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sabato 25 marzo 2023

La Risiera di San Sabba


Giornata caratterizzata da una pioggia leggera, di quelle destinate a durare poco. In piazza Goldoni l'autobus numero 10 arriva puntuale. Una ventina di minuti dura il viaggio. Si scende alla penultima fermata (i monitor all'interno aiutano il viaggiatore), dopo il cimitero monumentale di Sant'Anna e dopo lo stadio dedicato al dio Balòn. All'ingresso ci viene chiesto di ammutolire la suoneria dei telefoni ...e di portare pazienza: oggi - come succede in periodo scolastico - i cortili e i locali dell'ex opificio per la lavorazione del riso ospitano comitive di studenti al seguito delle loro guide. Nessun problema. Acquisto un libretto (l'unico disponibile): 3 euro. La visita ha inizio. Subito a sinistra, ancora sotto il portico, vi è la cella destinata a chi era in attesa della morte - per gas, per impiccagione o per colpo di mazza sul cranio. A destra, nel cortile, una lastra di acciaio marca lo spazio dove sorgeva il forno crematorio. A sinistra vi è lo stanzone delle cellette, lunghe e alte 2 metri, larghe un metro e 20 - e qui dentro vi stavano anche 6 prigionieri. Scatto qualche fotografia, che qui propongo in ordine cronologico, rinviando al sito web ufficiale per ogni altra informazione.

Ha scritto Luigi Nacci:

Da Prosecco segui il sentiero 1, resta sul lato mare, attraversa il Bosco Fornace, il San Primo, passa accanto all’ex vedetta per la pesca dei tonni, che si è conclusa negli anni ’50, sei a Santa Croce, prosegui per il Bosco Babiza, svolta a destra per Aurisina, passa sotto l’autostrada, c’è la segnalazione per un cimitero austro-ungarico, vacci, è seminascosto, raccolto in una dolina, fa impressione, no? Pensa alla pomposità del Sacrario di Redipuglia. Prima, all’obelisco, non ti ho detto di un altro cimitero a pochi passi da te, quello militare tedesco, smantellato nel 1956, in cui erano stati sepolti i soldati morti a cavallo tra il 1944 e il 1945 nel Litorale Adriatico.
Lì era sepolto Christian Wirth, detto Christian il barbaro, uno che si mormora interrasse bambini vivi e girasse con un barattolo pieno di denti d’oro, SS che era stato comandante del lager di Bełżec, in cui erano state sperimentate le prime camere a gas, membro del programma Aktion T4 finalizzato all’eliminazione dei “malati inguaribili” nonché, prima di essere ucciso dai partigiani jugoslavi a Erpelle (una ventina di chilometri da dove ti trovi), a comando dei reparti speciali “Einsatzkommando” che avevano preso possesso della Risiera di San Sabba. Spostata nel cimitero veronese di Costermano, la sua salma è stata al centro di un caso di cronaca nel 1988, allorché il console generale tedesco di Milano si rifiutò di presenziare alle commemorazioni avendo scoperto che tra i nomi dei caduti figurava il suo. Scandalo, rimozione del console, cancellazione del nome nella cappella cimiteriale. Tutto risolto, no?
Non si pensi che le stragi siano avvenute solo da una parte. Molti dei tedeschi impegnati nella Battaglia di Opicina, una volta arresisi e, di fatto, consegnati ai partigiani jugoslavi dai neozelandesi, finirono nella vicina Foiba di Monrupino. Pure dall’altra parte del golfo, a Muggia, fecero una fine infausta i croati dell’Accademia di Marina fedeli all’ustaža Ante Pavelic, che costituivano una piccola guarnigione a difesa della costa. Pier Antonio Quarantotti Gambini, scrittore istriano di Pisino, amato da Saba, racconta in Primavera a Trieste che erano circa quattrocento «splendidi ragazzi, e anche educati», non avevano preso le armi contro i titini, anzi, al loro arrivo avevano fraternizzato. Molti erano dalmati, parlavano italiano, pensavano di essersela cavata, invece furono fucilati tutti come traditori alle Noghere, in un luogo, aggiungo io, dove c’erano state paludi, poi saline, vie di pellegrini, un aeroporto, un campo profughi per gli istriani dei Monti di Muggia che erano stati beffati all’ultimo secondo da una modifica (l’“Operazione Giardinaggio”) del Memorandum di Londra del 1954 e infine, oggi, un biotopo minacciato da una zona industriale. Quarantotti Gambini afferma nell’incipit del suo volume che «gli italiani, come troppe altre volte, scambiano per storico l’effimero. Gli italiani ammazzano Claretta, e non si accorgono che l’ala della storia batte sulle Alpi Giulie».

