giovedì 6 ottobre 2016

San Pietro al monte e San Benedetto

Tre dicembre 1974. Daniella ed io siamo di fronte all’agognata meta: il complesso monastico di San Pietro al monte e il vicino sacello di San Benedetto, da noi mai visitato prima d’ora.
Neanche il tempo di togliersi lo zaino ed ecco che arrivano altri tre visitatori. Ne sono felice: a quel tempo cinque mila lire - il grimaldello che apriva queste porte - era una bella cifra e poterla condividere era manna colata dal cielo. Sì, perché in quegli anni il complesso era chiuso e in stato di semi sfacelo. Per entrarvi si doveva telefonare al custode - tale Canali, un contadino residente ai piedi del monte -, fissare l’appuntamento, pagare e salire accompagnati.
Avanzo la proposta ad uno di loro e ascolto risposte evasive …e qui un dubbio mi assale: questi di certo non sono saliti per caso, bensì sono stati avvisati che oggi le porte erano aperte… Accantono la richiesta e saliamo la semidistrutta scalinata d’accesso a San Pietro. Dentro, io e Daniella dedichiamo il giusto tempo per ammirare gli affreschi - poi staccati - e la cripta. Nel frattempo i nostri tre compari di merenda, aperti i treppiedi e montate le reflex, scattano fotografie.

Ai piedi della scalinata vi è San Benedetto, col suo portale recante l’ormai volutamente ignorato simbolo dello scisma tricapitolino e il suo altare affrescato - che Fabio Scirea così racconta a pag. 77 del suo libro Pittura ornamentale del medioevo lombardo edito nel 2012 da Jaca Book.

Civate, San Benedetto, già San Giovanni Battista del Sepolcro. Il triconco posto ai piedi di San Piero al monte potrebbe costituire una copia del martyrium paleocristiano di San Giovanni Battista a Gerusalemme, con funzioni di pellegrinaggio (per la probabile presenza di reliquie di san Giovanni) e di cappella cimiteriale dei laici benefattori. Ciò si accorda con l’ipotesi di due percorsi liturgici incrociati: l’uno dei monaci, provenienti dal portale sud di San Pietro e diretti attraverso il portale sud dello scomparso banco dell’emiciclo nord; l’altro dei laici, provenienti dal portale nord di San Pietro e diretti attraverso il portale ovest all’altare. Insolitamente alto per celebrare (cm 113, per 93 di larghezza), l’altare poteva più che altro fungere da reliquiario e da sepulchrum pasquale, oggetto della depositio della croce il Venerdì santo, dell’elevatio la notte di Pasqua e della visitatio il mattino seguente. In bune condizioni è il decoro dipinto dell’altare: sul fianco sud una Cornice a bande rosso/gialle con filo di perle inquadra san Benedetto su Drappo bianco con bordure di croci gradonate; il sant’Andrea del fianco nord differisce per l’omogeneo fondo bianco; la deesis del fronte ovest si fregia del fondo blu e di una Cornice a losanghe quadrifogliate alternate a croci. Datazione plausibile è l’inizio del secolo XII, in parallelo al decoro di S. Pietro.

Ovviamente, negli anni Settanta tutti questi studi erano ancora nel limbo degli dei e noi ci si arrangiava leggendo col poco che si trovava in libreria. Poi gli anni sono passati, tante esperienze sono state vissute e …di San Pietro al monte e di San Benedetto - ma non solo - oggi ho idee mie, che sempre rifiutano ogni ipotesi storicistica formulata su basi dubitative: potrebbe, forse, si dice, si ipotizza. Con questi termini non si scrive la Storia, ma le storielle.
Aggiungo: il nome San Pietro al monte mi riporta ad un’altra chiesa da me cercata sui monti a sud di Ponferrada (Léon, Spagna): il suo nome è San Pedro de Montes, già sede di un monastero benedettino fervente nei secoli X e XI. Oggi il minuscolo omonimo villaggio è abitato da poche persone (erano 5 una decina d’anni fa), la chiesa e il monastero soffocati dalla vegetazione. Per chi vuole saperne di più rinvio al libro di Benjamín Martínez Fuertes: Montes y Peñalba. Ensayo histórico-artístico, Peñalba Impresíon, 2004.

