallimard

25 agosto 1944 - Liberazione di Parigi
Mi ero ripromesso di non scrivere niente prima del grande giorno che abbia­mo appena vissuto.
C’era stata l’attesa. C’era stato il panico dei collaborazionisti preceduto da segni di morte. Quella di Fernandez[1] (arresto cardiaco), il suicidio di Drieu La Rochelle (viene salvato),[2] la morte di Saint-Exupéry[3] (aviazione inglese) e la notizia ancora dubbia su Malraux, fucilato dalla Milizia.[4] La fuga di Bonnard, di Brinon, di «Je suis partout», battezzato «Je suis parti», il treno con la famiglia Luchaire, le mogli e le figlie dell’ambiente filotedesco. (Il treno era partito per la Germania con quarant’otto ore di ritardo. Doveva essere convogliato da Fontenoy. È stato convogliato da gangster di Marsiglia, Costantini,[5] se non sbaglio.)
C’era stato il segreto formarsi dei gruppi delle F.F.I.[6] che occupavano i teatri ufficiali, l’Union des artistes, il C.O.I.C., ecc., dato che i comunisti avevano occupato tutti i posti ufficiali e tutti i monumenti pubblici dopo battaglie rapide e decisive. C’era stato lo spettacolo delle bandiere alle finestre e i giornali nuovi che escono durante le operazioni militari tedesche. (I tedeschi occupavano gli Invalides, l’École militaire, la Concorde, il Senato, il Luxembourg, dieci nuclei di resistenza zeppi di munizioni, di truppe S.S. e di esplosivi.) C’era stata l’apertura delle porte di Drancy, di Fresnes, e della Santé, grazie all’incessante mediazione del ministro di Svezia.
C’era stato il cambiamento di stile alla radio, le buone e le false notizie, l’America e l’Inghilterra che festeggiavano la nostra completa liberazione, mentre Parigi si batteva ancora. C’erano state le barricate, le raffiche di mitragliatrice, i miliziani nascosti che sparavano dalle finestre o dai tetti. L’altro ieri, andando a pranzo alla Concorde da Sert nel bel mezzo della difesa tedesca, attraversavamo, Marais, io e Moulouk, una avenue de l’Opéra completamente deserta e assai sospetta. All’angolo con rue des Petits-champs, una raffica di fucile-mitragliatore ci fa voltare. A un metro da noi, l’unico passante visibile incespica e un enorme fiotto di sangue schizza dalla sua schiena. Cade. Perché lui e non noi? È impressionante sapere che forse eravamo presi di mira da un occhio misterioso e che l’abbiamo scampata bella. Il capitano Delrue[7] dirà poi: «Eravate proprio voi ad essere presi di mira. A cento metri, un fucile mitragliatore è sbandato. Avete sentito fischiare la pallottola? No. Vuol dire che sparavano su di voi». I parigini non danno segno di paura. Nonostante il pericolo dei cecchini e delle macchine che sbucano e spazzano la strada, le donne passeggiano come al 14 luglio. Splendida idea di questa folla libera che partecipa al dramma, rischiando di ostacolare le operazioni. (I primi carri armati di Leclerc sparavano in boulevard des Invalides, carichi di donne e bambini che vi si aggrappavano.) C’erano state le visite e le telefonate degli uni e degli altri (come va dalle vostre parti?), ecc. Il telefono non ha mai smesso di suonare. C’era stato perfino l’imbarazzo dei piccoli comitati dei teatri che volevano fare la parte del tribunale rivoluzionario e mettevano le crocette davanti ai nomi delle vedette.
Finalmente l’altro ieri, a mezzogiorno, c’è stata la telefonata di Jacques Fano, l’addetto stampa del generale Leclerc, che annunciava che il generale sarebbe arrivato in giornata. Abbiamo saputo poi che il cerimoniale tra francesi e americani (i francesi diffidano del metodo americano di demolire tutto) aveva fatto ritardare le truppe. I francesi sapevano soltanto che la città si difendeva ancora molto e sarebbe stata a corto di munizioni. Furono informati con esattezza da due gendarmi che andarono in bicicletta ad Antony. La Resistenza non aveva avuto ordini. I comunisti hanno scatenato la sommossa senza aspettare gli ordini. La Resistenza di destra non ha partecipato. Da ciò il ritardo delle truppe che aspettavano. Le truppe hanno fatto duecento chilometri per andare in soccorso delle F.F.I.
