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lunedì 25 aprile 2022

25 aprile, Festa della Liberazione






Partigiano LUIGI RONCHI
Nome di battaglia NABO (anni 24)
Nasce a Vimercate il 10 gennaio 1921 in via Crispi 7. Figlio di operai, ex bersagliere del 10° Reggimento. Antifascista, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 entra nella Squadra d’Azione Patriottica della 103a Brigata Garibaldi. Partecipa a diverse azioni partigiane insieme al suo gruppo di compagni. Sarà protagonista del secondo e sfortunato assalto al campo di aviazione di Arcore la notte del 29 dicembre 1944. Per la soffiata di una spia fascista viene catturato e rinchiuso nel carcere di Monza. Il 29 gennaio 1945 viene condannato alla pena di morte dal Tribunale fascista di Milano. Portato sul campo di Arcore la mattina del 2 febbraio 1945, Luigi Ronchi ed i suoi compagni furono freddati con un colpo di fucile alla schiena.


Comandante Partigiano IGINIO ROTA
Nome di battaglia ACCIAIO (anni 23)
Nasce a Villa D’Almè il 6 ottobre 1921. Presta servizio militare presso l’8° Reggimento Autieri di Bologna con il grado di Sergente. Militante del PCI, nel 1944 entra a far parte del Nucleo di Resistenza. A lui fu affidato il comando e, con il suo ingresso, si costituì ufficialmente il 1° distaccamento della 103a Brigata Garibaldi S.A.P. “Vincenzo Gabellini”. Il 29 dicembre 1944 coordina il secondo attacco notturno al campo di aviazione di Arcore, che purtroppo si conclude in modo tragico. Il mitra del comandante si inceppa e i fascisti gli sono addosso. Iginio, colpito mortalmente, cade sul campo.


Patriota SALVATORE PRINCIPATO
Nasce a Piazza Amerina (Enna) il 29 aprile 1892. Insegnante, si trasferisce a Vimercate e, tra il 1913 e il 1915, esercita la professione prima nel Collegio privato “Tommaseo” e poi nelle scuole comunali. Combatte sul Carso come soldato semplice ottenendo una Medaglia d’argento. Rientrato alla vita civile, riprende l’insegnamento, prima a Vimercate, poi a Milano. Si unisce ai socialisti e, con l’appellativo di “Socrate”, contrasta da subito il nascente fascismo. Viene arrestato per la prima volta nel 1933. Fece parte della 33a Brigata Matteotti e del CNL Scuola. L’8 luglio 1944 è arrestato e imprigionato nel carcere di Monza. Ai primi di agosto viene trasferito a Milano, a San Vittore. All’alba del 10 agosto, viene condotto in Piazzale Loreto e fucilato insieme ad altri 14 partigiani. All’indomani della Liberazione, Vimercate gli dedica questa via, precedentemente denominata Via del Littorio.

NB: La vita di Salvatore Principato è raccontata da Massimo Castoldi in Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il «contrappasso», Donzelli Editore, 2020.


Partigiano ALDO MOTTA
Nome di battaglia MIRCO (anni 23)
Nasce a Vimercate il 16 agosto 1921, in via Cesare Battisti 8. Figlio di un commerciante e artigiano, è uno dei fondatori del nucleo di resistenza antifascista nella Brianza orientale. Caporal maggiore, ex geniere radiotelegrafista in Croazia, ritorna a casa il 10 settembre 1943. Renitente alla chiamata fascista, dovette rifugiarsi in montagna ad Imberido (LC). Ritornato clandestinamente in città, è il primo componente munito di un moschetto militare e due caricatori. Parteciperà il 29 dicembre ’44 al secondo attacco al campo di aviazione di Arcore nel quale cadde il comandante Iginio Rota. Le delazioni di due spie portarono presto all’individuazione dei responsabili dell’attacco. Viene arrestato e condannato alla fucilazione insieme agli altri partigiani vimercatesi che avevano preso parte all’azione: Emilio Cereda, Pierino Colombo, Renato Pellegatta, Luigi Ronchi. L’esecuzione ebbe luogo la mattina del 2 febbraio 1945 sul campo di Arcore.