Il prima e il dopo lo trovate tra le pagine di Trieste selvatica, Editori Laterza.

Alle parole di Nacci aggiungo quelle scritte da Robert D. Kaplan in Adriatico. Un incontro di civiltà, Marsilio 2022:

La risiera di San Sabba si trova a una ventina di minuti dal centro: un memoriale eretto sul sito di un piccolo, infernale satellite del sistema di sterminio nazista. Un luogo tristemente famoso perché ospita ancora l’unico forno crematorio presente in Italia, dove migliaia di italiani, sloveni e croati furono uccisi e bruciati, e migliaia di ebrei furono confinati in celle luride e minuscole in attesa di essere deportati nei campi di sterminio della Polonia occupata dai tedeschi, o altrove. L’Adriatico nord-orientale e la zona all’ombra delle Alpi - formata da Trieste, Gorizia, Lubiana, Pola e Rijeka - costituivano una geografia dell’Olocausto a sé, sotto il diretto controllo tedesco, al contrario dell’Italia vera e propria, dove i nazisti operavano in accordo con il governo fascista di Mussolini. La conversione di questo ex impianto per la pilatura del riso ed ex campo di sterminio in monumento nazionale è di grande effetto: si avverte subito un senso di oppressione nel dover percorrere il passaggio lungo e stretto che, sfilando tra alte pareti di cemento, sfocia in un cortile delimitato da altre pareti che paiono estendersi all’infinito, dove gli spuntoni di una scultura in acciaio e la pavimentazione di metallo disegnano il profilo dell’area del forno crematorio. Nessuna decorazione, nessun simbolismo manifesto: solo dure pareti spoglie impossibili da scalare, che evocano il totale annientamento.
Ripenso alle parole di Hannah Arendt su Auschwitz e sugli altri campi di concentramento contenute nelle Origini del totalitarismo. L’autrice aveva intuito che i nazisti riuscivano a giustificare a se stessi la propria ideologia solo creando luoghi del genere. Auschwitz, e tutto quello che vi accadeva, era la fucina del nazionalsocialismo: è questo che lo rendeva reale, e da fatti del genere l’Europa centrale non si riprenderà mai.

LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
20 marzo 2023










































domenica 6 febbraio 2022

2 febbraio 1945 - Per non dimenticare




Lettera ai Vimercatesi dopo la fucilazione

Vimercatesi,
un grave lutto vi ha colpiti! I criminali nazi-fascisti assetati di sangue hanno ancora una volta assassinato con sadica voluttà cinque purissimi figli della vostra bella e ridente cittadina.
Non sazi di aver compiuto il tremendo delitto, con una sfacciataggine che ripugna agli stessi delinquenti abituali, hanno voluto macchiare per sempre la loro lurida coscienza (se l’hanno), coll’affiggere manifesti in vari paesi vicini per attenuare (almeno speravano), il loro modo di agire, che supera per crudeltà il più cattivo degli animali: la “JENA”. Ma ciò non basta! I giornali che voi tutti in quei tristi giorni avete letto, hanno ancora voluto bollare quei nostri e vostri MARTIRI, con un accanimento e una ferocia veramente leonina, descrivendoli come dei banditi.
E ancora! I vostri repubblichini vimercatesi, non hanno esitato ad applaudire questo orrendo delitto consumato con premeditazione e perciò imperdonabile.
Noi ci uniamo a voi nel comune cordoglio, chiniamo la fronte e baciamo i nostri MARTIRI d’Italia con fierezza di italiani veri, quei MARTIRI che il nuovo destino ha scelto tra i vostri migliori figli e che sarà il vostro orgoglio del nostro sicuro domani.
A Voi cari MARTIRI che siete entrati all’alone della gloria, nel fulgore della vostra esuberante giovinezza, a Voi che madre natura aveva dato bellezza fisica e moralità superiore, a Voi che davanti ai carnefici che Vi condannavano cantaste gli inni della vera libertà e li faceste arrossire per tanta fierezza e coraggio dimostrato quando essi credevano di avervi annientati, va la nostra ammirazione. Così sanno morire i PATRIOTI, così son morti! Vimercatesi! Siate orgogliosi e fieri di questi cari morti, ricordate i loro nomi, scolpite nel cuore le loro bontà e il loro supremo sacrificio.

Allineati in una comune fossa. Aspettano l’ora che un altro li raggiunga, il primo caduto combattendo.
Egli a noi tutti sarà ricordato e onorato come solo gli EROI si ricordano e nell’aureola di gloria uniti per l’eternità li vedremo sorridere tutti assieme il giorno in cui spezzate le catene risplenderà sul nostro sacro suolo il sole della vera libertà.