Non appena abbiamo saputo che i primi americani arrivavano a Notre-Dame, corsi a dirlo ai Puget.[8] Avevo appena dato la notizia che le campane di Notre-Dame e di Notre-Dame-des-Victoires cominciarono a diffonderla ovunque. Spettacolo sublime: il Palais-Royal illuminato dalle finestre spalancate. Campane, risate, canti. La radio, ancora male organizzata, di nascosto, sotto l’occhio dei tedeschi, trasmette testimonianze di giovani sfiniti, che balbettano per la stanchezza e l’emozione. Il servizio è interrotto continuamente da porte che sbattono. Sono gli inviati delle ultime novità della strada che entrano ed escono, e le voci si confondono con quelle dei reporter ufficiali.
Il giorno dopo, aiutata dai carri armati, l’insurrezione diventa decisiva. In tutti i quartieri ci si batte sulle barricate. Il primo giorno avevo lasciato Roger Stéphane[9] davanti al Municipio, dopo aver visto issare la bandiera francese sulle torri di Notre-Dame, tra una folla che vendeva e comprava distintivi tricolori. Stéphane, in tre giorni, ha combattuto al Municipio, è stato ferito al braccio e nominato capitano della Resistenza (comandante del Municipio). Io non finisco di correre a destra e a sinistra. Cercando di arrivare dai Labourdette, arrivo in place Notre-Dame, dove è difficile muoversi. La folla vuol vedere i prigionieri che vengono condotti in questura. Purtroppo li insultano e i soldati non possono impedire che la collera del popolo si scateni alla cieca. Mi allontano da questo spettacolo che non mi piace e mi rimprovero di non essere abbastanza semplice da trovarlo legittimo. Sul selciato di Notre-Dame scorgo improvvisamente Moulouk, solo, seduto, abbandonato come nelle Due orfanelle. Paul forse l’aveva perso al Municipio. Per lui è molto naturale ritrovarmi e lo porto dai Labourdette.[10]
Vado a vedere De Gaulle che arriva al Municipio. Arriva su una piccola macchina scoperta, con grande semplicità. Compare alla finestra sull’estrema destra, perché il Municipio non ha balconi né finestre tra le colonne. La folla lo distingue male. Sale sul parapetto della finestra e fa dei grandi gesti familiari con le braccia. Applausi. Lo stile è perfetto, antidittatoriale e mi fa pensare alla frase che mi ha detto una volta Lyautey: «Non sono un militare. Sono un soldato». Difficoltà di non essere né legittimato né dittatore, né nominato dal suffragio universale. Difficoltà di arrivare da fuori, solo, sostenuto soltanto da un sogno.
De Gaulle è altissimo, molto magro, in lui tutto si vede: il naso, gli occhi, le orecchie, i gesti. È un divo. Un pezzo grosso. Non c’è dubbio. Porta la divisa kaki con due stelle.
Nulla di più strano di questa città in festa e che si batte. A Parigi, le cose vanno a fasi, a mode: la guerra dei tetti. Le donne rasate, ecc... Fantomas, Belfagor e i film hanno educato una generazione violenta. I nostri amici vanno in giro con fucili o mitra. Ci si separa, ci si ritrova, ci si riperde. Paul, il mio segretario, che rifiuta di portare bracciali e armi, si intrufola in tutti gli attacchi ai monumenti ed entra per primo all’hôtel Crillon e all’Ambasciata americana. Il Crillon, crivellato dalle granate, resta in piedi, tranne una co­lonna (la gente la chiama la quinta colonna).
La guerra dei tetti si fa sempre più subdola. Sparano ovunque. (Era una di quelle cicogne funeste[11] che l’altro giorno ci aveva presi di mira in avenue de l’Opera.) Sparano dai tetti del Palais-Royal. Quelli che rispondono sparano a caso nei vetri.
Il giorno dopo,[12] mattinata di sole e di bandiere. L’aria leggera, la folla leggera. Si rivedono dei volti. Non se ne vedevano più. Andiamo da Maxim’s a mettere le bandiere e a prenderne per la casa. Nel pomeriggio assistiamo a una sfilata da una finestra dell’hôtel Crillon. De Gaulle cammina tra i carri armati e i ragazzi del popolo che si tengono per mano. E il simbolo del suo programma. Una folla immensa (quasi tutte le donne vestite di bianco, blu e rosso) brulica in piace de la Concorde fin sulle statue.
