feuilleton in tre puntate, #3
«Nella
solitudine di un’insenatura, a ridosso del monte boscoso al limite est del
territorio di Torno, la Villa Pliniana si profila nella sua misteriosa bellezza
sul fianco roccioso del torrente omonimo che precipita dall’alto di una rupe
con una cascata di circa 90 metri.»
[Da Nesso a Blevio, un lavoro di Pietro
Müller
edito a
Como da Pietro Cairoli, anno 1968,
pagina 97].
Con atto notarile datato 25 novembre
1573 il governatore di Como, conte Giovanni Anguissola, acquista da Gerolamo
Gallo l’intera area da questi posseduta a Torno, dando poi incarico all’Alessi
(o al Pellegrini?) di abbattere la casa e i due mulini del Gallo e al loro
posto erigere una residenza estiva a picco sul lago. Continua Müller: «Alla morte del Governatore (1578),
dall’erede Conte Giulio la villa passò al Conte Pirro Borromeo Visconti (1590),
poi ai Marchesi Canarisi di Torno (1676?) e, di proprietario in proprietario,
ai Principi Belgioioso (1849)».
Vorrei crederle, caro Müller, ma non è proprio così. La Villa Pliniana era in possesso dei
Belgiojoso ben prima del 1849, come imparo da alcune lettere scritte da Emilio
e rese note da Léon Séché sotto il titolo Alfred
de Musset (Documents inédits),
Paris 1907, di cui ho una copia in casa. Da questa raccolta apprendo che il principe,
lasciate le delizie austriache (“J’ai ici
tous les amusements possibles, école de natation, bon vin et bon dîner, et une
énorme quantité de femmes”), trascorre gli anni 1840 e 1841 a Milano, occupato
a ricostruire la Pliniana per renderla una confortevole casa di campagna dove
passare “quelques mois comme nous les
aimons, aprés les fatigues du Grrrrrrand Mond”. E lui è uno che delle fatiche del grrrrrran mondo - bere,
mangiare, cantare, ballare e far sesso - proprio non riesce a farne a
meno.
Aggiungo: le acque che precipitano a lato della Villa Pliniana sono quelle del torrente di Val Colorée, mentre la Fonte Pliniana - tutt'altra cosa - sgorga da un anfratto inserito nella proprietà, con un suo sbocco autonomo nel Lario ai piedi delle mura della Villa.
Aggiungo: le acque che precipitano a lato della Villa Pliniana sono quelle del torrente di Val Colorée, mentre la Fonte Pliniana - tutt'altra cosa - sgorga da un anfratto inserito nella proprietà, con un suo sbocco autonomo nel Lario ai piedi delle mura della Villa.
* * * * *
Nel 1842 - mentre la sua sposa, la
principessa Cristina, si trova a Locate, nella bassa Lombardia, qui accorsa per
dare aiuto morale ai suoi contadini - il bell'Emilio riappare nei salotti di Parigi, ridando
gioia alle tante signore rimaste orfane della sua voce …ma non solo. Fin da
subito s’intuisce che le sue attenzioni sono tutte rivolte alla giovane dama
bionda sposata all’iracondo conte di Plaisance. Il colpo di grazia arriva nel
mese di giugno, quando Cristina rientra a Parigi, seppur con casa a
Port-Marly, al 10 di rue de Paris. Malata di nervi, scossa dalla gelosia per
l’amore pubblicamente esibito dal marito, la principessa non perde occasione
per arrecare disturbo al ménage degli
amanti.
La liaison
tra i due corre di bocca in bocca e trovar loro un posto segreto dove
incontrarsi diventa sempre più difficile. Sono questi i frangenti che fanno
scaturire la proposta (in)decente: perché non fuggire e trovare riparo tra le
mura della restaurata Pliniana? Immagino lui, il quarantenne uomo di mondo,
intrigare la giovane amante (25 anni) raccontandole di come quelle mura abbiano
ospitato poeti (l’innamorato Foscolo s’ispirò per il poemetto Le Grazie), musicisti (alla Pliniana in
tre giorni Rossini aveva composto il Tancredi),
scienziati (uno su tutti: Niccolò Stenone, elevato al rango di beato da Giovanni Paolo II), re e imperatori. Inoltre, a Milano lui ha tanti amici desiderosi di
fare la sua conoscenza...
