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mercoledì 28 gennaio 2015

Santa Mustiola, a Chiusi


mail inviata il 10 luglio 2009

Oggi, passando all’esterno di un bar ho raccolto una copia di Vicenza Città “il quotidiano gratuito”. Non lo faccio quasi mai d’estate, più sovente d’inverno: la carta su cui sono stampate le notizie è la più adatta per pulire il vetro del mio caminetto. Il Corriere, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale - per citare alcuni dei più noti quotidiani italiani - non funzionano altrettanto bene; noblesse oblige.
Ne sfoglio le pagine velocemente, tanto son sempre le solite balle: i No Dal Molin, il verbo del vescovo, le bugie dei politicanti, la Finanza che ogni tanto “scopre” gente che da decenni vive e prospera esentasse sotto gli occhi di tutti. E poi tanta pubblicità, il sostegno economico di questa stampa “gratuita”. Insomma, si arriva in fretta alla fine. Oggi no: a pagina 20 un riquadro in grigio e arancio sgargiante attira la mia attenzione: “IL SANTO DEL GIORNO. Santi Ireneo e Mustiola, martiri del III secolo”. Fino a otto giorni fa quest’informazione sarebbe passata inosservata, ma non oggi, e se avete pazienza vi dico il perché.

* * *

2 luglio 2009. Lascio Firenze diretto a Tarquinia ma poi - come spesso mi accade - “qualcosa” mi spinge a deviare verso altre mète ed io non oppongo mai resistenza al mio sprogrammato destino. Se adesso “sento” che devo uscire al casello di Chiusi-Chianciano, così faccio. Cerco un posteggio - tanto poi riparto, mi dico - e mi avvio verso il centro. Poco prima del Museo Nazionale, a destra c’è la cattedrale di San Secondiano. Avrei tirato dritto per la mia strada se non che, davanti al campanile, eccoti un’ottagonale fonte battesimale. Mi fermo, le giro attorno, scatto delle foto. Alzo gli occhi: Ufficio del Turismo. Entro. Il ragazzo è gentile e mi dice che oggi è il mio giorno fortunato. Dopo anni e anni di chiusura causa restauri (un periodo di tempo pari a quello impiegato per costruire l’intera cattedrale di Chartres!), adesso la Tomba della Scimmia è stata riaperta al pubblico, visitabile in piccoli gruppi guidati e solo di giovedì. E oggi è proprio giovedì! M’interessa? Certo che sì! Subito lui telefona al vicinissimo Museo e chiede se vi sono posti liberi. Affermativo. Mi consiglia di andare subito a pagare il biglietto, transazione necessaria per entrare nel club dei privilegiati.
Prima di uscire m’informa che oggi iniziano le festività dedicate a santa Mustiola, con tanto di Messa alle ore 18 concelebrata da più sacerdoti; il vescovo, no: lui arriverà domani. Me ne farò una ragione.

Al Museo mi dicono che la visita guidata alla Tomba della Scimmia prevista per le ore 11 non è possibile: un inatteso Ispettore è appena arrivato da Firenze per una visita tecnica. Se voglio, una guida mi potrà accompagnare alle ore 16. Inutile combattere contro il destino: se “ha” deciso così, un motivo ci sarà. Mi adeguo e cerco un albergo per la notte. L’unico aperto in città esibisce una sola stella ma chiede 85 euro a notte, cappuccino e cornetto sotto plastica incluso; a Firenze per 75 euro ho alloggiato in un tre stelle: una suite con 48 mq di terrazza, parco alberato, piscina e prima colazione inclusa... Sento un certo non so che là dove di solito non mi batte il sole…

Dopopranzo rientro al Museo e lì ci resto fino alle 16, anche perché fuori fa un caldo torrido mentre qui è di un fresco... Conosco la signora che mi accompagnerà a visitare tre tombe e nell’attesa chiacchieriamo di arte, di etruschi e di quel ehm ehm arrivato da Firenze. Poi di nuovo: “oggi alle 18 ci sarà la messa.... etc etc”. E allora che mi si spieghi di questa santa e del suo rapporto con Chiusi, dico io. Lei mi racconta che in tempi romani, la giovin fanciulla aveva dedicato la sua verginità a Cristo. Tutto procede bene per la sua intonsa virtù finché dei perfidi Romani decidono che è giunto il tempo di toglierle le ragnatele. Decisa a tener fede al suo voto, Mustiola fugge, inseguita da quei maschiacci in fregola. Come da copione - sempre uguale, del resto, né più né meno lo stesso dei porno: visto uno... - ecco l’intoppo: davanti alla vergine vi sono le acque del Lago di Chiusi, alle sue spalle s’avvicinano gli imbranati predatori. Tutto è perduto, incluso l’onore? Certo che no: all’improvviso appare il terzo incomodo, che suggerisce un trucco alla sua pecorella: “Stendi il tuo mantello sulle acque e mettiti a camminare”. Lei esegue: appena toccata l’acqua il flaccido mantello s’indurisce - non è una mia insolente interpretazione: proprio con queste precise parole mi è stato raccontato - permettendo a Mustiola di porsi in salvo e questo perché man mano che lei camminava verso l’altra sponda anche il mantello si spostava sotto ai suoi piedi, creando un ponte mobile (o il tappeto navigante).

