Visualizzazione post con etichetta Milano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Milano. Mostra tutti i post

sabato 23 aprile 2022

Gli scioperi del ’43


Gli storicizzati scioperi del marzo 1943 hanno un precedente, così descritto in un documento della Fondazione Isec reperibile in rete:

Le prime a muoversi in molti paesi della provincia di Milano furono le donne. A Sesto San Giovanni il 26 maggio 1942, 300 donne diedero vita a una manifestazione per chiedere la distribuzione di patate; per lamentare la scarsità di pane, latte e generi alimentari; per denunciare i prezzi troppo alti.
Il Commissario Prefettizio del Comune segnalava che le donne provenivano dalle vie Cavallotti e Puricelli Guerra (situate nell’agglomerato cosiddetto di “Sesto Vecchia”) e “conosciute fra le più ribelli”. In diversi rapporti i carabinieri scrivevano che si trattava di 200-400 manifestanti, di una manifestazione durata 3 ore, dell’arresto dell’organizzatrice e del fermo di 6 o 7 “caporione” poi tradotte nelle carceri di Milano. Anche nelle settimane precedenti si erano avute manifestazioni: ma se inizialmente la polizia si era limitata alla sola “diffida” delle manifestanti, in questo caso la manifestazione venne ritenuta “molto pericolosa e contagiosa”. Un promemoria non firmato della Federazione fascista di Milano segnalava al Prefetto “che gli operai reggono con difficoltà la fatica di 10 ore di lavoro con la malnutrizione determinata dal razionamento”. La richiesta di miglioramenti alimentari sarà infatti uno dei punti fondamentali che, quasi un anno dopo con gli scioperi del marzo 1943, affiancherà le richieste di aumenti salariali, della riduzione d’orario e della gestione di mense e mutue aziendali.

Qui una nota a piè di pagina rinvia ad uno scritto reperibile in rete: Fronte interno 1942. Manifestazione di protesta delle donne a Milano e provincia, di Lucia Realini, a cui rimando.
Le retate alle case operaie di Sesto SG, Milano, Cinisello e paesi limitrofi sono state portate in scena da Renato Sarti con Matilde, Piccolo Teatro di Milano, gennaio 2018.

Sempre dallo stesso fascicolo estraggo due annotazioni e una testimonianza (leggermente ridotta):

- Nei primi giorni del marzo 1943 alla Falk Unione, alla Breda Aeronautica e alla Pirelli vi furono agitazioni contro il caro vita. Alla Pirelli vi furono una ventina di arrestati; fra loro Umberto Chionna, già condannato dal Tribunale speciale. Nuovamente arrestato per lo sciopero generale del marzo 1944 morirà nel lager di Mauthausen.

- Il 23 novembre 1944 in conseguenza di uno sciopero generale solo parzialmente riuscito, le SS guidate dal capitano Saewecke catturarono 183 lavoratori. Alberto Pirelli chiese la liberazione di tutti gli arrestati. 156 operai vennero deportati in Germania, 14 caddero.

