mail inviata il 10
luglio 2009
Oggi, passando all’esterno di un bar ho
raccolto una copia di Vicenza Città
“il quotidiano gratuito”. Non lo faccio quasi mai d’estate, più sovente
d’inverno: la carta su cui sono stampate le notizie è la più adatta per pulire
il vetro del mio caminetto. Il Corriere,
La Repubblica, La Stampa, Il Giornale - per citare alcuni dei più noti
quotidiani italiani - non funzionano altrettanto bene; noblesse oblige.
Ne sfoglio le pagine velocemente, tanto son
sempre le solite balle: i No Dal
Molin, il verbo del vescovo, le bugie dei politicanti, la Finanza che ogni
tanto “scopre” gente che da decenni vive e prospera esentasse sotto gli occhi
di tutti. E poi tanta pubblicità, il sostegno economico di questa stampa
“gratuita”. Insomma, si arriva in fretta alla fine. Oggi no: a pagina 20 un
riquadro in grigio e arancio sgargiante attira la mia attenzione: “IL SANTO DEL
GIORNO. Santi Ireneo e Mustiola, martiri del III secolo”. Fino a otto giorni fa
quest’informazione sarebbe passata inosservata, ma non oggi, e se avete
pazienza vi dico il perché.
* * *
2 luglio 2009. Lascio Firenze diretto a
Tarquinia ma poi - come spesso mi accade - “qualcosa” mi spinge a deviare verso
altre mète ed io non oppongo mai resistenza al mio sprogrammato destino. Se
adesso “sento” che devo uscire al casello di Chiusi-Chianciano, così faccio. Cerco
un posteggio - tanto poi riparto, mi dico - e mi avvio verso il centro. Poco
prima del Museo Nazionale, a destra c’è la cattedrale di San Secondiano. Avrei
tirato dritto per la mia strada se non che, davanti al campanile, eccoti un’ottagonale
fonte battesimale. Mi fermo, le giro attorno, scatto delle foto. Alzo gli
occhi: Ufficio del Turismo. Entro. Il ragazzo è gentile e mi dice che oggi è il
mio giorno fortunato. Dopo anni e anni di chiusura causa restauri (un periodo
di tempo pari a quello impiegato per costruire l’intera cattedrale di Chartres!),
adesso la Tomba della Scimmia è stata
riaperta al pubblico, visitabile in piccoli gruppi guidati e solo di giovedì. E oggi
è proprio giovedì! M’interessa? Certo che sì! Subito lui telefona al vicinissimo Museo
e chiede se vi sono posti liberi. Affermativo. Mi consiglia di andare subito a
pagare il biglietto, transazione necessaria per entrare nel club dei privilegiati.
Prima di uscire m’informa che oggi iniziano le
festività dedicate a santa Mustiola, con tanto di Messa alle ore 18
concelebrata da più sacerdoti; il vescovo, no: lui arriverà domani. Me ne farò
una ragione.
Al Museo mi dicono che la visita guidata alla Tomba della Scimmia prevista per le ore
11 non è possibile: un inatteso Ispettore è appena arrivato da Firenze per una
visita tecnica. Se voglio, una guida mi potrà accompagnare alle ore 16. Inutile
combattere contro il destino: se “ha” deciso così, un motivo ci sarà. Mi adeguo
e cerco un albergo per la notte. L’unico aperto in città esibisce una sola
stella ma chiede 85 euro a notte, cappuccino e cornetto sotto plastica incluso;
a Firenze per 75 euro ho alloggiato in un tre stelle: una suite con 48 mq di
terrazza, parco alberato, piscina e prima colazione inclusa... Sento un certo non
so che là dove di solito non mi batte il sole…
Dopopranzo rientro al Museo e lì ci resto fino
alle 16, anche perché fuori fa un caldo torrido mentre qui è di un fresco...
Conosco la signora che mi accompagnerà a visitare tre tombe e nell’attesa
chiacchieriamo di arte, di etruschi e di quel ehm ehm arrivato da Firenze. Poi di nuovo: “oggi alle 18 ci sarà la
messa.... etc etc”. E allora che mi si spieghi di questa santa e del suo
rapporto con Chiusi, dico io. Lei mi racconta che in tempi romani, la giovin
fanciulla aveva dedicato la sua verginità a Cristo. Tutto procede bene per la
sua intonsa virtù finché dei perfidi Romani decidono che è giunto il tempo di toglierle le ragnatele. Decisa a tener
fede al suo voto, Mustiola fugge, inseguita da quei maschiacci in fregola. Come
da copione - sempre uguale, del resto, né più né meno lo stesso dei porno:
visto uno... - ecco l’intoppo: davanti alla vergine vi sono le acque del Lago
di Chiusi, alle sue spalle s’avvicinano gli imbranati predatori. Tutto è
perduto, incluso l’onore? Certo che no: all’improvviso appare il terzo incomodo,
che suggerisce un trucco alla sua pecorella: “Stendi il tuo mantello sulle
acque e mettiti a camminare”. Lei esegue: appena toccata l’acqua il flaccido
mantello s’indurisce - non è una mia insolente interpretazione: proprio con
queste precise parole mi è stato raccontato - permettendo a Mustiola di porsi in salvo
e questo perché man mano che lei camminava verso l’altra sponda anche il
mantello si spostava sotto ai suoi piedi, creando un ponte mobile (o il tappeto
navigante).