Quel che accade è subito detto: il 27
aprile 1843, al termine di una festosa serata tra amici, il principe Emilio di Belgiojoso
e la contessa Anne de Plaisance, figlia di Berthier, principe di Wagram, in
carrozza raggiungono i sobborghi di Parigi, dove amici fidati fanno trovare due
cavalli sellati. La loro fuga ha inizio. Il giorno dopo, scoperta l’assenza
della moglie, il conte di Plaisance manda a chiedere ai Wagram se per caso sua moglie si
trovi a Grosbois, ospite del fratello. Ottenuta risposta negativa (e arrivata
ai suoi orecchi la bisbigliata verità) sia lui che la madre di Anne cercano in
tutti i modi di far arrestare i fuggiaschi, sapendo che dovranno passare i
confini di Stato. Ma i due riescono a infilarsi tra le larghe maglie della
polizia e calpestare il suolo italiano, dove, finalmente liberi, ben presto
possono riposarsi dalle fatiche della lunga corsa entro le mura della Pliniana.
Gongolante di gioia per quanto accaduto è Alfred de Musset, l’ultimo degli spasimanti malamente respinto da Cristina, che in data 22 maggio 1843 annuncia la fuitina in una lettera che si legge a pag. 167 della già citata raccolta: «Je ne sais pas si vous savez, vous autres, à Catane, que le Principe *** a enlevé la comtesse de ***. Il y avait deux ans qu’ils étaient ensemble au su de tout Paris. La comtesse s’est disputée, à ce qu’il paraît, avec son mari; elle est arrivée chez le prince (qui devait chanter le soir dans un concert) ornée de son mouchoir pour tout bagage, et elle lui a dit: «Allons-nous-en!» Ils sont en route. Le vent est aux enlèvements à Paris, dans ce moment-ci, ou pour mieux dire, aux séparation. Je viens de voir de mes yeux la même plaisanterie, qui est beaucoup moins gaie qu’on ne pense. Je t’expliquerai cela un jour; mais si tu m’en crois, n’enlève jamais personne, à moins que ce ne soit la reine d’Espagne.» Inutile dire che dietro gli asterischi si celano i nomi dei due fuggiaschi.
Gongolante di gioia per quanto accaduto è Alfred de Musset, l’ultimo degli spasimanti malamente respinto da Cristina, che in data 22 maggio 1843 annuncia la fuitina in una lettera che si legge a pag. 167 della già citata raccolta: «Je ne sais pas si vous savez, vous autres, à Catane, que le Principe *** a enlevé la comtesse de ***. Il y avait deux ans qu’ils étaient ensemble au su de tout Paris. La comtesse s’est disputée, à ce qu’il paraît, avec son mari; elle est arrivée chez le prince (qui devait chanter le soir dans un concert) ornée de son mouchoir pour tout bagage, et elle lui a dit: «Allons-nous-en!» Ils sont en route. Le vent est aux enlèvements à Paris, dans ce moment-ci, ou pour mieux dire, aux séparation. Je viens de voir de mes yeux la même plaisanterie, qui est beaucoup moins gaie qu’on ne pense. Je t’expliquerai cela un jour; mais si tu m’en crois, n’enlève jamais personne, à moins que ce ne soit la reine d’Espagne.» Inutile dire che dietro gli asterischi si celano i nomi dei due fuggiaschi.
Il 14 maggio 1843, il periodico la Caricature informa i parigini di questa
incredibile storia, raccontando in prima pagina e in prima colonna - sotto il
titolo Un principe e una principessa
- del “rapimento” della nobildonna francese da parte di un nobile straniero.
