Fino al 3 dicembre 2017 gli ambienti della Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano ospitano “100 anni. Scultura a Milano 1815 - 1915”, una
mostra che riesuma gessi e marmi rimasti sepolti nei depositi di Brera e non solo. Un’occasione unica per rimirare opere neglette, a cui aggiungere -
visto che il biglietto d’ingresso include sia l’uno che l’altro - le altre
sculture, i quadri, i soffitti e gli arredi di quella che fu la residenza del conte Lodovico Barbarano di Belgiojoso, poi Villa Reale.
Premetto: due settimane fa ero a Nogent-sur-Seine, in visita
al finalmente inaugurato Musée Camille Claudel (marzo 2017, con oltre due anni
di ritardo sulla data prevista). Il mio viaggio non si è limitato a questo: ho
avuto l’occasione di abitare le mura dell’ultima residenza terrena di Vincent
van Gogh, di recarmi a rendere omaggio alla tomba di Max Jacob e poi - nella bretone Pont-Aven - di prendere alloggio nella stessa stanza che fu di Paul Gauguin.
Al GAM sono quindi arrivato “carico” di emozioni non certo
banali e questo può aver influito nel mio giudizio sulle opere esposte: “quanta
accademia” è stato il mio primo commento. Ovunque statue - gessi e marmi - di
carattere chiesistico, coi soliti angeli, la solita Maddalena, i soliti Adamo
ed Eva e chi più ne ha più ne metta. Certo,
fare della scultura dava da mangiare solo se arrivavano le commesse e gli
scultori cercavano il loro mercato là dove questo esisteva: chiese, piazze,
giardini e cimiteri. L’arte per l’arte è roba da pochi - e di norma questi
pochi crepano di fame in vita, arricchiscono parenti e mercanti già un minuto
dopo la morte, meglio se in età giovanile e fumosamente tragica.
Rientro. Piano terra, prima sala. Leggo (a fatica) i titoli
dati alle statue e il collegamento con quanto vedo è immediato. Il cartello
dice “Eva dopo il peccato”. Analizzo il volto della “peccatrice” e a me pare
che più che addolorata per il grave danno arrecato ai posteri madame voglia dire: beh, per fortuna che Lui ha inventato anche il serpente, sennò sai che barba
stare qui tutto il giorno da sola con Adamo, senza cinema senza Tv senza Facebook.
A dar man forte a questo mio pensiero è un’altra composizione, che porta il titolo “La creazione di Adamo”. Esaminando
l’opera mi balza all’occhio la minuscola foglia messa a copertura della
virilità dell’uomo che il Dio proprio delle tribù giudaiche avrebbe creato “a
sua immagine e somiglianza”. Mi avvicino e guardo meglio: sì, è davvero
minuscola, già inadatta a coprire le pudenda dell’imperatore Bonaparte, noto
per il suo pene infantile: 45 mm a riposo, 61 mm in erezione hanno scritto i
medici.
Qui, Adamo è ancora lontano da queste misure, in negativo
ovviamente. E anche da questo comprendo il volto di “Eva dopo il peccato”. Non
ha tutti i torti la poveretta… Aggiungo: salito al primo piano eccomi davanti
ad una statua di “Eva tentata dal serpente” - e qui ho la piena conferma del
mio giocoso pensar bene: mica male il serpentello …e qui Eva mostra un viso già più
felice.
Comunque sia - messi in archivio Adamo, Eva e il suo amico serpente
- alla fine sono uscito dal GAM accaldato (eureka! quest’anno la municipalità
ha investito i nostri soldi per acquistare alcuni “pinguini” utili a
raffreddare qualche stanza) e contento: pochi euro, ma spesi bene.
LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
scattate il 7 giugno
2017
Maddalena, di Pompeo Marchesi, 1826-1831
Eva dopo il peccato, di Innocenzo Fraccaroli, 1861-1862
La creazione di Adamo, di Giuseppe Bayern, 1845
Faust e Margherita (Il bacio)
di Antonio Tantardini, 1861
Il sonno dell'innocenza, di Giosuè Argenti, 1861-64
Frine, di Francesco Barzaghi, 1872
Gioia, di Emilio Quadrelli, 1906
Caino, di Riccardo Ripamonti, 1894
Esaurimento, di Ernesto Bazzaro, 1894
L'ultimo Spartaco, di Riccardo Ripamonti, 1894
Eva tentata dal serpente, di Cincinnato Baruzzi, 1837
Venere, di Pompeo Marchesi, 1855
L'idolo, di Antonio Bezzola, ante 1890
Paolo e Francesca, di Alessandro Puttinati, 1863
Dea dei fiori, di Francesco Barzaghi, 1878
La leggitrice, di Pietro Magni, 1864 circa