Improvvisamente si scatena il dramma. I tiratori dei tetti cominciano. I carri armati allineati davanti all’hotel rispondono e bombardano. La mia sigaretta è spezzata a metà in bocca. Jeannot e Paul rifiutano di andare via dalla camera sulla facciata. Si buttano a terra, si rialzano e lasciano spuntare la testa dal balcone. Vengono scambiati per cecchini e i carri armati rispondono. Nello stesso momento, a Notre-Dame sparavano sul generale De Gaulle e su alcuni punti del corteo.
Come mai non erano state ispezionate le torri di Notre-Dame da cui i misteriosi cecchini sparavano da tre giorni? Il custode delle torri, interrogato, risponderà: «Le torri sono delle catacombe» (sic). Parigi è attraversata da macchine F.F.I. con la croce di Lorena; sono state più o meno requisite e sono cariche di giovani con bracciali e rivoltelle. E così vedo sbarcare a casa Goddet (capitano) e il figlio dei Capgras.
Le false notizie circolano in fretta come queste automobili pericolose: le teste di tutte le attrici sono state rasate a zero. Hanno arrestato tutti gli scrittori, ecc. Arresto di Sacha Guitry,[13] condotto al municipio della VII circoscrizione parigina, poi alla polizia giudiziaria, poi alla prigione della Santé!
Titayna[14] e Desmarets[15] sono stati arrestati.
Le donne rasate, tutte nude, trascinate con una catena al collo, insultate, picchiate da altre donne che di certo hanno fatto di peggio. Spettacolo vergognoso.
Donne innocenti e rasate vengono condotte al Municipio. Non hanno il coraggio di rimetterle fuori. Le ospita Roger. Vi resteranno sino a quando i capelli saranno ricresciuti.
Immagino un prigioniero che ritorna con i capelli lunghi e trova la moglie con i capelli a spazzola.
Parigi ribolle, fermenta, prepara gli esplosivi. Lo slancio viene meno e lascia il posto ai piccoli rancori, ai garbugli, ai numerosissimi asti individuali.
Prima ondata. I nostri compagni, tanto liberi nell’oppressione, si trovano oppressi in libertà. La loro resistenza segreta diventa un regime sottomesso a leggi, bolli sui manifesti. Tra poco si metteranno di nuovo a lavorare segretamente contro un ordine che li paralizza. Verrà un’altra ondata e li sommergerà. Éluard - perfetto nella sua nobiltà, ma con una gioia infantile per il trionfo della sua causa - mi dice: «Hemingway ha mandato una macchina e lei è stato a fargli visita al Ritz. Non doveva andarci. Ha scritto contro la Spagna. Se i comunisti sapessero che è andato a trovarlo, se la prenderebbero con lei».[16] Non ho quindi tanto torto a temere un rimprovero di «collaborazione americana».
Dai miei conciliaboli con gli uni e con gli altri, risulta che l’unica posizione nobile è l’estremo riserbo, il silenzio, le vecchie e fedeli amicizie.

Da Picasso. È il re, e giustissimo. Dopo la tempesta, lo trovo nei suoi magnifici antri da leone. Sta finendo una testa di donna sul libro che gli scrittori della Resistenza offrono al generale De Gaulle. «Le cose non cambiano mai» mormora strizzando un occhio, «il nostro regno non è di questo mondo.» Parla sottovoce, perché la minima cosa detta viene ripresa, ripetuta, volta a nostro danno. «Dare un colpo di spugna» fra tutte le frasi è quella che viene perdonata più difficilmente. Ed è giusto. Troppi hanno sofferto, troppi hanno subito le torture tedesche.
La Milizia sparava dai tetti. Le F.F.I. sparano alle gambe. Ieri, trentuno agosto, Fargue mi telefona che è appena uscito un omaggio di fedeltà al regime, firmato dai sette membri rimasti francesi dell’Académie Mallarmé. I nostri nomi non ci sono.[17]
Mondor, Charpentier cedono. Dicono che non è colpa loro, e accusano il giornale di aver travisato il testo. Suppongo che, improvvisamente imbarazzati dall’enormità di questo gesto criminale che equivale, in negativo, a una denuncia, tentino di circondare questo verdetto di un ridicolo mistero. Il giorno dopo[18] hanno aggiunto il mio nome e quello di Fargue.