- ADELE BOCCALARI, nata nel 1916, alla FACE dal 1939 al 1948
La Resistenza alla FACE incominciò nel ’40, ’41 tra gli antifascisti d’ogni tendenza e colore. Ci conoscevamo tutti e ci consolavamo a vicenda, cercando in un lavoro capillare di avvicinare il più possibile i lavoratori che come noi erano assillati giornalmente da tutti quei problemi che erano la guerra, la fame, lo sfruttamento.
Nel 1942 incominciammo un lavoro sistematico con manifestini, scritte murali, fino al fatidico marzo 1943: il grande sciopero generale.
Giorni d’entusiasmo, di speranza e di timore che si univano con la serena consapevolezza della lotta. Purtroppo durò poco l’euforia e la gioia nell’aver trovato il coraggio nella lotta. Incominciarono gli arresti e dal reparto «Aggiustaggio» ben 15 compagni tra i nostri migliori: Angelini, Simone, la Cortivo, la «Primula Rossa», il capo reparto ed altri subirono circa quattro mesi di carcere. Io me la cavai con otto giorni di allontanamento dalla fabbrica e la destituzione dal mio posto di lavoro.
Arrivò il 26 luglio, tutti rientrarono in fabbrica con tutti gli onori, abbracci e felicitazioni da parte di ognuno di noi. Nei quarantacinque giorni successivi, in fabbrica vi furono le prime riunioni a cui parteciparono operai ed impiegati. Purtroppo i bombardamenti dell’agosto accelerarono il decentramento di una gran parte della fabbrica a Meda, a Galliate ed a Busto Garolfo.
Venne l’8 settembre: la clandestinità. Il lavoro capillare si fece più assiduo: scioperi, scritte murali, manifestini, erano sempre all’ordine del giorno. Qualcuno partì per la montagna come Pippo, Aldo Pozzoni, ed Angelini (quest’ultimo poi ritornò in fabbrica per organizzare assieme alla Coltivo e a tanti altri la raccolta di denaro e vestiario da inviare alle Brigate Garibaldi dell’Ossola). Vi fu anche un grosso movimento di GAP a cui parteciparono molti nostri uomini e ragazzi, come i fratelli Montana, Maggi, Fabiani, i fratelli Gusella, Pareschi, Antonini, Giorgietti, Biagini e tanti altri. Nelle zone decentrate a Meda e Treviglio si crearono dei gruppi attivi per la lotta partigiana con alla testa Cravedi, Beccaluga, Fantoli, Cutta e tanti altri.
Voglio ricordare anche le donne della FACE che diedero un contributo determinante agli scioperi ed alla vittoria finale; l’infermiera Rina, Severina e Gina, le altre dei reparti di produzione, ispezione e montaggio, la cara Giulia che ci guidò con entusiasmo e coraggio in tutti quei mesi. Molti furono anche i lavoratori arrestati ed inviati nei campi di concentramento in Germania (Bianchi, Brusatori, l’ing. Gatta) o rinchiusi nelle carceri (Tamburini che restò per nove mesi rinchiuso nel carcere San Donino di Como e riportò la cecità completa per le percosse subite).
Dopo la strage di Piazzale Loreto nell’agosto 1944, io partii per la Valtellina, partecipando direttamente al movimento di Liberazione quale staffetta collegatrice tra i diversi gruppi che operavano in montagna. Il 2 febbraio 1945 fui arrestata a Varenna sul Lario mentre mi recavo a casa di un’altra staffetta partigiana che fu a sua volta arrestata il giorno dopo. Mi portarono a Lecco e mi torturarono conciandomi da buttar via. Mi portarono poi a Como nel carcere di San Donino dove mi raggiunsero qualche giorno dopo altre due staffette con il comandante della nostra formazione.
Il 24 aprile, dopo un accordo tra il C.N.L. di Como e le S.S. di Cernobbio, ci portarono fuori dal carcere lasciandoci libere. Prendemmo l’ultimo treno per Milano dove arrivammo verso mezzanotte. La mattina presto del 25 aprile, l’Anita che era stata in carcere con me, si recò ad un recapito partigiano portando la notizia della nostra liberazione e della situazione nel comasco. Alle nove suonarono le sirene e si diede il via all’insurrezione. Il 25 aprile coronò tutti i nostri sforzi, le nostre lotte ed i nostri dolori in cui molti avevano lasciato la propria vita.
La Resistenza ha però insegnato ai giovani a lottare, cioè a migliorare le proprie condizioni e conquistare quei diritti che allora erano addirittura irraggiungibili. Terminata la guerra si dovette affrontare tutto il problema della ricostruzione della fabbrica-che durò sei, sette mesi. I problemi erano immensi, C’era tutto da rimettere in piedi. I lavoratori tutti, uomini, donne, operai, impiegati, diedero il proprio contributo alla ricostruzione, organizzandosi in squadre di lavoro. Si procedette alle elezioni della Commissione Interna e del Consiglio di Gestione e nel marzo 1947 venne inaugurato il Cippo ai Caduti nel cortile della fabbrica con la presenza del compagno Umberto Terracini.


Il cippo ai Caduti

Passando con l’automobile difficilmente lo vedi e anche a piedi, seguendo la pista ciclabile, non è cosa facile: è in alto, in un angolo, nascosto da cespugli. Ma c’è, ed è lì da quando lo hanno spostato, perché prima stava da tutt’altra parte, di fronte all’ingresso di quella che un tempo era la Telettra ormai passata di mano. Questa nuova locazione è nel recinto dell’Energy Park, giusto a pochi metri dalla linea di confine tra i comuni di Vimercate e Concorezzo, in provincia di Monza e della Brianza.
È un piccolo bronzo - un uomo che regge una fiaccola appoggiandosi al fusto di un cannone - alto sopra un rossiccio basamento. Ai suoi piedi vi è una lastra e dai fori rimasti si comprende che un tempo vi erano delle lettere, dei nomi. Ad essere sinceri, fino a non molto tempo fa alcuni nomi erano ancora leggibili. Oggi non più. Tutto è scomparso.