Un paio di altre signore si aggiungono a noi - non ci sono turisti, oggi, e il Museo è deserto. Aggiunge una: in periodo medievale - dunque un migliaio di anni dopo il miracolo - un vescovo “trovò” uno scheletro. Forte delle sue altolocate frequentazioni non ebbe dubbi e dichiarò: “è la vergine traghettatrice!”. Le ossa vennero solennemente introdotte in chiesa e poste sotto l’altare, nascoste da un pannello di legno affinché i fedeli potessero ammirare queste sante reliquie per tre giorni all’anno, giusto in occasione della Sua festa.
E oggi è il giorno dell’apertura. In chiesa. Alle 18.

* * *

Visito le tombe (quella della Scimmia è una patacca: il restaurato affresco si vede meglio in cartolina) e ritorno in città. Manca mezz’ora alle 18. Entro in chiesa. Il primo pilastro attira subito la mia attenzione: ad un’altezza “giusta” vi è un buco dai bordi lucidi. Vi infilo le dita della mano: lo stesso gesto che nel 1989 avevo fatto a Santiago de Compostela, imitando centinaia di migliaia di miei predecessori...
L’interno è a tre navate. Le pareti sono interamente ricoperte da mosaici che vorrebbero riportare all’epoca bizantina. Ma l’occhio allenato vede subito che qualcosa non quadra. Scopro infatti che è un finto mosaico, ma ci fa la sua bella figura. Ai lati del portale centrale due pietre ricordano forme leonine, ma coi leoni-tarasca - animali sovente raffigurati mentre mangiano uomini e per questo incaricati di proteggere l’ingresso dei templi, impedendo l’accesso ai demoni - questi non c’entrano proprio per niente: sono solo gli stipiti dell’antica facciata.
A sinistra del portone centrale vi è una colonna nera con un serpente arrotolato “a drago”; a destra, sempre su nera colonna, una croce. Un dejà-vu, per un milanese uso a spingersi in direzione di “quel vecchio là fuori di mano” più noto alle masse come Basilica di Sant’Ambrogio. A Milano il serpente-drago pare sia arrivato direttamente da Bisanzio. Temo che questo abbia fatto meno strada.

Sono lì che giro tra le colonne, annusando tempi e stili ed ecco che suonano campane e campanelle. Sono le 18. Il rito ha inizio. Dalla sacrestia escono quattro sacerdoti e quattro chierici bianco-rosso vestiti (i due colori della fecondità, poco adatti per una vergine), ma non si dirigono verso l’altare. Puntano invece all’ingresso; qui girano a destra per poi scendere restando nel mezzo della navata centrale. La classica circumnavigazione “oraria” vista fare (e fatta) migliaia di volte in India, Nepal, Tibet, Indonesia, Malaysia. Anche al Tempio di Gerusalemme i Leviti usavano girare intorno all’Arca. I musulmani lo fanno alla Mecca. I vescovi cattolici quando inaugurano una chiesa. Un rito arcaico (come le rogazioni) che riporta all’apparente girare del Sole intorno alla Terra: un rito solare per il culto di un dio solare.
Mi sposto in avanti, fino alla colonna più vicina all’altare. A poca distanza ho le autorità: i carabinieri e il sindaco. I quattro celebranti sono compresi nel loro sacro lavoro e non mi degnano d’attenzione. Ergo, pur sempre evitando di invadere il campo altrui, prendo a scattare foto. Il rito prevede l’iniziale scopertura della facciata dell’altare. Un paio di uomini staccano il pannello e davanti al suo pubblico si manifesta la cerulea vergine del lago. Inevitabile lo scroscio d’applausi, così tanto di moda in Italia che non lo si fa mancare neppure ai funerali; a me pare una bestialità, a meno che ...con l’applauso non si intenda manifestare la propria gioia nel vedere il caro estinto avviarsi alla tomba.
Sono preparato: al Museo le donne mi avevano raccontato di come un tempo si mostravano ai fedeli le sante ossa: “Da bimbetta mi facevano così tanta paura!”. Ma dal 2002 il teschio è ricoperto da una maschera che una luce azzurrina rende ancor più cadaverico: “Adesso fa ancora più impressione”.
Segue la messa, caratterizzata da continue elevazioni di braccia, una posa che riporta alle “figure oranti” graffite fin dai tempi remoti. Utilizzata dagli israeliti, questa ieratica postura trovò la sua naturale continuità nei riti cristiani; toccherà a Tertulliano e ad Origene richiamare i fedeli ad un uso più moderato, evitando di esasperare il gesto per dare maggior senso d’intimità alla preghiera. Qui, temo che i quattro concelebranti non abbiano confidenza con gli scritti dei citati Padri della loro Chiesa...

