Nel 1912 la Imprimerie Bussière di Saint-Amand (Cher)
licenzia La jeune peinture française,
il libro scritto da André Salmon che ha trovato nella Société des Trente |
Aubert Messin | Paris | 19, quai Saint-Michel 19 | il suo editore.
Il volume in -8°
(20,5 x 14 cm) consta di 124 pagine, così suddivise: Avant-propos (pp. 1-7); Les
Fauves (pp 9-40); Histoire anecdotique du Cubisme (pp 41-61); L’Art
vivant (pp 63-100); Una renaissance
du paysage français (pp 101-110) e La
peinture féminine au XXe siècle (pp 111-121.
Di questo libro sono state stampate 530 copie numerate, così
suddivise: 10 esemplari su carta Chine,
20 esemplari su carta Japon e 500
esemplari su vergé d’Arches.
Questa bassa tiratura, riservata ai soci della Société des
Trente, ha contribuito fin da subito a rendere introvabile questo volume, il
primo testo stampato in cui si narra dell’esistenza di un dipinto di Pablo
Picasso - fino ad allora sconosciuto - raffigurante tre prostitute di un
bordello della carrer d’Avynió di Barcellona, postribolo a due passi dalla casa
in cui si era trasferita la famiglia Picasso nel 1895 e luogo d’iniziazione
sessuale (e di rifugio, per un certo periodo) per il quattordicenne Pablo.
Partendo da queste conoscenze, i poeti Max Jacob e Guillaume Apollinare - quest’ultimo
aveva avuto modo di vedere questa tela il 27 febbraio 1907 - avevano suggerito
il nome di Le bourdel philosophique.
Deluso dai commenti dei suoi più intimi amici, Picasso aveva
tenuto Le bourdel arrotolato e
appoggiato sul pavimento e questo anche dopo il aver lasciato il Bateau-lavoir. Scrive Antonina Vallentin
in Vita di Picasso, p. 154:
“Raramente riprodotta (la prima volta nel 1925) Les demoiselles d’Avignon passò nella collezione di Jacques Doucet
(1923) che la fissò sul muro del vano delle scale di casa sua. Il quadro fu
esposto per la prima volta al Petit Palais di Parigi in occasione
dell’Esposizione Universale del 1937.”
Come tante affermazioni di questa autrice, anche questa non
corrisponde al vero: in realtà è stato André Salmon - ed è questo che
Kahnweiler gli invidiava di più - a presentare nel luglio 1916 al Salon d’Antin
di Paul Poiret Le bourdel di Picasso,
proposto col nome di Les demoiselles
d’Avignon. Non erra invece la Vallentin quando scrive a p. 149 del suo
libro: “Non sapete fino a che punto mi irrita questo titolo - ha confessato un
giorno Picasso, - è stato Salmon ad inventarlo.”
Due anni dopo sarà la Galerie Paul Guillaime di Parigi ad
esporre per la seconda volta Les demoiselles
nell’ambito di una esibizione da Picasso
a Matisse.
Anno 1922, mese di gennaio. Scrive Pierre Assouline ne Il mercante di Picasso, p. 226:
“Kahnweiler ha sofferto molto, nel veder andar via, all’inizio dell’anno, Les demoiselles d’Avignon dallo studio
di Picasso. Le ha acquistate per 25.000 franchi il sarto-collezionista-mecenate
Jacques Doucet, ben consigliato dalla sua cavalleria leggera nel campo
artistico, André Breton e Louis Aragon.”
La transazione non è stata del tutto semplice: Doucet offre
20.000 franchi, Picasso chiede di più. L’accordo si trova su 25.000, a questa
condizione: Doucet pagherà a Picasso 2000 franchi al mese fino al
raggiungimento della somma pattuita, quando Picasso consegnerà la tela. Alla
fine - scrive Breton nel 1961 - nelle tasche di Picasso arriveranno 30.000
franchi.
Nei primi giorni di dicembre 1924 Les demoiselles entrano al 46, avenue du Bois di Nearly-sur-Seine,
l’indirizzo della nuova lussuosa casa di Doucet, e lì resteranno fino al 1928,
l’anno in cui Doucet trasferisce la sua Maison
nel nuovo palazzo residenziale al 33, rue Saint-James di Neuilly.
In cuor suo Doucet desidera che dopo la sua morte, avvenuta
il 30 ottobre 1929, Les demoiselles fossero
destinate ad essere esposte al Louvre. Contattati in merito dagli eredi, i
burocrati del Louvre rifiutano per questioni di Regolamento (al Louvre si
espongono solo opere di artisti defunti) e quelli del Luxembourg (dove si
espongono anche opere di artisti viventi) decidono di non esprimersi: Picasso è
un uomo marchiato…
Maison Paul Doucet
33, rue Saint-James, Neuilly-sur-Seine
photo Pierre Legrain (1933)