Ho preso una decisione. Ho detto a Jacques Fano, venuto a cena con me ieri, e ad Éluard, stamattina, che non farò mai neanche un passo, non farò neppure una telefonata e metterò tra le mani di Éluard e di Sartre il mio nome, che stanno cercando di disonorare.
Cosa mi viene rimproverato? Di essere amico di Arno Breker. Certo, conosco Breker da molto tempo. Ha continuamente messo a disposizione di Hitler il suo potere, a servizio della Francia. Ha salvato moltissimi prigionieri, perorato la nostra causa, ha impedito che ci trattassero come la Polonia. Non mi aspettavo niente da quell’articolo su Breker, perché ho sempre rifiutato che intervenisse per interrompere la campagna stampa che mi ha infangato. Giraudoux doveva il silenzio a Ribbentrop. Spesso mi consigliava di imporre il silenzio stampa mediante Breker. Breker si era offerto di farlo. Avevo rifiutato rispondendo che la fierezza me l’impediva e che mi rallegravo di essere in­fangato dalla stampa collaborazionista.
Per di più trovavo nobile parlare di un amico nemico come di un amico alleato. Attualmente l’articolo sovrasta tutto. Nessuno tiene conto degli insulti, della rovina dei Parents terribles e delle bombe lacrimogene in sala, della censura della Machine à écrire, del mio rifiuto di salutare la bandiera della L.V.F. e dell’aggressione che per poco non mi ha reso cieco. Conta solo Breker, l’articolo su Breker, l’amicizia con Breker, il solo atto che riuscirà a farmi impiccare.
Meraviglia di un’amicizia nata da un lungo odio. Éluard si accanisce a difendere la mia causa e, nonostante la lettera così dura dopo l’articolo su Breker, pensa che pochi dei nostri amici avrebbero avuto il coraggio di non togliersi il cappello in mezzo ai membri del P.P.F. Ecco a che punto siamo. La coerenza profonda di un individuo non lo discolpa, importa solo mettere dei fatti sulla bilancia.
Perché dovrebbe cambiare il destino di un poeta? Il mio regno non è di questo mondo e il mondo ce l’ha con me perché seguo male le regole. Soffrirò sempre per la stessa ingiustizia. Scateneranno sempre gli scandali, che detesto, accusandomi di desiderarli ed esserne l’istigatore. Di certo il mio angelo mi protegge facendomi commettere degli sbagli che mi salvano dall’azione diretta e dalla vertigine dell’attualità![19]
Ed eccoci al 31 agosto. Le piccole Gip[20] degli americani trasportano le donne, come le carrozze delle giostre. I nostri amici organizzano dei cocktail. Al Ritz liberato, gli ufficiali americani pranzano con donne da marciapiede. Una grande gioia che si doveva provare non riesce a superare, dentro di me, strati di imbarazzo e tristezza. Hanno guastato la gioia. I parigini credono che la guerra sia finita. Incomincia. Sarà feroce. Due notti fa, i tedeschi hanno bombardato Parigi con le bombe al fosforo e hanno incendiato la Halle aux vins.[21] Ce lo ha raccontato Picasso, più vicino di noi al disastro.[22] Bruciava tutto, alberi, pietre, acqua, in un incredibile silenzio. Tutta la città era illuminata da una luce d’alba, e il calore minerale, sconosciuto, del fosforo accompagnava questo grande bagliore immobile, piatto, color rosa tea.
Nel Palais-Royal c’era l’ombra degli alberi immobili e questo bagliore al suolo. E durava. Non cambiava intensità. Durava tutta la notte. Il disordine organizzato degli americani si oppone allo stile della disciplina tedesca, la sconvolge, la disorienta. I combattimenti terminano nello sbandamento, ma le perdite, ancora ieri, alle porte di Parigi sono state pesantissime.






[1] Ramon Fernandez (1894-1944), romanziere (Le Pari, 1932), saggista (Marcel Proust, 1943, e Balzac, 1944), membro influente della «N.R.F.» e delle edizioni Gallimard. Apparteneva al Co­mitato politico del P.P.F. doriotista e collaborava al «Cri du Peuple».
