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lunedì 6 marzo 2023

Sentiero Alto della Val Blenio


Ancora Svizzera, ancora Canton Ticino, comodo perché è il più vicino a casa e perché qui si parla italiano. Anzi: qui si è conservata la parlata milanese, retaggio dei tempi in cui queste terre erano parte del Ducato di Milano.



Stavolta ci prendiamo più tempo - siamo pur sempre in gita con un bambino -, quindi spalmiano il tutto su quattro giornate estive.
Il 31 luglio 1985 ci rivede alla stazione ferroviaria di Biasca, punto di partenza del “solito” treno per Ambri-Piotta e da qui con la funicolare in breve si è al Lago Ritom. È pomeriggio inoltrato, quindi la sosta alla Capanna Cadagno, 1986 m, è d’obbligo.






Prima di partire avevo fatto un giro di telefonate per avere certezza dell’apertura delle capanne, punti di sosta dove trovare cibo e alloggio per la notte. Le risposte ottenute collimano: le capanne di Pian Daios e di Alpe Cambra sono chiuse, quindi devo studiare un itinerario alternativo che tenga conto delle esigenze di Marco, un bambino di 11 anni d’età. Da qui la decisione di abbandonare il sentiero a Frodalera, 1748 m, e raggiungere il fondovalle all’altezza di Camperio, 1223 m, dove vi sono camere per la notte.
























Il 2 agosto 1985 inizia con la risalita in direzione dell’abbandonato sentiero Alto della Val Blenio, stavolta passando per Monte di Gorda, 1779 m, e per Alpe di Campo, 1950 m. L’Ostello Püsced, 1509 m, meta di questa giornata ci riserva un’amara sorpresa: malgrado le assicurazioni ricevute, noi troviamo le porte aperte ma nessun custode. La cucina non è in funzione, il cibo manca e noi - fidandoci delle parole “svizzere” …non ci siamo caricati troppi viveri in spalla. Ma c’è di più e di peggio: al nostro arrivo un’allegra comitiva di famiglie con bambini siede attorno al lungo tavolo di legno esibendo cibo e bevande a volontà. È tutta gente del luogo, residenti nei paesi a valle, qui saliti per una festa con sosta notturna. Noi chiediamo se vi sono possibilità di acquistare del cibo, loro rispondono che no, non ci sono rivendite. Chiedo se ci possono vendere una minima parte di quanto da loro esposto sulla tavola: risposta negativa. Esco e trovo un uomo che abita una baita vicino all’Ostello. Chiedo se ha del cibo da vendermi. Lui tentenna, mi racconta che i viveri arrivano con l’elicottero e tant’altro. Alla fine mi vende un “cacciatorino”, un piccolo salame di un paio d’etti, che pago al prezzo dell’oro. Nel frattempo, dentro all’Ostello la numerosa combriccola mangia, beve, canta: è casa loro, non la nostra. Alla fine si va tutti a dormire.















Il quarto giorno prevede il rientro. A valle del Püsced troviamo piante di mirtilli, che affamati saccheggiamo. Cenzo (Cens), 1180 m, è il primo abitato che incontriamo. Raccontiamo ad alcune signore la disavventura della sera precedente. Inorridiscono: “non vi hanno dato niente da mangiare, neppure al bambino?” e subito scatta una gara di solidarietà. Ben presto siamo seduti davanti ad una ricca colazione con latte, caffè, pane, burro e marmellate varie. Biasca è il punto d’arrivo del Sentiero Alto, ma anche il punto di partenza per il ritorno a casa.











Tempo dopo sono all’ufficio del turismo svizzero di Milano, dove racconto che il dépliant da loro distribuito è inesatto: nessuna capanna-ostello è aperta, quindi i viandanti devono caricarsi di cibi e bevande. L’impiegata ne prende atto, ma niente può fare: ormai i foglietti sono stampati… Esco “imparato” che anche degli svizzeri non ci si deve fidare. Strano ma vero, sbagliano pure loro - e vista la fama creata dal loro marketing, i loro errori pesano molto di più dei nostri.
Ma eravamo nel 1985, non oggi, quindi tanti anni sono passati e vi è stato tutto il tempo per rimediare, anche in peggio volendolo fare.