Leggere che un cardinale “molto probabilmente trascorrerà qualche giorno
di vacanza a Lorentino” (la solita notizia falsa ad hoc: infatti non ci è andato…) e pensare ai nobili de Spech è stato un tutt’uno.
Spiego. I de Spech entrano nella mia vita alcuni anni fa, ai tempi in cui giravo per archivi italiani e stranieri alla ricerca di ogni possibile
manoscritto utile a realizzare una vecchia idea: scrivere le “Vite” degli
scienziati e letterati esploratori del Gruppo delle Grigne, da Leonardo fino a
Giovanni Gavazzi, l’autore del primo scritto a carattere prettamente sportivo. “Vite” non
scritte alla maniera del Vasari, il cui miglior commento critico [mio] resta:
“quel che non conosceva, lui lo inventava. E tanto inventò”.
I copiatori dai libri altrui - a loro volta copiati da altri che copiaron da altri - hanno
sempre deriso Giovanni Gavazzi solo perché ...lo aveva fatto l’onorevole Mario
Cermenati in un suo scritto del 1899. Ovviamente, nessuna di queste penne
“d’oro o di ferro” - per dirla alla Paolo Giovio - ha mai speso tempo e denaro
per indagare sul Gavazzi: chi era, qual’era la
sua professione, perché decise di salire sul Grignone per aprire una via “mai
percorsa da altri” in compagnia di una celebrata guida di Courmayeur. Ma anche: cosa si celava dietro quel suo stile di scrittura,
ostico ai letterati del suo tempo e per questo sbeffeggiato dal botanico Vincenzo Cesati, barone di Vigadore con residenza a Napoli?
Io l’ho fatto, aiutato in questo da due archivisti - Barbara
Gariboldi e Roberto Gollo - e da due bibliotecari: Alberto Benini e Anna
Pezzolo. A Canzo ho sempre potuto contare sulla gentilezza di Milena Longa,
mentre Emilia, Giulia e Paolo Balossi Restelli mi hanno aperto le case “Gavazzi”
di Milano e Canzo. Infine, ma non ultimo, Gerolamo Gavazzi mi ha fatto dono
di un suo libro prezioso.
In seguito, per garantire una sequenza temporale, la monografia su Giovanni
Gavazzi - la prima da me scritta - ha ceduto il passo ad altri due pezzi da
novanta: Leonardo da Vinci e il beato Niccolò Stenone, di cui ho pubblicato nel
2012 le monografie sui loro viaggi (o presunti tali per LdV) in Grigna. Non
solo: per dare un senso compiuto alle ricerche di Stenone sui nostri monti ho voluto
raccontarne la vita, realizzando (forse) la più completa biografia mai scritta
su di lui, arricchita dalla riproduzione fotografica dell’intera lettera inviata
a Cosimo III di Toscana per metterlo al corrente degli esiti del viaggio alle
grotte di Gresta e del Moncodine, manoscritto rimasto sconosciuto anche a Mario
Cermenati, che prese le sue informazioni - così lui stesso dichiara - dalle
monche Lettere inedite pubblicate dal
Fabroni nel 1775 (lo stesso che aveva fatto Angelo Bellani per un suo libro
pubblicato nel 1816).
Per i lettori di questo blog anticipo alcune righe sul rapporto che univa
gli Spech a Giovanni Gavazzi e all’abitato di Lorentino, estrapolate dal mio tuttora
inedito libro.
I
NOBILI DE SPECH. D’origine tedesca, dal 5 luglio 1754 i fratelli Giorgio e
Carlo Andrea Spech si ritrovano ascritti alla nobiltà magiara. Firmando il
diploma, l’imperatrice Maria Teresa ricompensa i servigi resi da Carlo Andrea
alla Corona d’Ungheria in qualità di commissario imperiale di guerra in
Lombardia e, in data incerta, questi viene inviato a Milano per mettersi a
disposizione del ministro plenipotenziario, il trentino Carlo Gottardo (detto
Giuseppe) conte di Firmian, con l’incarico di Capo commissario di guerra in
Italia. Nel 1768 Carlo Andrea è pure insignito del titolo di Reale imperiale
consigliere.
È a
lui che Carlo Porta dedica il sonetto che Raffaello Barbiera, curatore del
volume Poesie edite, inedite e rare di
Carlo Porta, così introduce: «Questo epitaffio-epigramma colpisce un
consigliere Spech, e fu scritto, a quanto sembra, in un momento di malumore
quando quel magistrato era vivo. Finora non fu mai pubblicato, forse per un
riguardo all’egregia famiglia di quel nome; ma ogni titubanza di editori cessa
quando vogliasi ripetere l’avvertenza che si legge in un manoscritto conservato
all’Ambrosiana: “L’epigramma esagera. Era uomo (lo Spech) un po’ debole e di
vedute poco larghe, ma non era cuore di Giuda come qui si dice.”»
EPITAFFIO
Chì sott gh’è el corp del sur Consejer Spech
che
l’è staa in vitta sova on gran boricch,
bravo
domà per fà salamelecch
col
coeur de Giuda e el muso de Berlicch;
el mond cont la soa mort l’ha perduu pocch,
e ha
quistaa un sant el paradis di occh.
Traduco per i non langobardi:
Qui sotto c’è il
corpo del signor Consigliere Spech
che è stato in
vita sua un gran burricco,
bravo solamente a
far salamelecchi
col cuore di Giuda
e il muso di Berlicche;
il mondo con la
sua morte ha perso poco,
mentre ha
acquistato un santo il paradiso delle oche.