Tutto ha un principio, tutto ha una fine. Anche la Messa. Dopo un attimo di raccoglimento davanti all’incerato scheletro, gli otto lasciano l’altare dando via libera alla devozione locale. Ma devono affrettarsi, i fedeli, perché ai sacerdoti tocca l’impegno della cena con le autorità, seguita da un’altra fatica professionale: spostarsi di pochi chilometri e raggiungere le sponde del Lago, dove, ma solo dopo la loro benedizione, avranno inizio i fuochi artificiali.
Non volendo in nessun modo disturbare la devozione altrui, mi metto in disparte ed attendo che tutti i presenti portino il loro omaggio alla santa. Ad altare libero mi avvicino e vedo quel che da lontano mi era stato negato: a sinistra vi è un mosaico - questo si che è vero - resto di una pavimentazione romana. Ci giro attorno e trovo, proprio dietro l’altare, la scritta fatta apporre dal probabile proprietario della villa che qui sorgeva: Partenio Macario.
Faccio appena in tempo a scattare qualche immagine del pavimento che subito la cattedrale precipita nel buio: i sacerdoti, uscendo, spengono sempre le luci. Non mi resta che accodarmi a loro verso la porta. Solo la fioca luce emessa dalla teca con lo scheletro della santa illumina il mio cammino. È il momento di dirle addio: al ristorante ho prenotato un tavolo per le ore venti.

PS: il giorno dopo ho raccolto un dépliant illustrativo della cattedrale e del miracolo della santa. Vi leggo:

CATTEDRALE DI S. SECONDIANO
Chiesa paleocristiana (VI secolo)

Per illuminare la Cattedrale è possibile usufruire della gettoniera
all’entrata della porta laterale sinistra. Attenzione agli scalini!!!

CRISTIANESIMO A CHIUSI
E NASCITA DELLA CATTEDRALE

Il cristianesimo è presente a Chiusi fin dal sec. III come risulta dalle due catacombe dette di S. Mustiola e di S. Caterina, che risalgono a tale epoca. La comunità cristiana chiusina, probabilmente fin dal tempo delle per­secuzioni, si riuniva per la celebrazione dei divini miste­ri nelle catacombe e nella casa di qualche fratello di fede. Di quella antica “domus ecclesiae” e rimasta una traccia nel pavimento di un antico edificio ritrovato nei recenti scavi. Parte del pavimento ritrovato e posto adesso intorno all’altare maggiore, porta il nome del probabile proprietario “Partenio Macario”.
Questa primitiva basilica cristiana fu distrutta durante la guerra gotico-bizantina (535-553) che non risparmiò tanti altri edifici della città di Chiusi. Passata la bufera il vescovo chiusino Florentino, tra il 554 e il 560, fece ricostruire la basilica-cattedrale che fino ad oggi conser­va sostanzialmente l’originaria architettura. Lo stile della cattedrale è sicuramente paleocristiano, ultima espressione dell’arte romana con gli influssi dell’arte bizantina che negli stessi anni costruì a Ravenna le chiese di S. Apollinare e S. Vitale. La facciata, come oggi la vediamo, è il risultato dei restauri effettuati tra il 1881 e il 1894. Infatti il vescovo Pannilini fece una serie di interventi per adattarla al suo tempo. Tra questi fu aggiunta una nuova orchestra che ha obbligato a tra­sformare la facciata con l’aggiunta del Pronao. Del por­tale centrale rimangono solo gli stipiti laterali.
La dedica a S. Secondiano, nobile romano martirizzato a Centocelle, il cui corpo fu trasferito a Tuscania, non è chiaramente spiegabile se non con una particolare devozione a questo martire da parte del vescovo Florentino.
Diciotto colonne, di cui poche in travertino e le più in marmi pregiati, sorreggono le arcate dividendo la nava­ta centrale da quelle laterali. Provenienti da vari edifici della città distrutta, queste colonne sono di diversa altezza e dimensione e sormontate da capitelli di ordine ionico e corinzio. Sopra i capitelli vi sono i pulvini di adattamento e in alcuni di essi vi è la presenza di rudi­mentali bassorilievi che hanno un alto valore di simbo­lismo cristiano (per maggiori informazioni, consultare il testo di Onedo Meacci). In un pulvino posto sotto la terza colonna di sinistra, è la memoria del vescovo Florentino che fece costruire la cattedrale. Nelle pareti delle navate laterali sono murate varie iscrizioni e collo­cati alcuni frammenti di antichi sacri monumenti.
Sull’abside e sulle pareti della navata centrale e del transetto si trova un finto mosaico eseguito nel XIX sec. dal pittore senese Arturo Viligiardi che per la decorazio­ne fu coadiuvato dal un altro senese, Loli Piccolomini. Il dipinto dell’abside, ispirato ai mosaici della Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, porta la data 1892; quello a destra, raffigurante la martire Orsola, fu eseguito due anni più tardi.
Ai lati della navata centrale ci sono due Cappelle. A destra la Cappella della Madonna e S. Caterina da Siena (con affresco raffigurante la Santa senese che impara miracolosamente a leggere e scrivere). L’affresco è sempre del pittore A. Viligiardi, mentre la cappella fu costruita agli inizi del sec. XVII dal Vescovo Alfonso Petrucci che sotto il pavimento volle la sua tomba.
Altri vescovi hanno avuto sepoltura in questa cappella. L’ultimo che vi ha trovato riposo è il vescovo Mons. Carlo Baldini.
A sinistra c’è la cappella del SS.mo Sacramento, eretta dal Vescovo Mons. Pannilini agli inizi del sec. XIX. Interessante il quadro sull’altare con la Natività di Cristo tra i santi Secondiano e Girolamo, opera del pit­tore senese Bernardino Fungai nato nel 1460 e morto nel 1516.

