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martedì 13 gennaio 2015

Voltaire e Segneri, ovvero La storia è una sequenza di bugie


Mail inviata il primo dicembre 2010

Da anni sperpero al vento, sia con scritti che oralmente, che tutta la “Storia” è fondata su grandi bugie, essendo sono stati i vincenti a scriverla. Fino a pochi decenni fa gli Hittiti erano “solo” una delle piccole tribù citate nella Bibbia. Oggi sappiamo che le loro leggi statali e le loro leggende - scritte su decine di migliaia di tavolette di terracotta emerse dagli scavi archeologici di Boğazköy (Hattusa) e Yazilikaya, siti da me visitati negli anni Ottanta - sono alla base del racconto biblico. Ma al popolo non si deve far sapere che i vincitori hanno derubato la cultura dei vinti. Di recente, l’ha detto e l’ha scritto anche Umberto Eco, quindi ho le spalle scoperte.
Si veda:
http://video.corriere.it/storia-fatta-grandi-falsi/127a9c26-f197-11df-8c4b-00144f02aabc
Umberto Eco, Il cimitero di Praga, pp 339-340.
Goody Jack, Il furto della storia, edito in Italia da Feltrinelli.

Oggi ho letto per la milionesima volta la storiella di una frasetta di Voltaire, che, come la citazione di Lapalisse, rientra tra i continui piccoli falsi, più difficili da estirpare dei grandi, perché “verità” imparata nelle aule scolastiche o peggio ancora su Wikipedia, dunque automaticamente “vera” (se la gente usasse riflettere, capirebbe che Lapalisse mai avrebbe potuto incidere la propria lastra tombale; dunque altri sono i responsabili della frase “lapalissiana”…).

Porto il mio contributo: così come Galilei non ha mai scritto: «Eppur si muove» e in nessun luogo delle opere di Machiavelli si trova «Il fine giustifica i mezzi», allo stesso modo Voltaire non ha mai scritto né detto «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire». E allora da dove nasce questa leggenda metropolitana?
Ricordo che il vanesio e inconcludente giornalista televisivo Sandro Paternostro - colui che aveva impostato il “canone” delle corrispondenze televisive da Londra sulla filiera tematica cappellini-della-regina, mostre-canine e via minchionando (e tutta l’Inghilterra di Hume e di Dickens, del Labour e di Shaw che vada a farsi benedire) - amava ripetere questa formula nel programma televisivo Diritto di replica, in onda nel 1991 su RaiTre, con Fabio Fazio co-conduttore.
Ma se François-Marie Arouet de Voltaire, signore di Ferney, non ha mai detto o scritto questa frase, come mai gliela si attribuisce?
Risposta: la sola versione nota di questa citazione è quella della scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall, nascosta dietro lo pseudonimo S. G. Tallentyre: «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.», in The Friends of Voltaire, 1906, ripresa anche nel successivo Voltaire In His Letters, 1919.





Per chiudere la storia di questa falsa citazione, Charles Wirz, Conservatore de l’Institut et Musée Voltaire di Ginevra, ricordava nel 1994 che Miss Evelyn Beatrice Hall, mise, a torto, tra virgolette questa citazione in due opere da lei dedicate all’autore di Candide, e riconobbe espressamente che la citazione in questione non era autografa di Voltaire in una lettera del 9 maggio 1939, pubblicata nel 1943 nel tomo LVIII, intitolato Voltaire never said it, della rivista Modern language notes, Johns Hopkins Press, Baltimore, pp 534-535.
Ecco di seguito l’estratto della lettera in inglese:

«The phrase “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it” which you have found in my book “Voltaire in His Letters” is my own expression and should not have been put in inverted commas. Please accept my apologies for having, quite unintentionally, misled you into thinking I was quoting a sentence used by Voltaire (or anyone else but myself).»

Le parole “my own” sono messe in corsivo intenzionalmente da Miss Hall nella sua lettera.
A credere poi a certi commentatori (Norbert Guterman, A Book of French Quotations, 1963), la frase starebbe anche in una lettera del 6 febbraio 1770 all’abate Le Riche, dove Voltaire direbbe: «Monsieur l’abbé, je déteste ce que vous écrivez, mais je donnerai ma vie pour que vous puissiez continuer à écrire.» Peccato che se si consulta la lettera citata, non si troverà né tale frase e nemmeno il concetto. Essendo breve tale lettera, è meglio citarla per intero e scrivere la parola fine su questa leggenda.