[2] Riproverà, con esito positivo, il 15 marzo 1945.
[3] Il 31 luglio, durante un volo di ricognizione tra la Corsica e le Alpi.
[4] Ferito e fatto prigioniero il 22 luglio, viene imprigionato a Tolosa.
[5] A proposito di Pierre Costantini (nato nel 1899), cfr. Pascale Ory, Les Collaborateurs, 1940-1945, Parigi, Ed. du Seuil, collana «Points», 1976, pp. 96-98. Fondò la Lega francese di epurazio­ne (nel 1941), un piccolo gruppo che si alleò con il P.P.F.
[6] Le F.F.I. sono le «Forces francaises de l’Intérieur». (N.d.T.)
[7] Ufficiale della divisione Leclerc, Jacques Delrue determinò l’arruolamento di Jean Marais nella seconda divisione blindata.
[8] Vicinissimi: abitavano in rue de Montpensier.
[9] Pseudonimo di Roger Woorms, nato nel 1919. R. Stéphane, che conosceva Jean Cocteau già da qualche anno, non ha ancora pubblicato nulla. Giornalista e produttore televisivo, realizzerà nel 1963 un eccellente Portrait-Souvenir dedicato a Cocteau.
[10] I genitori di Elina Labourdette (nata nel 1919; fu protagonista della Dames du Bois de Boulogne); abitava in rue Chanoinesse.
[11] La cicogna era una specie di aeroplano da ricognizione. (N.d.R.)
[12] II 26 agosto.
[13] Il 23 agosto.
[14] Romanziere (La Japonaise, 1931) e giornalista; Jean Cocteau l’aveva incontrato alla fine del suo giro del mondo (Mon premier voyage, p. 366). Scriveva sui giornali collaborazionisti tra cui «La France au travail».
[15] «Desmarets liberato questa sera» (nota di Jean Cocteau).
[16] Giunto a Parigi il 25 agosto, con l’avanguardia della 2a Divisione blindata, nonostante la proibizione del generale Leclerc fattagli a Rambouillet, Ernest Hemingway (1899-1961), corri­spondente di guerra, si stabilisce al Ritz e riprende contatto con i suoi amici. Sul «rapimento» di Cocteau, possiamo citare la testimonianza di R. Lannes: «Quando arriviamo da Cocteau, ve­diamo la polizia che irrompe e lo stesso Cocteau sequestrato dentro una macchina assai misterio­sa. Abbiamo un momento di grande emozione, ma, una volta tornato a casa, Marie-Laure de Noailles mi telefona dicendo che ha incontrato Jean che giocava al soldatino su un carro americano in compagnia dei divi del cinema» (frammento del 27 agosto 1944).
[17] In un foglio del diario, datato 31 agosto, Lannes designa quali responsabili di questa «manovra perfettamente ignobile, gli elementi più ridicoli dell’Académie Mallarmé: gli Charpentier e i Fontainas che hanno fatto firmare a Valéry e a Mondor un manifesto detto dei “cinque rimasti francesi”».
[18] Questa frase sembra un’aggiunta, messa di traverso sulla pagina di sinistra. Ne «Le Figaro» del 2 settembre, il comunicato dell’Académie Mallarmé porta infatti i nomi di Jean Cocteau e di L.-P. Fargue. Il testo è riportato nella biografia di J.-J. Khim, E. Sprigge e H.C. Béhar, p. 290.
[19] Nel manoscritto è stata cancellata una riga: «Mauriac nelle lettere, Salacrou nel teatro, mi perseguitano».
[20] Oltre a testimoniare uno sforzo immediato di assimilazione, questa grafia - meglio di Jeep - permette di conoscere la sigla originale «G.P.», iniziali di general purpose, cioè «macchina tuttofare».
[21] Nella notte tra il 26 e il 27, la Luftwaffe aveva bombardato Parigi. Oltre alla Halle aux vins, era stato duramente colpito l’ospedale Bichat.
[22] Nelle ultime settimane dell’Occupazione, Picasso, per prudenza, aveva lasciato l’atelier della rue des Grands-Augustins, per sistemarsi da Marie-Thérèse Walter, sua ex amante e madre di Maïa, che abitava in boulevard Henri IV.