Partigiano PIERINO COLOMBO
Nome di battaglia RABO (anni 24)
Nasce a Vimercate il 5 gennaio 1921 in via Palestro 1. Ha fatto parte del 54° Reggimento Fanteria. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la dissoluzione dell’esercito italiano, rientra a Vimercate ed assieme ad alcuni amici antifascisti aderisce al primo nucleo di resistenza attiva. Entra a far parte della 103a Brigata Garibaldi. Partecipa a varie azioni di guerriglia e sabotaggio contro i nazifascisti, tra cui i due attacchi al campo di aviazione di Arcore. Nel primo vengono distrutti cinque aerosiluranti. Il 29 dicembre, a seguito del secondo attacco, Pierino Colombo verrà arrestato per la soffiata di una spia fascista, rinchiuso nel carcere di Monza e, successivamente, trasferito a San Vittore. Viene condannato a morte il 29 gennaio 1945 dal Tribunale fascista di Milano e fucilato alla schiena insieme ai suoi compagni la mattina del 2 febbraio 1945 al campo di aviazione di Arcore.


Partigiano RENATO PELLEGATTA
Nome di battaglia RENA (anni 21)
Nasce a Vimercate il 25 ottobre 1923 in via Rossino 5. Figlio di operai, ex paracadutista, convinto antifascista si unì immediatamente al gruppo di partigiani che si era andato formando a Vimercate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Per scuotere l’opinione pubblica mise a disposizione la sua vecchia macchina da scrivere per redigere dei volantini che attaccavano il sistema fascista. Aderisce alla 103a Brigata Garibaldi. Il 29 dicembre 1944 fu uno dei protagonisti della sfortunata azione contro il campo di aviazione di Arcore: la precipitosa ritirata dei giovani partigiani non fu sufficiente ad evitare la loro identificazione. Arrestati e portati nelle carceri di Monza furono sottoposti a maltrattamenti e torture di cui proprio Renato Pellegatta fu particolarmente vittima. Fu fucilato insieme ai suoi compagni la mattina del 2 febbraio 1945 al campo di aviazione di Arcore.


Partigiano CARLO GALBUSSERA
Caduto in combattimento (anni 22)
Nasce il 26 giugno 1922 a Vimercate, nella cascina Gargantini dove lavorava come contadino. Appartenente al 4° distaccamento della 103a Brigata Garibaldi, nei giorni dell’insurrezione, il 27 aprile 1945 riceve ai suoi compagni l’ordine di portarsi a Vaprio d’Adda per eliminare un centro di resistenza nazifascista. Il giorno seguente partecipa a un duro combattimento con altri partigiani contro un gruppo di nazisti asseragliati presso una cabina elettrica della Falck lungo il fiume Adda nella zona di Capriate San Gervasio (BG). I tedeschi alzarono bandiera bianca per la resa, i partigiani cessarono il fuoco, ma era una trappola. Si scatena nuovamente un aspro combattimento nel corso del quale Carlo Galbussera viene colpito a morte. Con lui moriranno altri 8 partigiani.


Partigiano EMILIO CEREDA
Nome di battaglia CID (anni 24)
Nasce il 14 agosto 1920 in via Vittorio Emanuele 11 a Vimercate. Dopo aver prestato servizio militare nell’Arma del Genio, torna a vivere a Vimercate lavorando come impiegato. Ritrova il suo amico Pierino Colombo che gli propone di entrare a far parte del nucleo di resistenza antifascista attiva operante nel vimercatese. Emilio Cereda si unisce con entusiasmo ai partigiani portando in dote una rivoltella trattenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Con i compagni compie innumerevoli operazioni di sabotaggio e di guerriglia. La sera del 20 ottobre vengono incendiati 5 aerosiluranti pronti per il decollo nell’hangar di Arcore. Un secondo attacco al campo fallisce e successivamente, per la soffiata di una spia, viene arrestato e processato. Condannato a morte dal Tribunale fascista di Milano viene fucilato il 2 febbraio 1945 sul campo di Arcore insieme ad altri “Martiri vimercatesi”.