A M. Le Riche,
A Amiens.
6 février.
Vous avez quitté, monsieur, des Welches pour des Welches. Vous trouverez partout des barbares têtus. Le nombre des sages sera toujours petit. Il est vrai qu’il est augmenté; mais ce n’est rien en comparaison des sots; et, par malheur, on dit que Dieu est toujours pour les gros bataillons. Il faut que les honnêtes gens se tiennent serrés et couverts. Il n’y a pas moyen que leur petite troupe attaque le parti des fanatiques en rase campagne.
J’ai été très malade, je suis à la mort tous les hivers; c’est ce qui fait, monsieur, que je vous ai répondu si tard. Je n’en suis pas moins touché de votre souvenir. Continuez-moi votre amitié; elle me console de mes maux et des sottises du genre humain.
Recevez les assurances, etc.

Ma ormai la frase creata da Miss Hall aveva varcato l’Atlantico e dopo un piccolo rimbalzo nei circoli ristretti dei liberal era entrata nel formidabile circuito dei media americani, tramite il popolare Reader’s Digest (Giugno 1934) e la Saturday Review (11 Maggio 1935). E da allora la sua diffusione è stata inarrestabile.
Una piccola bugia in meno? Brutto esercizio se si ha in mente di far carriera nell’immondo della politica. Non imparerò mai.



Lo stesso giorno ho ricevuto questo commento, che mi ha dato il verso per riportare in auge Paolo Segneri, un personaggio su cui sono inciampato mentre scrivevo la biografia di Niccolò Stenone:

Wednesday, December 01, 2010 7:14 PM
Molto interessanti le specifiche su Voltaire. Spero (e visto il carattere dell’uomo potrebbe essere vero) che sia reale almeno l’aneddoto relativo all’avvicinarsi della morte. Ove non ti fosse noto (del che dubito) lo riporto: sembra che in quella occasione Voltaire chiedesse che gli venisse portato un costume da Arlecchino, allora chiamato “domino”. A chi gli chiedeva a che gli servisse (ed evidentemente pensava che la richiesta dipendesse dallo stato confusionale del coma) rispose: sta scritto “beati qui in Domino (o domino) moriuntur”. Se ti era nota AMEN. Ciao, PT

No. È un versetto dell’Apocalisse (vedi l’esegesi ad opera del gesuita Paolo Segneri), mai sulla bocca di Voltaire. C’est tout. Ciao











mercoledì 21 maggio 2014

Ignoranza ben coltivata


Ho sfogliato il “Mundus subterraneus” di Athanasius Kircher, édito in anastatica da Forni, Bologna. Un’opera affascinante, questa, di cui ho una copia della editio princeps (1578). Non cartacea, purtroppo, ma in formato digitale, che mi è costata 107.526 kB di memoria, visto che la scannerizzazione e l’invio mi è stato offerto da una università statunitense. In Italia, invece, se non sei un docente e osi chiedere per ragioni di studio le fotocopie di un articolo a una biblioteca universitaria, questa ti obbliga all’intermediazione di una biblioteca scolastica o civica e al pagamento anticipato delle spese. Diversi modi di intendere la propagazione della cultura: per gli ignoranti è sempre “cosa nostra”. Il tutto avallato dal politicante di turno: “Con la cultura non si mangia” disse uno di loro. Basta chiarire cosa lui intendeva dire con quel “non si mangia”…