 A lato, su lastra metallica si legge:


Ed è stata questa scritta a scatenare la mia curiosità: cos’è successo in viale Bodio il 25 aprile 1945 e perché questo munumento e questa illeggibile lapide sono finite qui?
Faccio ricerche ma non cavo un ragno dal buco (oggi ho capito il perché: era la data 25 aprile 1945 a fuorviarmi).
Cerco aiuto. Una domenica mattina telefono all’ottimo Gigi - in tempi recenti abbiamo scoperto di essere anche parenti: suo nonno paterno, lo zio Fortuna che avevo conosciuto in gioventù, era fratello di mia nonna materna; davvero piccolo il mondo - e a lui chiedo se conosce il mistero nascosto dietro questo monumento. Da persona seria qual’è, Gigi mi risponde: no, non ne so niente però mi informo. Poco dopo mi richiama per dirmi che ha contattato l’attuale presidente dell’Anpi di Vimercate e che lui lo ha autorizzato a fornirmi il suo numero di cellulare per un colloquio diretto, cosa che subito faccio. Al momento, neppure Savino riesce ad essermi d’aiuto, ma di certo la colpa è tutta mia: ero per strada e “le salve del dottor Alzheimer” (una battuta presa a prestito dall’amico Patrick Leigh Fermor) non mi hanno aiutato nel descrivere cosa esattamente andavo cercando.
Il giorno dopo Gigi mi invia un link e sul monitor si apre un fascicolo che porta il titolo Antifascismo e Resistenza alla Face-Standard, Milano, 1945-1985. Lo scarico, lo stampo, lo leggo… e il mistero è risolto, ma quel cippo continua ad essere nei miei interessi.











19 aprile 2022. Ad una mia richiesta Savino risponde con un breve messaggio: domani alle ore 15. Ed io il giorno dopo, alle 14 e 30 sono all’ingresso del palazzo della Nokia, Energy Park. Qui imparo che per evitare complicazioni (leggi green pass e altre invenzioni scaturite dalle fervide menti dei nostri conducator ...e chissà per quali contorte ragioni mi passa per la mente la fulminante battuta di Marinetti rivolta a D'Annunzio: un cretino con lampi d’imbecillità!) tutto si svolgerà all’esterno. E così è stato fatto - e per l’occasione sopra all’ormai illeggibile lapide all’origine delle mie ricerche è stata posta una lastra con i nomi dei dipendenti dell’ex Face Standard morti durante la seconda guerra mondiale, che qui ricordo:

Fante BARLASSINA Pietro, nato l’1.8.1915, caduto sul fronte Greco-albanese il 31.10.1940
Marin. BEROZZI Edgardo, nato il 17.10.1921, morto il 31.8.1943
Part. BONINI Otello, nato a Milano il 30.9.1924, caduto in combattimento a Lodi il 27.4.1945
Fante CASSINA Pietro, nato il 20.2.1922, morto il 14.12.1942
Part. CLERICI Attilio, di Luigi e Valentini Giuseppina, nato a Quinto Romano il 26.10.1921, caduto in combattimento il 20.9.1944, Brigata Oltrepò Pavese
Aviere DELL’ACQUA Domenico, nato il 2.1.1921, morto il 28.4.1942
Aviere FERZETTI Vittorio, nato il 30.4.1921, morto il 16.6.1943
Fante FINI Pietro, 52.mo Regg., 81.mo Battagl., III Comp., nato il 30.6.1922, morto il 4.12.1942
Marin. FINO Luigi, nato il 14.1.1921, morto il 9.8.1943
Part. FRANCHI Carlo, nato il 12.12.1923, morto il 20.2.1945
Part. GATTA ing. Enzo, di Dino e Sacchetti Cesarina, nato a Milano il 4.8.1912, morto a Gusen (Mauthausen) il 28.3.1945
Part. GHIELMI Alberto, nato il 23.10.1916, morto il 29.4.1945
Art. GRASSO Elio, nato il 12.11.1918, morto l’11.1.1942
Fante LEONCAVALLO Carlo, nato il 6.11.1914, morto il 21.8.1942
Marin. MARCHESI Giuseppe, nato a Castelleone (CR) il 5.10.1920, morto nel Mar Mediterraneo il 14.4.1941
Marin. OLIVA Carlo, nato l’1.3.1923, morto il 25.2.1943
Aviere PANIGADA Luciano, nato l’8.3.1910, morto 3.10.1941
Marin. POLLINI Franco, nato il 15.8.1923, morto il 3.2.1943
Part. POZZONI Aldo, di Primo e di Mauri Maria, nato a Milano il 15.5.1909, caduto a Milano il 5.12.1944, appartenente alla 15.ma Brigata Garibaldi, II Divisione Moscatelli
Bers. SANTAMBROGIO Mario, nato il 10.12.1919, morto il 23.11.1940
Part. UGAGLIA Adolfo, nato a Rocca Grimalda il 4.2.1922, fucilato a Bandita Cassinelli (AL) il 27.3.1945, appartenente alle Brigate Giustizia e Libertà, VIII div. Gasparotto
Part. COMI Mario, nato il 30.10.1919, morto l’11.10.1940