Un paio di altre signore si aggiungono a noi -
non ci sono turisti, oggi, e il Museo è deserto. Aggiunge una: in periodo
medievale - dunque un migliaio di anni dopo il miracolo - un vescovo “trovò”
uno scheletro. Forte delle sue altolocate frequentazioni non ebbe dubbi e
dichiarò: “è la vergine traghettatrice!”. Le ossa vennero solennemente
introdotte in chiesa e poste sotto l’altare, nascoste da un pannello di legno
affinché i fedeli potessero ammirare queste sante reliquie per tre giorni all’anno, giusto in occasione della Sua festa.
E oggi è il giorno dell’apertura. In chiesa.
Alle 18.
* * *
Visito le tombe (quella della Scimmia è una patacca: il restaurato affresco
si vede meglio in cartolina) e ritorno in città. Manca mezz’ora alle 18. Entro
in chiesa. Il primo pilastro attira subito la mia attenzione: ad un’altezza
“giusta” vi è un buco dai bordi lucidi. Vi infilo le dita della mano: lo stesso
gesto che nel 1989 avevo fatto a Santiago de Compostela, imitando centinaia di
migliaia di miei predecessori...
L’interno è a tre navate. Le pareti sono interamente
ricoperte da mosaici che vorrebbero riportare all’epoca bizantina. Ma l’occhio
allenato vede subito che qualcosa non quadra. Scopro infatti che è un finto
mosaico, ma ci fa la sua bella figura. Ai lati del portale centrale due pietre
ricordano forme leonine, ma coi leoni-tarasca - animali sovente raffigurati
mentre mangiano uomini e per questo incaricati di proteggere l’ingresso dei
templi, impedendo l’accesso ai demoni - questi non c’entrano proprio per niente:
sono solo gli stipiti dell’antica facciata.
A sinistra del portone centrale vi è una
colonna nera con un serpente arrotolato “a drago”; a destra, sempre su nera
colonna, una croce. Un dejà-vu, per
un milanese uso a spingersi in direzione di “quel vecchio là fuori di mano” più
noto alle masse come Basilica di Sant’Ambrogio. A Milano il serpente-drago pare
sia arrivato direttamente da Bisanzio. Temo che questo abbia fatto meno strada.
Sono lì che giro tra le colonne, annusando
tempi e stili ed ecco che suonano campane e campanelle. Sono le 18. Il rito ha
inizio. Dalla sacrestia escono quattro sacerdoti e quattro chierici
bianco-rosso vestiti (i due colori della fecondità, poco adatti per una vergine), ma non si dirigono verso
l’altare. Puntano invece all’ingresso; qui girano a destra per poi scendere
restando nel mezzo della navata centrale. La classica circumnavigazione “oraria”
vista fare (e fatta) migliaia di volte in India, Nepal, Tibet, Indonesia,
Malaysia. Anche al Tempio di Gerusalemme i Leviti usavano girare intorno
all’Arca. I musulmani lo fanno alla Mecca. I vescovi cattolici quando
inaugurano una chiesa. Un rito arcaico (come le rogazioni) che riporta
all’apparente girare del Sole intorno alla Terra: un rito solare per il culto
di un dio solare.
Mi sposto in avanti, fino alla colonna più
vicina all’altare. A poca distanza ho le autorità: i carabinieri e il sindaco.
I quattro celebranti sono compresi nel loro sacro lavoro e non mi degnano
d’attenzione. Ergo, pur sempre evitando di invadere il campo altrui, prendo a
scattare foto. Il rito prevede l’iniziale scopertura della facciata
dell’altare. Un paio di uomini staccano il pannello e davanti al suo pubblico
si manifesta la cerulea vergine del lago. Inevitabile lo scroscio d’applausi,
così tanto di moda in Italia che non lo si fa mancare neppure ai funerali; a me
pare una bestialità, a meno che ...con l’applauso non si intenda manifestare la
propria gioia nel vedere il caro estinto avviarsi alla tomba.
Sono preparato: al Museo le donne mi avevano
raccontato di come un tempo si mostravano ai fedeli le sante ossa: “Da bimbetta
mi facevano così tanta paura!”. Ma dal 2002 il teschio è ricoperto da una
maschera che una luce azzurrina rende ancor più cadaverico: “Adesso fa ancora
più impressione”.