ADDENDA

La spia numero uno (che aveva permesso la cattura dei miei compagni), venne presa da partigiani milanesi in un abbaino della città di Milano, dove si era nascosta. Quando venne consegnata al Comando di divisione di Vimercate si è dovuto faticare molto per evitare un linciaggio da parte della popolazione, che voleva fare giustizia sommaria. Vista la situazione creatasi, la spia venne subito portata in un altro luogo e fucilata. La seconda spia non venne mai catturata. 
L’8 maggio finalmente venne dichiarata la fine della Seconda guerra mondiale.
(Da: Ribelli per Amore della Libertà, di Carlo Levati. ANPI Vimercate, 2005, p. 101).


sabato 23 aprile 2022

Gli scioperi del ’43


Gli storicizzati scioperi del marzo 1943 hanno un precedente, così descritto in un documento della Fondazione Isec reperibile in rete:

Le prime a muoversi in molti paesi della provincia di Milano furono le donne. A Sesto San Giovanni il 26 maggio 1942, 300 donne diedero vita a una manifestazione per chiedere la distribuzione di patate; per lamentare la scarsità di pane, latte e generi alimentari; per denunciare i prezzi troppo alti.
Il Commissario Prefettizio del Comune segnalava che le donne provenivano dalle vie Cavallotti e Puricelli Guerra (situate nell’agglomerato cosiddetto di “Sesto Vecchia”) e “conosciute fra le più ribelli”. In diversi rapporti i carabinieri scrivevano che si trattava di 200-400 manifestanti, di una manifestazione durata 3 ore, dell’arresto dell’organizzatrice e del fermo di 6 o 7 “caporione” poi tradotte nelle carceri di Milano. Anche nelle settimane precedenti si erano avute manifestazioni: ma se inizialmente la polizia si era limitata alla sola “diffida” delle manifestanti, in questo caso la manifestazione venne ritenuta “molto pericolosa e contagiosa”. Un promemoria non firmato della Federazione fascista di Milano segnalava al Prefetto “che gli operai reggono con difficoltà la fatica di 10 ore di lavoro con la malnutrizione determinata dal razionamento”. La richiesta di miglioramenti alimentari sarà infatti uno dei punti fondamentali che, quasi un anno dopo con gli scioperi del marzo 1943, affiancherà le richieste di aumenti salariali, della riduzione d’orario e della gestione di mense e mutue aziendali.

Qui una nota a piè di pagina rinvia ad uno scritto reperibile in rete: Fronte interno 1942. Manifestazione di protesta delle donne a Milano e provincia, di Lucia Realini, a cui rimando.
Le retate alle case operaie di Sesto SG, Milano, Cinisello e paesi limitrofi sono state portate in scena da Renato Sarti con Matilde, Piccolo Teatro di Milano, gennaio 2018.

Sempre dallo stesso fascicolo estraggo due annotazioni e una testimonianza (leggermente ridotta):

- Nei primi giorni del marzo 1943 alla Falk Unione, alla Breda Aeronautica e alla Pirelli vi furono agitazioni contro il caro vita. Alla Pirelli vi furono una ventina di arrestati; fra loro Umberto Chionna, già condannato dal Tribunale speciale. Nuovamente arrestato per lo sciopero generale del marzo 1944 morirà nel lager di Mauthausen.

- Il 23 novembre 1944 in conseguenza di uno sciopero generale solo parzialmente riuscito, le SS guidate dal capitano Saewecke catturarono 183 lavoratori. Alberto Pirelli chiese la liberazione di tutti gli arrestati. 156 operai vennero deportati in Germania, 14 caddero.