Nei giorni a seguire tutti gli altri periodici parigini danno grande risalto a
questo “lutto” che ha colpito le grandi casate dei Plaisance e dei Wagram.
E gli amanti? Lontani dallo spettegolare
dei giornali e dalle ipocrisie dei salotti si godono i loro corpi. Nel tempo
rimasto libero praticano il nuoto e l’equitazione, mentre la sera viene dedicata
a banchettare con gli amici - e tra questi vi sono i Sommariva (proprietari
di Villa Carlotta), i Melzi (con villa a Bellagio), il marchese Arconati (anche
lui con una villa sul lago), il conte Arrivabene, ma anche - orrore! - la
principessa di Metternich, moglie dell’antico odiato nemico e ora, dopo gli anni
d’ozio a Vienna, divenuto intimo di Emilio. In queste occasioni Anne si mette
al piano e accompagna Emilio nel canto. Nei mesi estivi, irrinunciabile per
Emilio e Anne è l’abitudine di avvolgersi nudi in un lenzuolo e gettarsi insieme
dalla loggia nelle acque del Lario, gesto che ha dato origine alla leggenda del
“fantasma del lago" che puntualmente appare a mezzanotte.
Il tempo scorre. Lontano da Torno - a
Parigi, a Berlino - scoppiano moti di ribellione. Da parte sua Milano contribuisce
al momento storico dando vita alle “cinque giornate”, con Radetzky costretto fuori
dalla Lombardia. Esponenti della Giovine
Italia, memori dell’antico ardore patriottico di Emilio e Cristina arrivano
fiduciosi alla Pliniana, salvo poi ripartirne adirati per il tradimento del principe: Emilio, isolatosi da quel mondo che un tempo fu suo, vive gli accadimenti esterni
con apatico distacco. Ora lui, precocemente incanutito, non desidera far altro
che vivere pigramente in compagnia di Anne. Agli occhi degli ospiti la
situazione è chiara: il focoso amante di un tempo si è mutato in un indolente marito.
E lei, Anne, è ancora appagata da questo stile di vita? ci si chiede.
*
* * * *
La Pliniana, per la sua posizione poco
baciata dal sole, è fredda e umida per gran parte dell’anno. Al contrario,
sull’opposta sponda del Lario, a Carate vi è un villino chiamato Il Ripiego:
la sua posizione è amena e il sole vi è di casa. In gran segreto, nel 1852 Anne
prende la decisione: dapprima stipula
un contratto d’affitto e poi, in un caldo pomeriggio di giugno, mentre l’amico
si riposa dormendo, carica pochi bagagli su di una barca e si fa trasportare sull’altra
sponda del lago per installarsi tra le calde mura del Ripiego. Così, come
oggi si farebbe con un sms, lei
chiude per sempre la sua storia d’amore con Emilio, senza una parola.
L’abbandonato - ignaro (?) che l’amica
ha trovato rifugio nella casa che lui vede al di là del lago, proprio di fronte
alla Pliniana - dà sfogo alla sua rabbia inviando lettere su lettere all’amico parigino
Alton Shée, in gran parte pubblicate nella sopra citata raccolta. Sono lettere
cariche di smarrimento e di dolore per l’affronto subito, dove l’uomo ammette d’essere
divenuto pigro, nemico del mondo, incapace di fare e ricevere visite e di trovare
conforto solo con la lettura, il disegno, il cibo, i sigari, il sonno e,
qualche rara volta, la musica.
Da Carate la notizia dell’abbandono del
principe da parte di Anne raggiunge in fretta i salotti di Milano e di Parigi,
dove i più sentenziano che per Emilio è arrivata l’ora di raccogliere quel che ha
seminato. Il principe di Wagram, fratello di Anne, in cuor suo se ne rallegra:
passata la bufera, l’amata sorella sarebbe certamente tornata a Grosbois,
riaccolta in seno alla famiglia. Il conte Jules de Plaisance continua a
dichiarare che per lui Anne è morta dal giorno della sua fuga da Parigi; oltre
agli impegni politici - è deputato della Manica - e i suoi poderi da gestire,
ha una figlia di 17 anni, Jeanne Lebrun de Plaisance, la figlia avuta da Anne, in
procinto di sposarsi col trentaseienne Armand de Maillè de la Tour Landry,
fratello del terzo duca di Maillé, consigliere generale e deputato del
dipartimento di Maine-et-Loir.
