venerdì 24 dicembre 2021

13, quai aux Fleurs, Parigi (Max Jacob, Picasso - Abelardo, Eloisa)


Ottobre 2007. Giornata serena e freddina, ma è mattino presto quindi ci sta. Sono sull’Île de la Cité, lato riva destra, di fronte al numero 13 del quai aux Fleurs. Palazzi borghesi, che nulla hanno a che fare con quanto mi ha spinto fin qui: rivedere, seppur con la fantasia, la soffitta dove (anno domini 1901) Max Jacob ha ricevuto Pablo Picasso e la banda di catalani, una visita seguita a quella del giorno precedente, quando era stato Jacob a far visita a Picasso. Un incontro tra persone che ancora non comprendono l’altrui lingua, quindi fatto di lunghi silenzi, ma dove Pablo riesce nell’intento di far recitare delle poesie a Jacob. Il suono dei versi incanta il pittore spagnolo.
Pablo osserva con interesse le tre stampe appese al muro: sono disegni di Daumier, Gavarni e Dürer. Sebbene sia tutto ciò che possiede, Max non esita a staccarle e farne dono al suo nuovo amico.
Sulla porta, al momento del commiato il giovane poeta saluta i catalani coi versi di una cantilena, Pour les enfants et les raffinés:

Je te donne pour ta fête
Un chapeau noisette
Un petit sac en satin
Pour le tenir à la main
Un parasol en soie blanche
Avec des glands sur le manche
Un habit doré sur tranche
Des souliers couleur orange
Ne les mets que le dimanche
Un collier, des bijoux
Tiou !

Quella fu la mia prima lezione di lingua francese, dirà Picasso.


Da qualche parte ho letto (e trascritto) questa frase: Fra la rue Chanoinesse, la rue des Chantres e la Senna si trovava la casa del canonico Fulbert, zio di Eloisa, che ha amato Abelardo sfidando le proibizioni della chiesa. Il loro è stato un legame simbolo dell’amore divino e dell’amore profano. Sulla porta della casa ottocentesca al numero 9 di quai aux Fleurs ci sono due medaglioni raffiguranti i celebri amanti.
Qui i volti dei due innamorati hanno una leggera inclinazione l’uno verso l’altro, ma non sufficiente per potersi guardare. In mezzo una lapide ricorda il loro amore. Un insieme simbolico, perché la Parigi del XII secolo non è di certo la Parigi che vediamo oggi. Diciamo che la casa del canonico Fulbert era più o meno da queste parti. Quel che conta è il pensiero.
La storia dei due innamorati è nota e stranota …e chi si vuole rinfrescare la memoria su internet trova di tutto e di più. Da parte mia aggiungo solo un paio di annotazioni:
- Al tempo, in Francia ai sacerdoti era permesso il matrimonio, salvo mettere la parola fine alla carriera ecclesiastica. Il problema nacque quando Pietro Abelardo sposò Eloisa - ebbero anche un figlio, Astrolabio - ma per continuare ad insegnare pretese che l'unione rimanesse segreta. Ma Fulbert rese pubblica la notizia...
- Alto sopra uno dei pilastri che sorreggono la volta della Conciergerie, chi cerca trova un capitello “strano”, dove si vede un uomo e una giovane donna in posizione spalla a spalla. Particolare curioso, la donna stringe nella mano sinistra un pene coi suoi due esibiti testicoli. Questo è il capitello dedicato ad Abelardo ed Eloisa, posto nell’allora buio salone della Conciergerie, luogo di raccolta dei predestinati alla ghigliottina, una lama che tagliava solo le teste, non altro.