giovedì 8 giugno 2017

100 anni. Scultura a Milano 1815-1915


Fino al 3 dicembre 2017 gli ambienti della Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano ospitano “100 anni. Scultura a Milano 1815 - 1915”, una mostra che riesuma gessi e marmi rimasti sepolti nei depositi di Brera e non solo. Un’occasione unica per rimirare opere neglette, a cui aggiungere - visto che il biglietto d’ingresso include sia l’uno che l’altro - le altre sculture, i quadri, i soffitti e gli arredi di quella che fu la residenza del conte Lodovico Barbarano di Belgiojoso, poi Villa Reale.
Premetto: due settimane fa ero a Nogent-sur-Seine, in visita al finalmente inaugurato Musée Camille Claudel (marzo 2017, con oltre due anni di ritardo sulla data prevista). Il mio viaggio non si è limitato a questo: ho avuto l’occasione di abitare le mura dell’ultima residenza terrena di Vincent van Gogh, di recarmi a rendere omaggio alla tomba di Max Jacob e poi - nella bretone Pont-Aven - di prendere alloggio nella stessa stanza che fu di Paul Gauguin.
Al GAM sono quindi arrivato “carico” di emozioni non certo banali e questo può aver influito nel mio giudizio sulle opere esposte: “quanta accademia” è stato il mio primo commento. Ovunque statue - gessi e marmi - di carattere chiesistico, coi soliti angeli, la solita Maddalena, i soliti Adamo ed Eva e chi più ne ha più ne metta.  Certo, fare della scultura dava da mangiare solo se arrivavano le commesse e gli scultori cercavano il loro mercato là dove questo esisteva: chiese, piazze, giardini e cimiteri. L’arte per l’arte è roba da pochi - e di norma questi pochi crepano di fame in vita, arricchiscono parenti e mercanti già un minuto dopo la morte, meglio se in età giovanile e fumosamente tragica.
Rientro. Piano terra, prima sala. Leggo (a fatica) i titoli dati alle statue e il collegamento con quanto vedo è immediato. Il cartello dice “Eva dopo il peccato”. Analizzo il volto della “peccatrice” e a me pare che più che addolorata per il grave danno arrecato ai posteri madame voglia dire: beh, per fortuna che Lui ha inventato anche il serpente, sennò sai che barba stare qui tutto il giorno da sola con Adamo, senza cinema senza Tv senza Facebook.
A dar man forte a questo mio pensiero è un’altra composizione, che porta il titolo “La creazione di Adamo”. Esaminando l’opera mi balza all’occhio la minuscola foglia messa a copertura della virilità dell’uomo che il Dio proprio delle tribù giudaiche avrebbe creato “a sua immagine e somiglianza”. Mi avvicino e guardo meglio: sì, è davvero minuscola, già inadatta a coprire le pudenda dell’imperatore Bonaparte, noto per il suo pene infantile: 45 mm a riposo, 61 mm in erezione hanno scritto i medici.
Qui, Adamo è ancora lontano da queste misure, in negativo ovviamente. E anche da questo comprendo il volto di “Eva dopo il peccato”. Non ha tutti i torti la poveretta… Aggiungo: salito al primo piano eccomi davanti ad una statua di “Eva tentata dal serpente” - e qui ho la piena conferma del mio giocoso pensar bene: mica male il serpentello …e qui Eva mostra un viso già più felice.
Comunque sia - messi in archivio Adamo, Eva e il suo amico serpente - alla fine sono uscito dal GAM accaldato (eureka! quest’anno la municipalità ha investito i nostri soldi per acquistare alcuni “pinguini” utili a raffreddare qualche stanza) e contento: pochi euro, ma spesi bene.

LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
scattate il 7 giugno 2017


Maddalena, di Pompeo Marchesi, 1826-1831



Eva dopo il peccato, di Innocenzo Fraccaroli, 1861-1862



La creazione di Adamo, di Giuseppe Bayern, 1845



Faust e Margherita (Il bacio)
di Antonio Tantardini, 1861




Il sonno dell'innocenza, di Giosuè Argenti, 1861-64




Frine, di Francesco Barzaghi, 1872




Gioia, di Emilio Quadrelli, 1906




Caino, di Riccardo Ripamonti, 1894





Esaurimento, di Ernesto Bazzaro, 1894



L'ultimo Spartaco, di Riccardo Ripamonti, 1894








Eva tentata dal serpente, di Cincinnato Baruzzi, 1837





Venere, di Pompeo Marchesi, 1855




L'idolo, di Antonio Bezzola, ante 1890








Paolo e Francesca, di Alessandro Puttinati, 1863


Dea dei fiori, di Francesco Barzaghi, 1878


La leggitrice, di Pietro Magni, 1864 circa