Da par suo, Cristina di Belgiojoso -
votatasi ad un cattolicesimo intransigente e rigoroso - è in procinto di
partire per un lungo viaggio che la porterà in Grecia,
Turchia, Siria e Palestina. Al suo rientro a Parigi trova un alloggio al n. 36
del Boulevard de Courcelles, dove, in un villino separato, ospita e fa curare
lo storico Augustin Thierry, ormai cieco. Lanciata nel campo letterario,
accanto ai libri filosofici la Belgiojoso non disdegna di pubblicare Scene della vita turca e Ricordi della Siria e dell’Asia minore,
libri che le attirano nuovi consensi ma anche nuove inimicizie.
*
* * * *
Sul Lario Anne apre la sua nuova casa
agli ospiti che a frotte accorrono, desiderosi di conoscere il perché e il
percome della sua frastornante decisione. Gli amici parigini di passaggio le
portano le ultime notizie.
La villa è piccola, gli ospiti abbondano.
A poca distanza, in quel di Moltrasio, i Passalacqua dispongono di una villa molto
più spaziosa. Anne la visita: fa per lei e in breve tempo Il Palazzo di
Moltrasio diventa, sotto la sua regìa, uno dei ritrovi più importanti della
società lombarda. Di tanto in tanto Anne interrompe il suo isolamento lacustre
per “scendere” a Milano, dove dispone di pied-à-terre
di un sua proprietà.
Come si può immaginare, nel salotto di
Moltrasio si presentano anche uomini decisi a conquistare il cuore di Anne. Il
più focoso è certamente il conte Spaur, che per lei scialacqua una fortuna pur
di tenerla avvolta nel lusso. Preoccupati dallo spreco di denaro, lo zio-tutore
del conte austriaco ricorda al nipote che Anne è separata e che i Plaisance mai
le concederanno il divorzio. Quindi, essendo di fatto il matrimonio impossibile,
la sua relazione è destinata al fallimento: che le visite a quella donna
abbiano fine! impone il severo tutore. Il nipote si ribella e si fionda sul
lago, carico di nuovi costosi regali per la sua amata, ma lei, informata della
guerra in atto in casa Spaur, reagisce respingendolo con toni definitivi: resa
matura dalle esperienze vissute con suo marito e con Emilio, ora non vuole nuovi
fardelli da portare.
Sull’altra sponda, Emilio passa le
estati dedicandosi a piccoli lavoretti in giardino, accettando nei mesi
invernali l’ospitalità offertagli dagli amici più intimi. Una vita, questa,
destinata ad essere breve: distrutto dalla sifilide, il principe di Belgiojoso
muore il 17 febbraio 1858, coi funerali celebrati tre giorni dopo nella milanese
chiesa di San Fedele.
*
* * * *
Saputa la morte di Emilio, Cristina a Parigi
si dedica con ancor maggior impegno all’attività politica a fianco di Cavour e nella stesura di ponderosi libri.
A Moltrasio, anche per Anne (informata delle
crudeltà riversate su di lei nei salotti parigini) è tempo di dare una svolta
alla sua vita, restringendo il suo salotto a pochi ma fidati amici. Nel
frattempo, suo fratello la informa che in seguito alla morte del padre il
titolo di duca de Plaisance è stato ereditato da Jules e che a lei, perché non
divorziata, compete il titolo di duchessa. Piccole soddisfazioni…
Il passare del tempo e il mutare degli
accadimenti politici convincono Cristina a lasciare per sempre Parigi e tornare
in Italia. Per l’occasione, sceglie quale nuova residenza una proprietà di
famiglia a Oleggio Castello, sul lago Maggiore, punto strategico per le sue
incursioni di carattere politico a Torino e a Milano. Nel tempo libero, scrive
una Storia di Casa Savoia, che tanto
piace a Camillo Benso.