Segue la messa, caratterizzata da continue
elevazioni di braccia, una posa che riporta alle “figure oranti” graffite fin
dai tempi remoti. Utilizzata dagli israeliti, questa ieratica postura trovò la
sua naturale continuità nei riti cristiani; toccherà a Tertulliano e ad Origene
richiamare i fedeli ad un uso più moderato, evitando di esasperare il gesto per
dare maggior senso d’intimità alla preghiera. Qui, temo che i quattro concelebranti
non abbiano confidenza con gli scritti dei citati Padri della loro Chiesa...
Tutto ha un principio, tutto ha una fine. Anche
la Messa. Dopo un attimo di raccoglimento davanti all’incerato scheletro, gli
otto lasciano l’altare dando via libera alla devozione locale. Ma devono
affrettarsi, i fedeli, perché ai sacerdoti tocca l’impegno della cena con le
autorità, seguita da un’altra fatica professionale: spostarsi di pochi
chilometri e raggiungere le sponde del Lago, dove, ma solo dopo la loro benedizione,
avranno inizio i fuochi artificiali.
Non volendo in nessun modo disturbare la
devozione altrui, mi metto in disparte ed attendo che tutti i presenti portino
il loro omaggio alla santa. Ad altare libero mi avvicino e vedo quel che da lontano
mi era stato negato: a sinistra vi è un mosaico - questo si che è vero - resto
di una pavimentazione romana. Ci giro attorno e trovo, proprio dietro l’altare,
la scritta fatta apporre dal probabile proprietario della villa che qui sorgeva:
Partenio Macario.
Faccio appena in tempo a scattare qualche
immagine del pavimento che subito la cattedrale precipita nel buio: i
sacerdoti, uscendo, spengono sempre le luci. Non mi resta che accodarmi a loro
verso la porta. Solo la fioca luce emessa dalla teca con lo scheletro della
santa illumina il mio cammino. È il momento di dirle addio: al ristorante ho
prenotato un tavolo per le ore venti.
PS: il giorno dopo ho
raccolto un dépliant illustrativo della cattedrale e del miracolo della santa. Vi
leggo:
CATTEDRALE
DI S. SECONDIANO
Chiesa
paleocristiana (VI secolo)
Per illuminare la Cattedrale è possibile
usufruire della gettoniera
all’entrata della porta laterale sinistra. Attenzione
agli scalini!!!
CRISTIANESIMO
A CHIUSI
E NASCITA
DELLA CATTEDRALE
Il cristianesimo
è presente a Chiusi fin dal sec. III come risulta dalle due catacombe dette di
S. Mustiola e di S. Caterina, che risalgono a tale epoca. La comunità cristiana
chiusina, probabilmente fin dal tempo delle persecuzioni, si riuniva per la
celebrazione dei divini misteri nelle catacombe e nella casa di qualche
fratello di fede. Di quella antica “domus ecclesiae” e rimasta una traccia nel
pavimento di un antico edificio ritrovato nei recenti scavi. Parte del
pavimento ritrovato e posto adesso intorno all’altare maggiore, porta il nome
del probabile proprietario “Partenio Macario”.
Questa
primitiva basilica cristiana fu distrutta durante la guerra gotico-bizantina
(535-553) che non risparmiò tanti altri edifici della città di Chiusi. Passata
la bufera il vescovo chiusino Florentino, tra il 554 e il 560, fece ricostruire
la basilica-cattedrale che fino ad oggi conserva sostanzialmente l’originaria
architettura. Lo stile della cattedrale è sicuramente paleocristiano, ultima
espressione dell’arte romana con gli influssi dell’arte bizantina che negli
stessi anni costruì a Ravenna le chiese di S. Apollinare e S. Vitale. La
facciata, come oggi la vediamo, è il risultato dei restauri effettuati tra il
1881 e il 1894. Infatti il vescovo Pannilini fece una serie di interventi per
adattarla al suo tempo. Tra questi fu aggiunta una nuova orchestra che ha
obbligato a trasformare la facciata con l’aggiunta del Pronao. Del portale
centrale rimangono solo gli stipiti laterali.
La dedica
a S. Secondiano, nobile romano martirizzato a Centocelle, il cui corpo fu
trasferito a Tuscania, non è chiaramente spiegabile se non con una particolare
devozione a questo martire da parte del vescovo Florentino.
