GENTE DI VAL CODERA
Questo scritto è stato pubblicato su Vertice
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Annuario della Sezione CAI di
Valmadrera
numero 24, anno 2009
qui riproposto
in ricordo di
LUIGI BIAVASCHI
LUIGI BIAVASCHI
già custode della Capanna Brasca
nato l'11 maggio 1951
morto il 26 dicembre 2014
morto il 26 dicembre 2014
Per un lungo periodo di
tempo Codera è stato il nostro “buon ritiro”. Flavio ci aveva messo a
disposizione la sua Ca’ Domingo - due
piccole stanze separate, senz’acqua corrente, né luce elettrica e latrina
talmente lontana che abituava a non aspettare l’ultimo momento... (e d’inverno
... a mettere i ramponi). Un posto ideale per rilassarci, soprattutto Giancarlo
perennemente in viaggio saltando da un aereo all’altro.
Già l’ingresso della
Valle era motivo di gioia: all’Avedée ci affrettavamo a salire dal Vittorio per
quattro ciacole davanti ad un cafferino.
Rientrato dall’Australia, dove aveva lavorato alla costruzione delle linee
ferroviarie, Vittorio gestiva le sue capre faticando ogni giorno per salire sul
monte a mungerle e preparare i formaggi. Una vita dura, certo, ma che non aveva
intaccato i suoi modi gentili: una mattina di Natale, dopo una forte nevicata
notturna, sento bussare alla porta; apro e mi trovo Vittorio che porta in dono
un panettone accompagnandolo con la frase: “bimbi, stanotte avete sentito il
fruscìo dell’oceano?”.
A Codera, come già
detto, condividevamo con Flavio la sua Ca’ Domingo, base di partenza per
gli incontri coi pochi abitanti: Romolo e Sandro, Giovanni e Benito, Celestino
e Silvano, Severino e Vittorino, Armando e Camillo. Raramente, ma non per
questo meno gradito, ci regalava una visita lo schivo Bruno, persona più a suo
agio in alto sui monti. Nelle lunghe serate passate col camino acceso e alla
luce delle candele, si parlava a lungo e i racconti di contrabbando, di fatica,
di freddo e di caccia si alimentavano di fantasia e di vino, bevuto dalla
ciotola di legno, una sola per tutti. Col tempo, rafforzate le amicizie,
abbiamo potuto partecipare alle loro gioie, alle feste e ai (troppi) funerali.
Andare alla Locanda o dal
Dino, le due osterie del paese, era occasione per altri momenti di convivialità;
qui ci si poteva incontrare con Gino, Devis, Alex, Basilio e Fulvia, Ileana,
Giorgio e Fernando, ma, soprattutto, con Tina e le sue sorelle.
L’ospitalità offerta in
Ca’ Domingo veniva sempre ricambiata, senza gli inutili fronzoli
cittadini ma di certo col cuore: da Giocondo, da Celestino e Silvano - ma anche
dalla Lena, dalla “zia” Alfonsina, da Emilio e Gabriella - sempre si trovava la
porta aperta e un bicchiere sul tavolo.
Risalendo la valle, era
per noi impossibile passare dalle Saline senza che Franca e Romolo non ci
obbligassero a sostare per un caffè - e sovente a condividere il pranzo con
loro.
Più su, in località
Stopadüra, altra sosta d’obbligo (quand’era presente) dalla Romilda, donna
capace di declamare a memoria per ore tutte le odi da lei composte. A
Bresciadiga, invece, poteva capitare di finire a casa di Cele e Flaviana.
La gita classica
finisce alla Capanna (“il Brasca” per i foresti), ottimamente gestita da Luigi,
Ecla e collaboratori. I loro volti sorridenti premiavano la (poca) fatica fatta
per arrivare fin qui. Non molto lontano, a Coeder trovavamo l’ospitalità
sconfinata di Andrea, non dimenticando la visita per i saluti a Rocco e ad
Ivano Ruchìn.
Molto più in alto,
l’antico ghiacciaio ha creato due “balconi” sulla valle. Uno di questi, la
Piana Bassa, è il regno del Severino. Un tempo lui qui vi teneva del Gutturnio.
Una sera d’inverno lanciò la sfida: “voi sapete dove tengo il vino e se volete
berne andate su a prenderlo”. E noi, il mattino dopo (con Flavio e Vittorino),
sfidando temperature polari, passo dopo passo salimmo da Codera alla Piana
Bassa. Prima che calasse il buio eravamo di ritorno a valle, portando nello
zaino il vuoto da mettere in bella vista sul tavolo dell’ex proprietario. Non
ci sfidò più.
L’ultimo ricordo è per
le giornate trascorse in solitudine all’Averta, sovente chiusi dentro un’angusta
baita. Giorni indimenticabili, passati a sentire i fischi delle marmotte, accettando
i capricci meteorologici con compassata tranquillità. Un gran bel modo di
vivere le vacanze.
Adesso che molti degli amici di un tempo sono morti, non abbiamo più gli stessi stimoli per salirvi, anche se da Novate non mancano gli inviti.
Le fotografie che
seguono, scelte tra le oltre duemila scattate da Giancarlo, vogliono essere un
omaggio a tutti gli amici che ci hanno regalato momenti “loro” e per questo mai
dimenticati.Adesso che molti degli amici di un tempo sono morti, non abbiamo più gli stessi stimoli per salirvi, anche se da Novate non mancano gli inviti.
© Testo di Daniella Forestan
© Fotografie di Giancarlo Mauri
scelte tra gli scatti del 20.06.2011 e del 30.07.2012
Parte prima
In salita, da Novate Mezzòla al Rifugio Brasca
scelte tra gli scatti del 20.06.2011 e del 30.07.2012
Parte prima
In salita, da Novate Mezzòla al Rifugio Brasca
Nuà, Mezzalpiàn, el Castell, la Pòssabela, la Capeleta de Süra i Sasèi, el Sass Tajà, l’Enset (o Erbul de la Piciòta), la Cà, la Cava del Giòlia, la Scala Lunga, la Cava del Gùsti (e la pala del Gùsti), la Capeleta dei Süradö, la Val d’Avedée, la Scala dell’Avedée, l’Avedée (e la Gesèta de Sant’Antoni), la Capeleta del Sassèl, la Scala del Sassèl, la Val dï Razz, in Scim la Derta, i Scal, la prima galeria, la Val Ghèra, i Giumèi, la Ganda dï Ulanocc, la Tajada, la segùnda galeria, la Capèla del Mott, la Val Tort, el Cimiteri, la Val de Bissa, el Cerisìn, el Bùi, la Polena dï Mort, Codèra.
El Cornon, la Brüga, la Curt, la Centralina, la Bugèra, in Sott la Ruta, el Funtanìn, la Stala del Tionè, el Grealesc, in Suta ai Brüg, el Limaldòs, el Saviòn, la Capèla del Saviòn, la Belèniga, la Salina, al Mutàl, la Capèla del Piàzz, el Pian del Làres, el Piazz, i Mutàli, in Cima a la Brüga, la Ganda de la Gròsina, el Ponte del Cirèl, Bèf l’acqua, la Stopadüra, la Resega, Bresciàdiga, ai Düssei, de Puss i Düssei, la Casera, i Scùrai, el Punt dì Funtàn, Socapulè, la Capàna (Brasca), Coeder.
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