- ADELE BOCCALARI, nata nel 1916, alla FACE dal 1939 al 1948
La Resistenza alla FACE incominciò nel ’40, ’41 tra gli antifascisti d’ogni tendenza e colore. Ci conoscevamo tutti e ci consolavamo a vicenda, cercando in un lavoro capillare di avvicinare il più possibile i lavoratori che come noi erano assillati giornalmente da tutti quei problemi che erano la guerra, la fame, lo sfruttamento.
Nel 1942 incominciammo un lavoro sistematico con manifestini, scritte murali, fino al fatidico marzo 1943: il grande sciopero generale.
Giorni d’entusiasmo, di speranza e di timore che si univano con la serena consapevolezza della lotta. Purtroppo durò poco l’euforia e la gioia nell’aver trovato il coraggio nella lotta. Incominciarono gli arresti e dal reparto «Aggiustaggio» ben 15 compagni tra i nostri migliori: Angelini, Simone, la Cortivo, la «Primula Rossa», il capo reparto ed altri subirono circa quattro mesi di carcere. Io me la cavai con otto giorni di allontanamento dalla fabbrica e la destituzione dal mio posto di lavoro.
Arrivò il 26 luglio, tutti rientrarono in fabbrica con tutti gli onori, abbracci e felicitazioni da parte di ognuno di noi. Nei quarantacinque giorni successivi, in fabbrica vi furono le prime riunioni a cui parteciparono operai ed impiegati. Purtroppo i bombardamenti dell’agosto accelerarono il decentramento di una gran parte della fabbrica a Meda, a Galliate ed a Busto Garolfo.
Venne l’8 settembre: la clandestinità. Il lavoro capillare si fece più assiduo: scioperi, scritte murali, manifestini, erano sempre all’ordine del giorno. Qualcuno partì per la montagna come Pippo, Aldo Pozzoni, ed Angelini (quest’ultimo poi ritornò in fabbrica per organizzare assieme alla Coltivo e a tanti altri la raccolta di denaro e vestiario da inviare alle Brigate Garibaldi dell’Ossola). Vi fu anche un grosso movimento di GAP a cui parteciparono molti nostri uomini e ragazzi, come i fratelli Montana, Maggi, Fabiani, i fratelli Gusella, Pareschi, Antonini, Giorgietti, Biagini e tanti altri. Nelle zone decentrate a Meda e Treviglio si crearono dei gruppi attivi per la lotta partigiana con alla testa Cravedi, Beccaluga, Fantoli, Cutta e tanti altri.
Voglio ricordare anche le donne della FACE che diedero un contributo determinante agli scioperi ed alla vittoria finale; l’infermiera Rina, Severina e Gina, le altre dei reparti di produzione, ispezione e montaggio, la cara Giulia che ci guidò con entusiasmo e coraggio in tutti quei mesi. Molti furono anche i lavoratori arrestati ed inviati nei campi di concentramento in Germania (Bianchi, Brusatori, l’ing. Gatta) o rinchiusi nelle carceri (Tamburini che restò per nove mesi rinchiuso nel carcere San Donino di Como e riportò la cecità completa per le percosse subite).
Dopo la strage di Piazzale Loreto nell’agosto 1944, io partii per la Valtellina, partecipando direttamente al movimento di Liberazione quale staffetta collegatrice tra i diversi gruppi che operavano in montagna. Il 2 febbraio 1945 fui arrestata a Varenna sul Lario mentre mi recavo a casa di un’altra staffetta partigiana che fu a sua volta arrestata il giorno dopo. Mi portarono a Lecco e mi torturarono conciandomi da buttar via. Mi portarono poi a Como nel carcere di San Donino dove mi raggiunsero qualche giorno dopo altre due staffette con il comandante della nostra formazione.
Il 24 aprile, dopo un accordo tra il C.N.L. di Como e le S.S. di Cernobbio, ci portarono fuori dal carcere lasciandoci libere. Prendemmo l’ultimo treno per Milano dove arrivammo verso mezzanotte. La mattina presto del 25 aprile, l’Anita che era stata in carcere con me, si recò ad un recapito partigiano portando la notizia della nostra liberazione e della situazione nel comasco. Alle nove suonarono le sirene e si diede il via all’insurrezione. Il 25 aprile coronò tutti i nostri sforzi, le nostre lotte ed i nostri dolori in cui molti avevano lasciato la propria vita.
La Resistenza ha però insegnato ai giovani a lottare, cioè a migliorare le proprie condizioni e conquistare quei diritti che allora erano addirittura irraggiungibili. Terminata la guerra si dovette affrontare tutto il problema della ricostruzione della fabbrica-che durò sei, sette mesi. I problemi erano immensi, C’era tutto da rimettere in piedi. I lavoratori tutti, uomini, donne, operai, impiegati, diedero il proprio contributo alla ricostruzione, organizzandosi in squadre di lavoro. Si procedette alle elezioni della Commissione Interna e del Consiglio di Gestione e nel marzo 1947 venne inaugurato il Cippo ai Caduti nel cortile della fabbrica con la presenza del compagno Umberto Terracini.