Prima
di scendere «al paradis di occh» (l’inferno) l’imperiale consigliere trova il
tempo di sposare Maria Anna Hurnegli e poi, in seconde nozze, la dama di corte
Marianna de Hüting-Ongarere, che lo rende padre di Francesco Zaverio
(1766-1828), futuro «Nobile ungherese, Consigliere della Comunità, Direttore
delle Poste, Magistrato integerrimo, Uomo pio e virtuoso, Ottimo padre» (come
recita il bugiardino tombale).
Moglie di Francesco Zaverio è Paolina Valsecchi, figlia di ricchi possidenti terrieri in Lorentino, amena località utilizzata dai de Spech dapprima per le vacanze e poi per l’eterno riposo. Dalla loro unione nasce il «Vir ille simplex et rectus» Andrea (1792-1870), Scudiero imperiale e Cavaliere dell’impero, marito della contessa Francesca Nugent e poi di Costanza Canziani. Tra i figli di primo letto troviamo Francesco, Scudiero di corte per diritto ereditario e Guardia nobile dal 1842, uno dei principali proprietari terrieri di San Pietro all’Olmo, località dove Giovanni Maria Gavazzi ha impiantato una filanda, con la residenza padronale sulla piazza del paese e frequentata dai coniugi-cugini Giovanni Battista Gavazzi ed Emilia Gavazzi in Gavazzi.
Moglie di Francesco Zaverio è Paolina Valsecchi, figlia di ricchi possidenti terrieri in Lorentino, amena località utilizzata dai de Spech dapprima per le vacanze e poi per l’eterno riposo. Dalla loro unione nasce il «Vir ille simplex et rectus» Andrea (1792-1870), Scudiero imperiale e Cavaliere dell’impero, marito della contessa Francesca Nugent e poi di Costanza Canziani. Tra i figli di primo letto troviamo Francesco, Scudiero di corte per diritto ereditario e Guardia nobile dal 1842, uno dei principali proprietari terrieri di San Pietro all’Olmo, località dove Giovanni Maria Gavazzi ha impiantato una filanda, con la residenza padronale sulla piazza del paese e frequentata dai coniugi-cugini Giovanni Battista Gavazzi ed Emilia Gavazzi in Gavazzi.
Tutto
cambia dopo il 15 marzo 1864, quando a Milano muore Gio.Batta, lasciando la
vedova finalmente libera di frequentare l’amato
Francesco de Spech, ma è solo dopo la morte di Andrea de Spech (1870) che i due
colombi possono regolarizzare la loro posizione di fronte agli ipocriti convolando
a nozze.
Qualche anno più tardi - il 6 luglio 1876, due giorni
prima di festeggiare i suoi sessant’anni di vita - Francesco adotta l’ormai
sposato (e con prole) figlio della moglie, Giovanni Gavazzi, trasmettendogli
con decreto regio il proprio titolo nobiliare. Accettando, Giovanni Gavazzi de Spech diventa il primo ed unico nobile che abbia mai avuto la ramificata dinastia dei Gavazzi, noti tra il popolo come "quelli delle filande" e delle banche (e non solo).
Nella ristretta società di Milano il gesto non passa inosservato e i pettegoli hanno di che riempirsi d’aria la bocca: loro ‘già sapevano’ che Giovanni Gavazzi non era figlio di GioBatta, bensì il frutto nato dalla relazione extraconiugale tra Emilia e il de Spech. E adesso, sposando la vedova e adottandone il figlio, il nobiluomo ‘conferma’ la vox populi. Si aggiunga: il nuovo marito è più giovane di quattro anni della sposa ed ha vent’anni di meno del de cujus …
Nella ristretta società di Milano il gesto non passa inosservato e i pettegoli hanno di che riempirsi d’aria la bocca: loro ‘già sapevano’ che Giovanni Gavazzi non era figlio di GioBatta, bensì il frutto nato dalla relazione extraconiugale tra Emilia e il de Spech. E adesso, sposando la vedova e adottandone il figlio, il nobiluomo ‘conferma’ la vox populi. Si aggiunga: il nuovo marito è più giovane di quattro anni della sposa ed ha vent’anni di meno del de cujus …
Come detto sopra, alcuni dei sopracitati de Spech godono il
meritato riposo nel cimitero di Lorentino, disturbati di tanto in tanto dalla
mia visita: dopo aver tanto frugato tra i loro panni li “sento di casa”, quindi
andarli a trovare è per me un piacevole dovere.
© testo e foto di Giancarlo Mauri
© testo e foto di Giancarlo Mauri
La Cappella Spech a Lorentino |
ANDREA SPECH Figlio di Francesco Zaverio e di Paolina Valsecchi Vir ille simplex et rectus (Job. 1) Milano XXII luglio MDCCCXCII Milano XXX magio MDCCCLXXX |
Quì riposa COSTANZA SPECH CANZIANI morta in Milano XV dicembre MDCCCLXI Ma noi andremo a lei (Davide) Sorgono i figli ed il marito per dar lode alla donna forte (Prov.) |
MARIANNA SPECH Del nobile Francesco Zaverio Morta il 26 luglio 1862 Pia, modesta, benefica Il fratello Andrea pose per ricordanza delle sue virtù Dormiam cum patribus meis (Genesi) |
+ A Spech nobile Francesca nata contessa Nugent morta in Milano il XXXI agosto MDCCCXVIII nella giovenile età d'anni XXV pia caritatevole amorosa i figli Matilde Giulia e Francesco a perpetuo ricordo posero |
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