Ivo Andrić
Prima edizione in
lingua originale: 1945
Arnoldo Mondadori
Editore 1960
Traduzione di Bruno
Meriggi
pp. 3-4
Per la maggior parte del suo corso il fiume Drina s’apre la
strada attraverso anguste gole tra scoscese montagne o attraverso profondi cañon dai fianchi
a picco. Soltanto in alcuni tratti le sue sponde si allargano in aperte pianure
per formare, su una o su entrambe le rive, distese solatie, in parte piane, in
parte ondulate, atte a essere lavorate e abitate. Un ampliamento di questo
genere si trova anche qui, presso Višegrad, nel punto in cui la Drina
scaturisce con un’improvvisa svolta dalla profonda e stretta gola formata dai
Massi di Butko e dai monti di Uzavnica. La curva della Drina è oltremodo
angusta e le montagne ai due lati sono talmente ripide e ravvicinate che
sembrano un massiccio compatto, dal quale il fiume scaturisce come da una cupa
muraglia. Ma qui le montagne si allargano improvvisamente in un anfiteatro
irregolare, il cui diametro, nel punto più ampio, non supera la quindicina di
chilometri in linea d’aria.
In questo luogo in cui la Drina sembra sgorgare con tutto il
peso della sua massa d’acqua, verde e schiumosa, da una catena ininterrotta di
nere e ripide alture, si scorge un grande ponte di pietra, d’armonica fattura,
con undici arcate ad ampio raggio. Questo ponte somiglia a una base dalla quale
si apre a ventaglio tutta una pianura ondulata, con la cittadina di Višegrad, i
suoi dintorni, e le borgate distese sulla fascia delle colline, una pianura
coperta di campi, di pascoli e di piantagioni di prugni, intersecata da siepi e
quasi spruzzata dai boschi cedui e di rade macchie d’abeti. In tal modo,
guardando dal fondo del panorama, sembra che dalle ampie arcate del candido
ponte scorra e si spanda non soltanto la verde Drina, ma anche tutta questa
estensione, solatia e coltivata, con tutto quello che vi si trova e il cielo
meridionale sopra. Sulla sponda destra del fiume, iniziando proprio all’altezza
del ponte, si trova la parte più grossa della città col mercato turco, in parte
sul piano, in parte sui pendii delle colline. All’altra estremità del ponte,
lungo la riva sinistra, si estende Maluhino Polje, un sobborgo sparpagliato
attorno alla strada che conduce a Sarajevo. E così il ponte, congiungendo le
due estremità della strada per Sarajevo, unisce la città al suo sobborgo.
Quando si dice “unisce”, è esattamente come dire che il sole
sorge al mattino affinché noi uomini possiamo vedere intorno a noi e svolgere
gli affari che ci stanno a cuore e tramonta sul far della sera per consentirci
di dormire e di riposare dalle fatiche del giorno. Questo grande ponte di
pietra, preziosa costruzione di singolare bellezza, quale non posseggono neppure
cittadine assai più ricche e frequentate (“Come questo in tutto l’impero ce ne
sono soltanto altri due”, si diceva ai tempi antichi), è infatti l’unico mezzo
di comunicazione stabile e sicuro in tutto il medio ed alto corso della Drina e
costituisce un anello indispensabile sulla strada che congiunge la Bosnia con
la Serbia e, oltre la Serbia, più in là, con le rimanenti contrade dell’impero
turco, fino a Istanbul. E la cittadina col suo sobborgo altro non è se non uno
di quei centri abitati che debbono incessantemente svilupparsi sugli importanti
nodi di comunicazione e su entrambi i lati dei grandi ponti.
E così anche qui, con l’andar del tempo, le case si sono
raccolte a sciame e si sono moltiplicati gli edifici alle due estremità del
ponte. La cittadina ha tratto vita da esso e da esso è cresciuta come dalla sua
indistruttibile radice.
LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
Il ponte sulla Drina
Višegrad, 4 agosto 1980
Višegrad, 4 agosto 1980