Il cippo ai Caduti

Passando con l’automobile difficilmente lo vedi e anche a piedi, seguendo la pista ciclabile, non è cosa facile: è in alto, in un angolo, nascosto da cespugli. Ma c’è, ed è lì da quando lo hanno spostato, perché prima stava da tutt’altra parte, di fronte all’ingresso di quella che un tempo era la Telettra ormai passata di mano. Questa nuova locazione è nel recinto dell’Energy Park, giusto a pochi metri dalla linea di confine tra i comuni di Vimercate e Concorezzo, in provincia di Monza e della Brianza.
È un piccolo bronzo - un uomo che regge una fiaccola appoggiandosi al fusto di un cannone - alto sopra un rossiccio basamento. Ai suoi piedi vi è una lastra e dai fori rimasti si comprende che un tempo vi erano delle lettere, dei nomi. Ad essere sinceri, fino a non molto tempo fa alcuni nomi erano ancora leggibili. Oggi non più. Tutto è scomparso.





 A lato, su lastra metallica si legge:


Ed è stata questa scritta a scatenare la mia curiosità: cos’è successo in viale Bodio il 25 aprile 1945 e perché questo munumento e questa illeggibile lapide sono finite qui?
Faccio ricerche ma non cavo un ragno dal buco (oggi ho capito il perché: era la data 25 aprile 1945 a fuorviarmi).
Cerco aiuto. Una domenica mattina telefono all’ottimo Gigi - in tempi recenti abbiamo scoperto di essere anche parenti: suo nonno paterno, lo zio Fortuna che avevo conosciuto in gioventù, era fratello di mia nonna materna; davvero piccolo il mondo - e a lui chiedo se conosce il mistero nascosto dietro questo monumento. Da persona seria qual’è, Gigi mi risponde: no, non ne so niente però mi informo. Poco dopo mi richiama per dirmi che ha contattato l’attuale presidente dell’Anpi di Vimercate e che lui lo ha autorizzato a fornirmi il suo numero di cellulare per un colloquio diretto, cosa che subito faccio. Al momento, neppure Savino riesce ad essermi d’aiuto, ma di certo la colpa è tutta mia: ero per strada e “le salve del dottor Alzheimer” (una battuta presa a prestito dall’amico Patrick Leigh Fermor) non mi hanno aiutato nel descrivere cosa esattamente andavo cercando.
Il giorno dopo Gigi mi invia un link e sul monitor si apre un fascicolo che porta il titolo Antifascismo e Resistenza alla Face-Standard, Milano, 1945-1985. Lo scarico, lo stampo, lo leggo… e il mistero è risolto, ma quel cippo continua ad essere nei miei interessi.











19 aprile 2022. Ad una mia richiesta Savino risponde con un breve messaggio: domani alle ore 15. Ed io il giorno dopo, alle 14 e 30 sono all’ingresso del palazzo della Nokia, Energy Park. Qui imparo che per evitare complicazioni (leggi green pass e altre invenzioni scaturite dalle fervide menti dei nostri conducator ...e chissà per quali contorte ragioni mi passa per la mente la fulminante battuta di Marinetti rivolta a D'Annunzio: un cretino con lampi d’imbecillità!) tutto si svolgerà all’esterno. E così è stato fatto - e per l’occasione sopra all’ormai illeggibile lapide all’origine delle mie ricerche è stata posta una lastra con i nomi dei dipendenti dell’ex Face Standard morti durante la seconda guerra mondiale, che qui ricordo:

Fante BARLASSINA Pietro, nato l’1.8.1915, caduto sul fronte Greco-albanese il 31.10.1940
Marin. BEROZZI Edgardo, nato il 17.10.1921, morto il 31.8.1943
Part. BONINI Otello, nato a Milano il 30.9.1924, caduto in combattimento a Lodi il 27.4.1945
Fante CASSINA Pietro, nato il 20.2.1922, morto il 14.12.1942
Part. CLERICI Attilio, di Luigi e Valentini Giuseppina, nato a Quinto Romano il 26.10.1921, caduto in combattimento il 20.9.1944, Brigata Oltrepò Pavese
Aviere DELL’ACQUA Domenico, nato il 2.1.1921, morto il 28.4.1942
Aviere FERZETTI Vittorio, nato il 30.4.1921, morto il 16.6.1943
Fante FINI Pietro, 52.mo Regg., 81.mo Battagl., III Comp., nato il 30.6.1922, morto il 4.12.1942
Marin. FINO Luigi, nato il 14.1.1921, morto il 9.8.1943
Part. FRANCHI Carlo, nato il 12.12.1923, morto il 20.2.1945
Part. GATTA ing. Enzo, di Dino e Sacchetti Cesarina, nato a Milano il 4.8.1912, morto a Gusen (Mauthausen) il 28.3.1945
Part. GHIELMI Alberto, nato il 23.10.1916, morto il 29.4.1945
Art. GRASSO Elio, nato il 12.11.1918, morto l’11.1.1942
Fante LEONCAVALLO Carlo, nato il 6.11.1914, morto il 21.8.1942
Marin. MARCHESI Giuseppe, nato a Castelleone (CR) il 5.10.1920, morto nel Mar Mediterraneo il 14.4.1941
Marin. OLIVA Carlo, nato l’1.3.1923, morto il 25.2.1943
Aviere PANIGADA Luciano, nato l’8.3.1910, morto 3.10.1941
Marin. POLLINI Franco, nato il 15.8.1923, morto il 3.2.1943
Part. POZZONI Aldo, di Primo e di Mauri Maria, nato a Milano il 15.5.1909, caduto a Milano il 5.12.1944, appartenente alla 15.ma Brigata Garibaldi, II Divisione Moscatelli
Bers. SANTAMBROGIO Mario, nato il 10.12.1919, morto il 23.11.1940
Part. UGAGLIA Adolfo, nato a Rocca Grimalda il 4.2.1922, fucilato a Bandita Cassinelli (AL) il 27.3.1945, appartenente alle Brigate Giustizia e Libertà, VIII div. Gasparotto
Part. COMI Mario, nato il 30.10.1919, morto l’11.10.1940























domenica 6 febbraio 2022

2 febbraio 1945 - Per non dimenticare




Lettera ai Vimercatesi dopo la fucilazione

Vimercatesi,
un grave lutto vi ha colpiti! I criminali nazi-fascisti assetati di sangue hanno ancora una volta assassinato con sadica voluttà cinque purissimi figli della vostra bella e ridente cittadina.
Non sazi di aver compiuto il tremendo delitto, con una sfacciataggine che ripugna agli stessi delinquenti abituali, hanno voluto macchiare per sempre la loro lurida coscienza (se l’hanno), coll’affiggere manifesti in vari paesi vicini per attenuare (almeno speravano), il loro modo di agire, che supera per crudeltà il più cattivo degli animali: la “JENA”. Ma ciò non basta! I giornali che voi tutti in quei tristi giorni avete letto, hanno ancora voluto bollare quei nostri e vostri MARTIRI, con un accanimento e una ferocia veramente leonina, descrivendoli come dei banditi.
E ancora! I vostri repubblichini vimercatesi, non hanno esitato ad applaudire questo orrendo delitto consumato con premeditazione e perciò imperdonabile.
Noi ci uniamo a voi nel comune cordoglio, chiniamo la fronte e baciamo i nostri MARTIRI d’Italia con fierezza di italiani veri, quei MARTIRI che il nuovo destino ha scelto tra i vostri migliori figli e che sarà il vostro orgoglio del nostro sicuro domani.
A Voi cari MARTIRI che siete entrati all’alone della gloria, nel fulgore della vostra esuberante giovinezza, a Voi che madre natura aveva dato bellezza fisica e moralità superiore, a Voi che davanti ai carnefici che Vi condannavano cantaste gli inni della vera libertà e li faceste arrossire per tanta fierezza e coraggio dimostrato quando essi credevano di avervi annientati, va la nostra ammirazione. Così sanno morire i PATRIOTI, così son morti! Vimercatesi! Siate orgogliosi e fieri di questi cari morti, ricordate i loro nomi, scolpite nel cuore le loro bontà e il loro supremo sacrificio.

Allineati in una comune fossa. Aspettano l’ora che un altro li raggiunga, il primo caduto combattendo.
Egli a noi tutti sarà ricordato e onorato come solo gli EROI si ricordano e nell’aureola di gloria uniti per l’eternità li vedremo sorridere tutti assieme il giorno in cui spezzate le catene risplenderà sul nostro sacro suolo il sole della vera libertà.