Ritorno al 1974. Finita la visita, sul campo siamo in tre: io, Daniella e il custode. Gli altri compari sono scesi a valle senza neppure un saluto, un grazie. Me ne faccio una ragione: metto mano al portafogli e un verdone cambia tasca.
Poi …la vita è fantastica. Esattamente (o quasi) due anni dopo - il 4 dicembre 1976 - sono nell’ufficio dell’editore Paolo Cattaneo di Oggiono. Alcuni mesi prima (luglio) i fratelli Tamari Editori in Bologna avevano messo in vendita il mio primo libro - Escursioni nelle Grigne - che riscuoteva un discreto successo. A Cattaneo volevo proporre un libro su arte storia e cultura in Valsassina, un genere di pubblicazione che in quegli anni andava di moda. Parlando del più e del meno, Cattaneo mette sul tavolo un volume fresco di stampa dal titolo Brianza immagini arricchito nel colophon da tre sottotitoli: documento fotografico di vita brianzola - immagini recuperate dal mondo intatto della memoria - impressioni e appunti su paesaggio, arte, umanità, artigianato, tradizioni. A seguire i nomi dei quattro autori di testi e fotografie e del presentatore.
Lo apro, guardo alcune fotografie finché il puro caso mi porta alle pagine 238 e 239 dove …chi ti vedo? Ma il profilo dell’uomo nella foto in alto a destra è il mio, ripreso a mia insaputa davanti a San Benedetto quel fatidico 3 dicembre 1974. E così da allora conosco il nome e il cognome di chi aveva fatto orecchie da mercante di fronte alla richiesta di condividere la spesa. Signori si nasce.


Da quella prima volta sono passati quasi 42 anni, ma non ho mai smesso di salire a San Pietro, vuoi per la bellezza del luogo, vuoi per la facile salita - purché si eviti la scivolosissima scalinata: sentieri alternativi non mancano, basta informarsi. Ieri, 5 ottobre, ero ancora sul posto: il cielo azzurro, il sole caldo, le strutture chiesistiche aperte - e questo grazie ad un gruppo di bravi volontari. Per me è stata la nuova occasione per varcare per la …centesima volta le porte di San Pietro e di San Benedetto e scattare nuove immagini, che allego qui sotto, precedute da un raro documento, una vera chicca bibliografica: la lettera in cui il padre Giuseppe Allegranza racconta della sua ascensione a San Pietro al monte …256 anni fa.

Per la storia dell’abbazia di civate
Appendice
Descrizione di una chiesa antica
Sul monte di civate e del sepolcro
Del b. Alberto in pontida
(Del P. Giuseppe Allegranza: dal ms. nella Braidense, segn. AF. IX, 76)

Al Sig. Don Giuseppe Pecis in Milano.
Galbiate, 2 luglio 1760.