Diciotto
colonne, di cui poche in travertino e le più in marmi pregiati, sorreggono le
arcate dividendo la navata centrale da quelle laterali. Provenienti da vari
edifici della città distrutta, queste colonne sono di diversa altezza e
dimensione e sormontate da capitelli di ordine ionico e corinzio. Sopra i
capitelli vi sono i pulvini di adattamento e in alcuni di essi vi è la presenza
di rudimentali bassorilievi che hanno un alto valore di simbolismo cristiano
(per maggiori informazioni, consultare il testo di Onedo Meacci). In un pulvino
posto sotto la terza colonna di sinistra, è la memoria del vescovo Florentino
che fece costruire la cattedrale. Nelle pareti delle navate laterali sono
murate varie iscrizioni e collocati alcuni frammenti di antichi sacri
monumenti.
Sull’abside
e sulle pareti della navata centrale e del transetto si trova un finto mosaico
eseguito nel XIX sec. dal pittore senese Arturo Viligiardi che per la decorazione
fu coadiuvato dal un altro senese, Loli Piccolomini. Il dipinto dell’abside,
ispirato ai mosaici della Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, porta la data
1892; quello a destra, raffigurante la martire Orsola, fu eseguito due anni più
tardi.
Ai lati
della navata centrale ci sono due Cappelle. A destra la Cappella della Madonna
e S. Caterina da Siena (con affresco raffigurante la Santa senese che impara
miracolosamente a leggere e scrivere). L’affresco è sempre del pittore A. Viligiardi,
mentre la cappella fu costruita agli inizi del sec. XVII dal Vescovo Alfonso
Petrucci che sotto il pavimento volle la sua tomba.
Altri
vescovi hanno avuto sepoltura in questa cappella. L’ultimo che vi ha trovato
riposo è il vescovo Mons. Carlo Baldini.
A
sinistra c’è la cappella del SS.mo Sacramento, eretta dal Vescovo Mons.
Pannilini agli inizi del sec. XIX. Interessante il quadro sull’altare con la
Natività di Cristo tra i santi Secondiano e Girolamo, opera del pittore senese
Bernardino Fungai nato nel 1460 e morto nel 1516.
LA
SPIRITUALITÀ NELLA COMUNITÀ
DI CHIUSI
HA UN NOME: S. MUSTIOLA
Oltre
l’arte e la sua antica origine, la Cattedrale di Chiusi è illuminata dalla
presenza dello spirito e del corpo di una santa che, agli albori del
cristianesimo, ha testimoniato con il sangue la fede e l’amore per Cristo:
Mustiola. La storia di questa giovane nobile romana è interessante perché
testimonia l’impatto che i primi cristiani dovettero affrontare con il
paganesimo e la presunta divinità attribuita agli imperatori romani. Mustiola,
infatti, fuggita da Roma a causa della persecuzione dell’imperatore Aureliano,
si rifugiò, attraverso varie peripezie, nella vicina Chiusi dove esisteva già
una viva comunità cristiana. Essa divenne, per questa comunità luce e conforto
sia spirituale che materiale poiché si prodigava nella carità soprattutto verso
i bisognosi e i carcerati. Scoperto dai suoi nemici il luogo dove si era
rifugiata, venne catturata, processata e uccisa con le piombate nella piazza
di Chiusi nell’anno 274. Fu sepolta nella catacomba che dista 2 chilometri dal
centro storico e che in seguito prese il suo nome. La venerazione per questa
Santa Martire non si è mai interrotta durante tutti questi secoli. Anzi si è
estesa in tante parti d’Italia, da Milano a Pescara dove esiste anche oggi la
cattedrale intitolata a lei. Tante Chiese, sparse nel territorio italiano, sono
dedicate a lei e portano i segni della sua presenza nelle pitture e nelle sculture.
Il suo corpo, dopo la traslazione fatta dal Vescovo Pannilini nel 1784 dalla
omonima basilica cimiteriale al Duomo, adesso è posto sotto l’altare maggiore e
viene esposto al pubblico una volta all’anno in occasione dei festeggiamenti
che vengono fatti in suo onore il 3 di luglio. Durante l’ultima ricognizione
avvenuta il 16 marzo 2002, è stato fatto un intervento sul teschio della santa
martire, ricostruendo il suo volto con la probabilità del 90% di come lo hanno
veduto i suoi contemporanei. Questa tecnica di ricostruzione è stata ideata e
realizzata dal prof. Mallegni, paleoantropologo dell’Università di Pisa. Chi
desiderasse avere maggiori informazioni su questa ricostruzione, può usufruire
dell’opuscolo “Santa Mustiola, martire cristiana del III secolo” che illustra
l’intervento eseguito sul suo corpo.
* * *
Come si vede, l’attuale interpretazione
ecclesiastica del “miracolo” della santa è totalmente diversa da quella
raccontatami a voce dalle popolane.
Come scrisse George Bernard Shaw (1856-1950), “esistono
cinque tipi di bugie: la bugia semplice, le previsioni del tempo, la
statistica, la bugia diplomatica e il comunicato ufficiale”.
© Testo e fotografie di Giancarlo Mauri