“Mi sembri Taka” dice Daniella guardando la foto che mi ha appena scattato mentre stacco alcune ciliegie da un albero, degustandole in loco. E quel “mi sembri Taka” ha subito suscitato vecchi ricordi (ridendo e scherzando sono passati 30 anni…).
Dal box sono uscito col contenitore che porta la scritta “Codera 1”, quello con le diapositive dal 1978 ad aprile 1994. Rapida ricerca ed eccole qui: 27 e 28 giugno 1992, Codera, con Takafumi Minaguchi e Vladimir Kolchanov.
Tutto ha avuto inizio qualche giorno prima. All’ora di cena squilla il telefono. Dall’altro capo del filo una voce maschile mi rivolge la parola parlando in inglese. Dice di chiamarsi Vladimir Kolchanov, di essere a Milano e di aver avuto il mio numero da Vladimir Piestov, uno dei suoi professori ai tempi in cui studiava ingegneria all’università di San Pietroburgo.
Sì: nel 1979 io e Vladimir Piestov siamo dapprima saliti in vetta all’El’brus e poi abbiamo valicato la catena del Caucaso per raggiungere a piedi l’allora proibita Svanezia. Al momento del commiato gli ho regalato il mio zaino da trekking col basto metallico, un oggetto che lui tanto mi invidiava.
E così adesso sono al telefono con un altro Vladimir, che mi chiede se possiamo incontrarci. Certo, dico io, rilanciando: questo fine settimana io e mia moglie saliremo a Codera per la festa di San Giovanni: se vuoi venire… Vladi accetta al volo, aggiungendo: posso invitare anche un mio amico giapponese? Certo che puoi, dico io, e subito lo informo che a Codera saliremo a piedi, che per la notte usufruiremo di una stanza senza luce elettrica, senza acqua corrente e col cagatoio (a Codera lo chiamavano così e così resta) lontano 50 metri o forse più. Lui non batte ciglio: saremo da te sabato, ma non siamo attrezzati. Minimizzo: bastano abiti sportivi, una felpa per la sera, scarpe da ginnastica. Gli zaini ve li presto io. Ed è così che sabato 27 giugno 1992 conosco di persona sia Vladi che Takafumi Minaguchi.
Strada facendo, Vladi mi racconta che sia lui che Taka hanno vinto i rispettivi concorsi nazionali - “sono arrivato primo su diecimila ingegneri russi”, mi ripete più volte con giustificato orgoglio - e che adesso sono ospiti della Bocconi per un MBA.
Lasciamo l’auto in località Castello e prendiamo a salire i gradini scolpiti nel granito. I due non sono mai stati in montagna, ma sono giovani e salgono senza troppi problemi. All’Avedèe si esce dal sentiero battuto per andare a salutare l’amico Vittorio Pisnoli, una tappa obbligata per me e Daniella.
A Codera arriviamo che è ancora presto, quindi, deposti gli zaini, li porto su per prati e in diretta arriviamo al “tracciolino” poco prima della diga; da qui, prendendo verso sud, siamo subito alla località Cii. Subito: si fa per dire… Ad un tratto, senza preavviso, Taka lancia un urlo e veloce mi si mette alle spalle, facendosi scudo col mio corpo. Non capisco il perché di questo suo gesto, ma lui continua a ripetere wild animals! wild animals! Mi guardo attorno ma di leoni, tigri, pantere, orsi o zanzare non vedo traccia. Avrà forse visto una vipera? Lui risponde alzando il braccio per indicare l’oggetto del suo terrore: pochi metri sopra di noi un gruppo di capre osserva la scena. Wild animals! dice lui additando le cornute.
Nel frattempo Vladi, da bravo ex allievo del mio amico Piestov, ha osservato il comportamento mio e di Daniella: se siamo rimasti calmi e tranquilli tanto pericolose quelle bestie non devono essere. Infatti così è, ma Taka continua a non esserne sicuro e resta al riparo del mio corpo. Superato il trauma, mi confessa che in tutta la sua vita mai è uscito da una metropoli - “ho vissuto tra Tokyo e New York”, dice - e che oggi è alla sua prima esperienza extra urbana. Di animali con la barba e le corna mai avrebbe immaginato di trovarseli così vicino.
Arrivati a Cii, un altro grido esce dalla sua bocca, stavolta più gioioso: cherries! Sì, davanti a noi vi è un albero di ciliegie e lui, forse per smaltire il trauma di poco prima, subito vi si attacca, ingoiandone quante più gli è possibile, staccandole direttamente dai rami. La spoliazione è sistematica: nessun frutto raggiungibile deve restare sull’albero. Io sono preoccupato e per una buona ragione: conosco il proprietario di quell’albero …e se dovesse arrivare proprio adesso vaglielo tu a dire che l’amico giapponese sta smaltendo il trauma da capre ingozzandosi con le SUE ciliegie.
Smaltita la sbornia si torna a Codera, dove la serata all’Osteria Alpina (dal Dino) lascia un nuovo segno: a Tokyo, a New York o a San Pietroburgo di esperienze simili non ne hanno di certo vissute.
Il giorno dopo a Codera si festeggia San Giovanni, con la sua statua portata in processione. Ovviamente, anche questi riti (e le campane suonate pestando coi pugni) lasciano stupiti i miei due amici, che tutto seguono, tutto osservano, tante domande fanno. Di nuovo arriva la sera, dal Dino si fa festa, poi ci trasferiamo a Cà Domingo per continuare in privato con un viavai di amici del posto, mentre il vino evapora come acqua sul fuoco. Le ore passano, il viavai di amici continua. Verso l’una di notte da qualche parte sbuca un violino, di quelli che non suonano però. Nello specifico, si tratta della coscia anteriore di un quadrupede uso a saltare di roccia in roccia e si sa che quando l’appoggio gli manca sotto ai piedi e lui non ha il paracadute… vuoi lasciarlo ai corvi? Certo che no, sarebbe uno spreco. Portato in baita, tagliato a pezzi, le cosce finiscono immerse nel vino aromatizzato con erbe alpine, giusto per togliere l’odore di selvatico. Poi, una volta pronto all’uso, questo prosciutto si appoggia ad una spalla e con una lama affilata se ne tagliano fette sottili, ottime e mai abbondanti. Al lume di candela tutto questo assume un che di mistico: i miei amici guardano attoniti …e mangiano.
E qui avviene il miracolo: all’improvviso Vladimir si ricorda di aver messo nello zaino una bottiglia di vodka che aperta subito fa il giro tra i presenti, gole profonde, sempre assetate. Col violino è la morte sua, sento dire …e giù un’altra “sgulgiada” a gola spalancata. L’atmosfera è oltremodo “accesa”, a Taka e a Vladi sono partiti i freni inibitori: ormai si sentono a casa loro, tra amici. Poi …l’impensabile accade. Vladi esce sulla loggia e a squarciagola si mette a cantare L’Internazionale, in lingua russa ovviamente. Noi si tace e si ascolta. Mai vista una serata così a Codera e mai più si vedrà.
Finito l’inno (e finita la vodka), tutti a nanna.
Tra poche ore si scenderà a valle, il lavoro ci attende.
Oggi, anno domini 2022, Takafumi Minaguchi è Chief Executive Officer (CEO) di Starbucks Coffee Japan, mentre Vladimir Kolchanov ricopre la carica di Director of Executive Programmes all’International Management Institute di St. Petersburg.
LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
Codera, 28 giugno 1992
in ordine cronologico di scatto