Ho fatto ieri mattina per antiquaria curiosità un viaggio, che potrà, se non altro, servire a lei di ricordare la mia servitù a cotesto gentilissimo Mons. Borromeo, e dirgli alcuna cosa della sua Chiesa Abbaziale di Clavato detto Clivate, ed ora comunemente Civate. Giunto dopo due miglia, ora discendendo, ora ascendendo, alla terra di questo nome, due altre miglia seguentemente a piedi ho fatto salendo sempre per l’erto Monte, chiamato anticamente Pedale, sino colà dove in un piano declive trovai la Chiesa dedicata a SS. Pietro e Paolo, detta comunemente S. Pietro, la quale è oblunga e finisce in semicircolo ossia coll’Abside. In questa, ch’era il Presbiterio, evvi l’altare, il quale ha d’intorno in quadratura quattro rozze colonne, simile appunto a quello che conservasi in cotesta basilica di S. Ambrogio. Nei quattro capitelli delle Colonne veggonsi a rilievo i simboli degli Evangelisti, e in mezzo al campo delle quattro pietre, agli architravi imposte, vi è a Ponente il Salvatore col nimbo gemmato, che seduto sopra uno sgabello con cuscino, ed avendo sulle spalle rivolto a sinistra il pallio, porge colla destra un libro a S. Paolo, e colla manca due chiavi a S. Pietro, i quali amendue col nimbo, ma non gemmato, piegano con riverenza il capo ed il ginocchio, l’uno il sinistro e l’altro il destro in atto di ricevere le dette cose divotamente. A Levante è scolpito Cristo in Croce con i quattro chiodi, e col soppedaneo. Nel suo nimbo a destra si vede un L, sopra il capo V, a sinistra X, cioè Lux, e nel cartello superiore IHS NAZAR dintorno alla sua testa il sole e la luna a corruccio, e sotto a destra Maria Vergine che sta, e S. Giovanni a sinistra che piange, e nell’apice del sasso triangolare la Colomba, o altro animale cui manca la testa ed il collo. In questo lato dell’Altare detto Tribuna, che guarda il popolo e la Porta, l’altare mostra la sua schiena, avendo un armadio con due grate di ferro chiuse, dentro il quale serbansi due chiavi che si dicon quelle della prigione di S. Pietro, ed hanno molta venerazione, usandosi in ispecie a benedire coloro che morsicati dai cani fiducialmente vi concorrono. A Mezzogiorno stanno due Angioli in atto di sostenere uno scudo, in cui siede, come sopra, il Salvatore tenente colla sinistra un volume sulle ginocchia, ed in atto colla destra di benedire colle tre prime dita. A Tramontana ci ha l’angiolo al sepolcro che annuncia alle donne esser Cristo risorto, la prima delle quali tiene nella destra il vaso degli unguenti. Dormono presso l’oblungo aperto Cenotafio due soldati con lo scudo al petto e coll’usbergo in testa allacciato sotto il mento, ed il laccio è fatto a guisa di maglia. Dentro il sepolcro appare la Sindone ossia lenzuolo che involgeva il corpo di Cristo.
Da questa parte sta una porticella, donde si va fuori in giro dietro il Presbiterio a quattro o cinque stanze disabitate, e quindi alla Torre delle Campane, due anni sono dirocata. Presso questa Portina si discende dentro la Chiesa per una scaletta alla Confessione, di tre archi per ogni diametro formata, e sostenuta in mezzo da quattro colonne simili a quelle della Tribuna. Sopra l’altare vi è a basso rilevo Cristo in Croce, S. Giovanni, e M. V., come sopra e sotto stanno due figurine secolari mezzo nude e guaste: superiormente quasi in altra tavola, è scolpita a destra una porta, e su d’essa Gerosolima, e sotto sei Apostoli piangenti; a sinistra tre Angioli col Salvadore, il quale sta in atto di benedire col secondo e terzo diti spiegati, la SS. Vergine moribonda, o morta, giacente in una cuna o picciola lettiera, l’anima di lei in figura umana portano involta coi panni due Angioli al Cielo. Nell’Emiciclo a destra avvi la Presentazione, e nel sinistro una finestra con sopra alcuni versi, de’ quali se ne ha per tutto ove sia scoltura o pittura, in molti luoghi e qui e sopra imbiancata.