Poi - galeotto l’ingresso a Milano di
Napoleone III e Vittorio Emanuele, che di fatto mette una provvisoria parola
fine alla guerra d’indipendenza, ma anche l’offerta dei cognati che le mettono
a disposizione la Pliniana (e Cristina ovviamente rifiuta) - nasce in lei il
desiderio di lasciare il lago Maggiore per trovare una miglior sistemazione sul
Lario, acque che i medici ritengono più adatte per la cura delle sue malattie.
A Blevio la sua scelta cade sulla
Villetta Schuwaloff, a suo tempo fatta edificare da un russo, il conte Gregorio
Petrovich Schuwaloff, per degnamente ospitare una giovane donna di cui era perdutamente
innamorato. Solo che lei morì presto e il conte, novello san Francesco, per
lenire il dolore non trovò di meglio che recarsi a Parigi per indossare il saio
dei Barnabiti, offrendo ogni suo bene mobile e immobile alla congrega. Ed è
proprio dai Barnabiti che Cristina compra questa casa, dalle cui finestre -
come in un gioco di specchi - può vedere, sulla riva opposta, la residenza di
Anne.
Sul Lario lo spazio è ristretto, le
notizie viaggiano. Cristina sente parlare della conversione di Anne, ora dedita
alle opere di carità. Da parte sua Anne sente parlare degli impegni sociali,
politici e religiosi di Cristina. A Moltrasio Anne ha chiuso il suo salotto, a
Blevio Cristina ne apre uno, frequentato da letterati e politici italiani e
stranieri. Ammalatasi gravemente, Anne riceve la visita di un “sant’uomo”, che
si dice le sia stato inviato proprio da Cristina, desiderosa di salvarle l’anima:
in questa occasione, convinta dal sacerdote, Anne si riavvicina alla fede
perduta. Forte di questo successo, lo zelo cattolico di Cristina la spinge a
proseguire: certa dell’imminente fine di Anne e sapendo della sua solitudine,
l’ex rivale mette nero su bianco che lei si sarebbe impegnata, in caso di
necessità, di far accudire Anne da qualche discreta persona e di darle un’onorevole
sepoltura, chiedendo al municipio di Moltrasio la garanzia della presenza “in
eterno” di fiori freschi sulla sua tomba.
Talvolta il destino gioca con carte
truccate: mentre Anne si rimette dalla malattia, Cristina cade vittima di una
ipertrofia del fegato e muore il 5 luglio 1871. Pochi mesi dopo, il 15 gennaio
1872, Anne resta vedova del duca di Plaisance; si consola sapendo che una nuova
legge garantisce, in mancanza di figli maschi, il passaggio del titolo ducale
allo sposo della figlia - che sa abitare una bella residenza alla Jumellière,
nel Maine-et-Loir. Tutte notizie, queste, che pian piano la convincono che per
lei è arrivato il momento di rientrare a Parigi, se non altro per riabbracciare
l’amato fratello e - perché no? - azzardare un approccio con la figlia.
Rassicurata dagli amici, nel giugno del
1878 si decide al grande passo, quando un forte raffreddore la ferma. Ripartirò in
luglio, dice. Ma il raffreddore si trasforma in bronchite acuta, con febbre
continua. Il genero di Cristina di Belgiojoso, marchese Lodovico
Trotti-Bentivoglio, rispettoso delle volontà della suocera, invia il nobiluomo
Luigi Vigoni al capezzale dell’ammalata. Questi vi arriva il 19 luglio e la
sera stessa scrive un biglietto per informare che la duchessa di Plaisance è
agli estremi. Tre giorni dopo, il 22 luglio, Vigoni invia al Trotti un
messaggio urgente: «Mio caro Lodovico,
due sole righe per dirti, che la duchessa di Plaisance, è spirata stamane alle
ore 5,30 antimeridiane.»