W I MARTIRI VIMERCATESI
W L’ITALIA LIBERA

Alle famiglie dei congiunti il nostro più sincero cordoglio.
Febbraio 1945
Gruppo d’azione “patrioti”




Orazione funebre di don Enrico Assi

Miei cari indimenticabili
Gino, Emilio, Aldo, Luigi, Renato, Pierino, Giuseppe
È colla più viva commozione e con profondo tremore che io qui, davanti alle vostre salme, ho sillabato i vostri nomi in questo momento così solenne, dinnanzi a questo popolo che vi ha conosciuti e che ha pianto amaramente sulle vostre fiorenti giovinezze così tragicamente schiantate dal piombo degli oppressori.
Ecco: i vostri nomi hanno rievocato le vostre care fisionomie nella mente di tutti quelli che vi hanno conosciuti; hanno acceso un palpito di amore e di indicibile dolore nel cuore delle vostre mamme sconsolate, dei vostri papà, fratelli, sorelle, amici, di tutto questo popolo.
Noi cristiani che crediamo con una certezza superiore ad ogni dimostrazione all’immortalità dell’anima, sentiamo che voi siete misteriosamente presenti più vivi di quanto eravate vivi, la morte non vi ha distrutti, ma trasformati ed innalzati. Eravate dei ragazzi come tutti gli altri, siete stati ribelli, non vi siete rassegnati ad un ordine di cose che era tirannico in cui chi era in alto era vile e chi era in basso era avvilito.
Oggi dopo che la morte vi ha svestiti del bel velo del vostro corpo voi siete spiriti immortali, rappresentate l’idea del sacrificio, siete simbolo della libertà della Patria. Noi non avremmo mai osato rompere la solennità di questa ora che è sacra, con parole che hanno sempre sapore umano se non fosse stati per darvi l’estremo saluto, anche perché è cosa tanto difficile e delicata parlare ai Morti!
Io vi parlo - come compagno e sacerdote - a nome di tutto questo popolo, a nome di tutti i papà e le mamme di cui mi sento un poco figliolo, a nome dei giovani di cui mi sento fratello.
(...) Quanto ci ha consolato il sapere che non avete tremato di fronte alla morte, che vi siete confessati tutti e bene, la fede cristiana vi ha sostenuti e vi ha additati, oltre il misterioso passo della morte, un arcobaleno di pace e di serenità senza fine.
Siete caduti così nel fiore della vostra giovinezza per la Liberazione dell’Italia.
La pnmavera della Patria è giunta; ma voi che l’avete aspettata e preparata dormite nella solenne e maestosa immobilità della morte, ma le vostre ossa hanno esultato.
Oggi ricevete degna sepoltura qui nel nostro paese all’ombra dei nostri campanili.
Autorità e popolo sono raccolti pensosi attorno alle vostre salme, le nostre lacrime sono illuminate dal vostro sorriso. Voi che siete entrati nel lume di Dio pregate per le vostre mamme adorate, per i vostri cari, per il nostro paese, per la nostra Patria. Nulla è più difficile che far passare un popolo dal regime della fame a quello della vera libertà.
Noi non ci accontentiamo di tributarvi un’elemosina di gloria o un gentile omaggio di fiori; Voi potete aver bisogno delle nostre preghiere.
Mamme, papà, giovani che mi ascoltate, inchiniamoci riverenti e riconoscenti davanti alle spoglie mortali di questi nostri eroici Caduti per la Libertà. Davanti a Dio che ci vede, davanti ai nostri morti che ci ascoltano, noi giuriamo solennemente davanti alle gloriose salme di questi nostri figli e fratelli che noi diventeremo sempre più degni della libertà così duramente riconquistata con una vita umanamente irreprensibile, cristianamente fervorosa e militante.
La Patria non si salva col cambiare le istituzioni, la Patria si salva con cambiare la vita, il costume, il cuore! Sarà solamente nel nome Santo di Dio, che voi avete invocato nell’istante supremo, sarà solamente sulla base dei sacrosanti principi di Gesù crocefisso che voi avete baciato, che noi potremo ricostruire la Patria stretti e serrati in comunanza d’intenti ai sacri simboli della nostra fede.
Miei cari e indimenticabili compagni, riposate in pace, la vostra vita è troncata ma il vostro ideale continua.
Tutte le volte che noi pellegrineremo alle vostre tombe, noi ci ricorderemo del vostri sacrificio e del nostro impegno!






LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
6 febbraio 2022

Piazzale Martiri Vimercatesi
Vimercate










ex campo d'aviazione di Arcore
sul luogo della fucilazione dei Martiri vimercatesi















Cimitero di Vimercate