Corrisponde a quest’inferiore la fabbrica superiore. Vi sono tre archi per il mezzo dei quali si esce, come diremo, di Chiesa. Sopra di essi è dipinta in un grande semicircolo la profetica visione di S. Giovanni nell’Apocalisse capo 12, cioè la donna che ha partorito il Serpente settiforme, cui vorrebbe il Figlio divorare, S. Michele e gli Angioli seguaci suoi tutti nimbati, i quali colle aste il combattono, e in cima all’arco l’Agnello di rilievo col suo nimbo. Infinite sono le cose che il basso popolo ha dette, e dice del Re Desiderio e di suo Figlio, ignorantemente fondate sopra questa pittura.[1] Sotto le piccole volte di questi archi molte cose si osservano da altra posterior mano dipinte. E cominciando dalle laterali, stanno alla destra uscendo quattro Angioli suonanti la tromba e sotto ad uno Ecclesie varios conflictus atque labores; sotto a un altro Hostes antiquos sceleris cunctique ministros, sotto a un altro Moderamina regis, sotto al quarto Spiritus ecce… A sinistra i quattro simboli degli Evangelisti, e sotto a ciascuno Marcus Evg, e così gli altri. Nella volta di mezzo quattro giovani, ognuno de’ quali versa una fiala d’acqua, e sotto i quattro noti fiumi Tigris, Eufrates, etc. In mezzo di questa volta il monogramma di Cristo secondo il costume della Chiesa Milanese, che altrove spiegai, cioè con otto raggi, l’Alfa e l’Omega. Nella volta seguente, che rappresenta un Monte, siede in mezzo al Salvadore col nimbo gemmato, ed ha un bastone o canna nella destra e libro aperto nella sinistra, in cui si legge: Qui sitit veniat, sopra i piedi un Agnello; sotto acqua che scorre intorno due piante; in giro quadrato dodici porte con i noti nomi delle loro pietre, e in ogni porta una testa con sotto due lettere appuntate, e nei quattro angoli una come torre, fortitudo, prudentia, etc. Tutte le quali cose Ella sa essere state tolte dal Cap. 21 e 22 dell’Apocalisse di S. Giovanni. Qui s’esce di Chiesa, e sopra la porta mirasi di nuovo il Salvadore dipinto in atto di consegnar le chiavi a S. Pietro e il libro a S. Paolo, e fralle altre cose vi si leggono sotto due versi dai quali appare essere questa Chiesa all’uno e all’altro dedicata.
Dalla porta rettamente si scende per XXXVI gradi all’Oratorio ossia Chiesa di S. Benedetto, la quale forma un quadrato avente in tre lati un emiciclo. Ha due porte, l’una a mezzogiorno, l’altra a ponente ch’è di fronte alla detta scalinata, ed in faccia a questa porta un Altare, dipinto sotto la mensa coll’imagine del Salvadore in mezzo, di S. Benedetto in fianco etc. Questa Chiesa (ch’era serrata a chiave, nè veder dentro la potei che da una finestra) è stata, come l’altra, tutta imbiancata. Ma le sue ora dette pitture, ed i caratteri ad esse intorno sono simili a tutto ciò ch’osservai in S. Pietro cui eravi da questa chiesa un accesso sotto la mentovata scala (come appare dalla fabbrica esteriore, che in parte vi rimane d’intorno) al piano della detta Confessione e quindi alle sopra riferite stanze. Perocchè io argomento, I. che pochissimi monaci da antico vi risedessero, essendo il monte da quella parte di Tramontana scosceso, e non apparendo altrove intorno alcun vestigio di fabbriche; e questi monaci soggetti fossero all’Abbate di S. Calocero in Clivate. II. che pel detto sotterraneo passassero ad uffiziare nella Confessione. III. che tutte le pitture e bassi rilevi da me fin’ora descritti siano stati fatti in un sol tempo, nè siano anteriori al IX secolo, solo eziandio a ciò provare bastando la detta Assunzione di M. V. in Cielo. IV. che i Monaci ristorassero (se più antica) la fabbrica di S. Pietro, come si potrebbe ricavare da alcuni pezzi di marmo pulito e bianco, sparsi qua e colà nel pavimento della Chiesa, e dalla Iscrizione già dentro essa sul muro dipinta, in cui leggevasi, come n’è ivi registrata, averla fabbricata il Re Desiderio alli 10 Maggio l’anno 706, (che vorrà dire 756 anno primo del suo regno) la qual cosa però sembrami da se sola molto insussistente.