W I MARTIRI VIMERCATESI
W L’ITALIA LIBERA

Alle famiglie dei congiunti il nostro più sincero cordoglio.
Febbraio 1945
Gruppo d’azione “patrioti”




Orazione funebre di don Enrico Assi

Miei cari indimenticabili
Gino, Emilio, Aldo, Luigi, Renato, Pierino, Giuseppe
È colla più viva commozione e con profondo tremore che io qui, davanti alle vostre salme, ho sillabato i vostri nomi in questo momento così solenne, dinnanzi a questo popolo che vi ha conosciuti e che ha pianto amaramente sulle vostre fiorenti giovinezze così tragicamente schiantate dal piombo degli oppressori.
Ecco: i vostri nomi hanno rievocato le vostre care fisionomie nella mente di tutti quelli che vi hanno conosciuti; hanno acceso un palpito di amore e di indicibile dolore nel cuore delle vostre mamme sconsolate, dei vostri papà, fratelli, sorelle, amici, di tutto questo popolo.
Noi cristiani che crediamo con una certezza superiore ad ogni dimostrazione all’immortalità dell’anima, sentiamo che voi siete misteriosamente presenti più vivi di quanto eravate vivi, la morte non vi ha distrutti, ma trasformati ed innalzati. Eravate dei ragazzi come tutti gli altri, siete stati ribelli, non vi siete rassegnati ad un ordine di cose che era tirannico in cui chi era in alto era vile e chi era in basso era avvilito.
Oggi dopo che la morte vi ha svestiti del bel velo del vostro corpo voi siete spiriti immortali, rappresentate l’idea del sacrificio, siete simbolo della libertà della Patria. Noi non avremmo mai osato rompere la solennità di questa ora che è sacra, con parole che hanno sempre sapore umano se non fosse stati per darvi l’estremo saluto, anche perché è cosa tanto difficile e delicata parlare ai Morti!
Io vi parlo - come compagno e sacerdote - a nome di tutto questo popolo, a nome di tutti i papà e le mamme di cui mi sento un poco figliolo, a nome dei giovani di cui mi sento fratello.
(...) Quanto ci ha consolato il sapere che non avete tremato di fronte alla morte, che vi siete confessati tutti e bene, la fede cristiana vi ha sostenuti e vi ha additati, oltre il misterioso passo della morte, un arcobaleno di pace e di serenità senza fine.
Siete caduti così nel fiore della vostra giovinezza per la Liberazione dell’Italia.
La pnmavera della Patria è giunta; ma voi che l’avete aspettata e preparata dormite nella solenne e maestosa immobilità della morte, ma le vostre ossa hanno esultato.
Oggi ricevete degna sepoltura qui nel nostro paese all’ombra dei nostri campanili.
Autorità e popolo sono raccolti pensosi attorno alle vostre salme, le nostre lacrime sono illuminate dal vostro sorriso. Voi che siete entrati nel lume di Dio pregate per le vostre mamme adorate, per i vostri cari, per il nostro paese, per la nostra Patria. Nulla è più difficile che far passare un popolo dal regime della fame a quello della vera libertà.
Noi non ci accontentiamo di tributarvi un’elemosina di gloria o un gentile omaggio di fiori; Voi potete aver bisogno delle nostre preghiere.
Mamme, papà, giovani che mi ascoltate, inchiniamoci riverenti e riconoscenti davanti alle spoglie mortali di questi nostri eroici Caduti per la Libertà. Davanti a Dio che ci vede, davanti ai nostri morti che ci ascoltano, noi giuriamo solennemente davanti alle gloriose salme di questi nostri figli e fratelli che noi diventeremo sempre più degni della libertà così duramente riconquistata con una vita umanamente irreprensibile, cristianamente fervorosa e militante.
La Patria non si salva col cambiare le istituzioni, la Patria si salva con cambiare la vita, il costume, il cuore! Sarà solamente nel nome Santo di Dio, che voi avete invocato nell’istante supremo, sarà solamente sulla base dei sacrosanti principi di Gesù crocefisso che voi avete baciato, che noi potremo ricostruire la Patria stretti e serrati in comunanza d’intenti ai sacri simboli della nostra fede.
Miei cari e indimenticabili compagni, riposate in pace, la vostra vita è troncata ma il vostro ideale continua.
Tutte le volte che noi pellegrineremo alle vostre tombe, noi ci ricorderemo del vostri sacrificio e del nostro impegno!






LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
6 febbraio 2022

Piazzale Martiri Vimercatesi
Vimercate










ex campo d'aviazione di Arcore
sul luogo della fucilazione dei Martiri vimercatesi















Cimitero di Vimercate