LA SPIRITUALITÀ NELLA COMUNITÀ
DI CHIUSI HA UN NOME: S. MUSTIOLA

Oltre l’arte e la sua antica origine, la Cattedrale di Chiusi è illuminata dalla presenza dello spirito e del corpo di una santa che, agli albori del cristianesimo, ha testimoniato con il sangue la fede e l’amore per Cristo: Mustiola. La storia di questa giovane nobile romana è interessante perché testimonia l’impatto che i primi cristiani dovettero affrontare con il paganesimo e la presunta divinità attribuita agli imperatori romani. Mustiola, infatti, fuggita da Roma a causa della perse­cuzione dell’imperatore Aureliano, si rifugiò, attraverso varie peripezie, nella vicina Chiusi dove esisteva già una viva comunità cristiana. Essa divenne, per questa comunità luce e conforto sia spirituale che materiale poiché si prodigava nella carità soprattutto verso i biso­gnosi e i carcerati. Scoperto dai suoi nemici il luogo dove si era rifugiata, venne catturata, processata e ucci­sa con le piombate nella piazza di Chiusi nell’anno 274. Fu sepolta nella catacomba che dista 2 chilometri dal centro storico e che in seguito prese il suo nome. La venerazione per questa Santa Martire non si è mai interrotta durante tutti questi secoli. Anzi si è estesa in tante parti d’Italia, da Milano a Pescara dove esiste anche oggi la cattedrale intitolata a lei. Tante Chiese, sparse nel territorio italiano, sono dedicate a lei e por­tano i segni della sua presenza nelle pitture e nelle scul­ture. Il suo corpo, dopo la traslazione fatta dal Vescovo Pannilini nel 1784 dalla omonima basilica cimiteriale al Duomo, adesso è posto sotto l’altare maggiore e viene esposto al pubblico una volta all’anno in occasione dei festeggiamenti che vengono fatti in suo onore il 3 di luglio. Durante l’ultima ricognizione avvenuta il 16 marzo 2002, è stato fatto un intervento sul teschio della santa martire, ricostruendo il suo volto con la probabi­lità del 90% di come lo hanno veduto i suoi contempo­ranei. Questa tecnica di ricostruzione è stata ideata e realizzata dal prof. Mallegni, paleoantropologo dell’Università di Pisa. Chi desiderasse avere maggiori informazioni su questa ricostruzione, può usufruire dell’opuscolo “Santa Mustiola, martire cristiana del III secolo” che illustra l’intervento eseguito sul suo corpo.

* * *

Come si vede, l’attuale interpretazione ecclesiastica del “miracolo” della santa è totalmente diversa da quella raccontatami a voce dalle popolane.
Come scrisse George Bernard Shaw (1856-1950), “esistono cinque tipi di bugie: la bugia semplice, le previsioni del tempo, la statistica, la bugia diplomatica e il comunicato ufficiale”.

© Testo e fotografie di Giancarlo Mauri