Al certo è per alcune Memorie tratte dall’Archivio del suo Monastero in Civate dal P. Procuratore di Lemene Monaco Olivetano, e da lui stesso gentilmente comunicatemi, che l’ultimo Abbate Benedettino di S. Pietro fu un certo P. del Maino, cui sottentrò il Cardinale Ascanio Sforza primo Commendatario, indi il Cardinale Antonio Trivulzio, e poi suo nipote Filippo. A questi succedette l’Eminentissimo Nicolò Sfondrati vescovo di Cremona, che fatto papa nel 1590, sotto nome di Gregorio XIV, ne trasferì la Commenda in Camillo suo nipote Cardinale di S. Cecilia; dopo il quale ebbela il Cardinale Scipione Borghese, quindi Monsig. Pirovano, che la fece passare all’Abbate Francesco suo Nipote, e finalmente il Cardinale Flavio Ghigi, il Cardinale Odescalchi, il Cardinale Milini, il Cardinale Archinti, e codesto Mons. Borromeo. Li PP. Olivetani, che nell’ultimo anno di Pio IV ottennero il Monastero di Civate e in conseguenza la superior Chiesa detta di S. Pietro in Monte, rilasciarono alla Commenda nel 1594 alcuni beni di essa Chiesa, cessando così dalla Officiatura e riparazioni della medesima, come da istromento rogato li 27 Agosto. Gio. Battista Tessera e il Cardinale allora commendatario Camillo Sfondrati vi mandò alcuni frati detti Romiti aventi una veste scura, ai quali dopo quattro anni vennero sostituiti quattro Preti secolari. Ma dopo alcun tempo pregati i PP. Olivetani a riassumerne il peso, questi sotto varie condizioni lo ripresero con Istromento 1 luglio 1633 rogato Cristoforo Daverio, e continuane anche in oggi a salirvi da Civate per celebrare in quel luogo la S. Messa.
Mi dimenticavo di dire che i capitelli e bassi rilevi della Confessione sono tutti di certo stucco fatti, e si assomigliano così nelle foglie come negli altri ornamenti ai bassi e rozzi lavori della Tribuna superiore, i quali però in essa sono, da i capitelli, anzi da i simboli Evangelici in su, di pietra tenera. Le colonna poi e i capitelli ho scoperto essere rozze pietre sì di sopra nella Chiese, come abbasso nella Confessione, di stucco vestite. Di stucco pure sono certe figure grottesche di animali, vasi e rami esistenti nel parapetto in Chiesa della scala che va alla ridetta Confessione, e così di stucco un altro Grifone a destra ed un Leone a sinistra colla coda di Serpente avente un Capro che a metà gli sorge dalla schiena, i quali due mostri sotto l’arco di mezzo guardano l’ingresso della Porta. Fra la della scaletta, e l’arco laterale, a destra entrando, vi è dipinta sul muro l’immagine di S. Pietro sedente in abito Pontificale colle chiavi in mano, e col triregno in testa. Ma questa pittura che non può esser prima del 1362, è certamente alle altre posteriore. Ho osservato pure che il nimbo, fra quanti ne hanno ed Angioli e Santi, nissuno è gemmato fuorché quello del Salvadore.
Delle Reliquie e Indulgenze della Chiesa di S. Pietro io non farò parola, non avendo di ciò fatta alcuna ricerca, che può farsi quando si voglia senza andare colà tant’alto. Ho ben inteso che alcune, trovate ultimamente nella Torre caduta, furon poi nella nuova riposte. Ma io non voglio accrescere il tedio a lei e la fatica a me con dilungarmi in quelle considerazioni, che sopra molte cose qui notate, mi riservo a seco conferire nella settimana ventura. Sono etc.




[1] «Non negherò assolutamente che il Re Desiderio abbia eretta e dotata la Chiesa di S. Pietro. Forse l’avrà fatto, ma non appaiono finora monumenti per crederlo. Potrebbe chiunque altro avere ciò seguito; come appunto in questa Diocesi ad onore di S. Zenone lo eseguirono alle sponde del Lago di Lugano, anche prima di Desiderio i Maggiori di Magnerada sulla terra di Campiglione. Si vedano le due carte Longobarde, che vi appartengono, presso il Marchese Maffei nella I. Parte della sua Verona Illustrata, che anche il Biancolini ricopiandole nelle Chiese di Verona Lib. II. pag. 473-74, s’immaginò convenire alla Chiesa de’ SS. Stefano e Zenone di Malsesine sul Lago di Garda, il che poi ha corretto nel Lib. 4 pag. 803» (Nota del P. Allegranza).

LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI

La salita










San Pietro al monte














































La cripta o Confessione



















San Benedetto





















La discesa




















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