Kircher è entrato di prepotenza nella mia vita fin da quando ho preso a occuparmi di Steensen-Stenone: i due si scrivevano lettere su temi religiosi e scientifici - difficili questi ultimi da trattare, essendo il primo un Gesuita l’altro prossimo all’abito vescovile, dunque persone attente a non uscire dai limiti imposti dagli interessi curiali: tutto lo scibile era già scritto nei “libri sacri” del popolo ebraico, rivisitato e scorretto col nome di Vecchio Testamento. Secoli e secoli dopo Eratostene la Terra doveva restare quadrata e il Cielo non poteva essere esplorato col cannocchiale, demoniaco oggetto che avrebbe potuto svelare che lassù, sopra le nuvole, forse non albergavano divinità.
A tal proposito, si legge in Collection de Documents Inédits sur l’Histoire de France publiés par le soins du Ministre de l’Instruction Publique. Tome 2. Paris, Imprimerie Nationale, 1883, p. 395 : “Le 28 avril [1665], Chapelain entretient Huet de l’apparition d’une nouvelle comète: «Je ne l’ay point encore veűe à cause d’un rhume qui me travaille depuis douze jours. On vous aura sans doute envoyé une lettre de Mr Auzout accompagnée de remarques sur le discours italien du sieur Campani touchant les longues lunettes qu’il a faittes et touchant ses descouvertes nouvelles dans les disques de Saturne et de Jupiter. Elle me fust prestée avant hier par Mr de Salo et la lecture m’en a satisfait au delà de mon attente. Ce signor Campani tombe d’accord de l’anneau de Saturne trouvé par Mr Huggens et Mr Auzout défend du décret de l’Inquisition le mouvement de la terre et l’immobilité du Soleil, mais avec beaucoup de respect et de modestie chrestienne.»”

Ai limiti curiali si aggiunse la datazione formulata dall’arcivescovo irlandese James Ussher, uomo che tra il 1650 e il 1654 aveva dato alle stampe una mastodontica cronologia (The Whole Works) che arrivava a definire l’anno, il mese e il giorno in cui il Dio proprio delle tribù ebraiche aveva creato il Cosmo, la Terra, gli alberi, gli animali, Adamo (“a sua immagine e somiglianza”, dunque di fattezze arabo-palestinesi). Solo più tardi il Grande Architetto pensò alla controparte femminile (per i fiori e gli animali, invece, aveva già provveduto). Di quest’opera, stampata in latino ma col doppio titolo in inglese, utile è il volume VIII, quello che illustra attimo dopo attimo i giorni della Creazione, che Ussher stabilisce essere accaduti nell’anno 4004 avanti Cristo. Alle pp. 13 e 14 si legge: «In principio creavit Deus cœlum et terram, quod temporis principium, juxta nostra chronologiam, incidit in noctis illius initium, quæ vigesimum tertium diem Octobris præcessit, in anno periodi Julianæ 710», che una sua nota equipara all’anno 4004 a.C. Aggiunge: «Septimo die, Octobris vigesimo nono, feria septima, cum perfecisset Deus opus suum quod fecerat, quievit ab omni opera; et dici septimo benedicens, Sabbatum instituit et consecravit». Questa datazione, stampata su ogni copia della King James Bible dal 1701 in poi, ha ancora un suo seguito tra i creatoristi più intransigenti.

In seguito, per meglio divulgare quest’opera enciclopedica, lo stesso Ussher ridusse il testo ad un solo volume, pubblicato col titolo The Annals The World. London. Printed by E. Tyler, for F. Crook, and G. Bedell, 1658. Già dalle prime pagine, che qui riprendo dal libro senza aggiunte né omissioni, si impara quanto segue:

The Annals of the Old Testament from the Beginning of the World
The First Age of the World

1a AM, 710 JP, 4004 BC
1. In the beginning God created the heaven and the earth. Ge 1:1 This beginning of time, according to our chronology, happened at the start of the evening preceding the 23rd day of October in the year of the Julian calendar, 710.
2. On the first day Ge 1:1-5 of the world, on Sunday, October 23rd, God created the highest heaven and the angels. When he finished, as it were, the roof of this building, he started with the foundation of this wonderful fabric of the world. He fashioned this lower most globe, consisting of the deep and of the earth. Therefore all the choir of angels sang together and magnified his name. Job 38:7 When the earth was without form and void and darkness covered the face of the deep, God created light on the very middle of the first day. God divided this from the darkness and called the one “day” and the other “night”.
3. On the second day Ge 1:6-8 (Monday, October 24th) after the firmament or heaven was finished, the waters above were separated from the waters here below enclosing the earth.
4. On the third day Ge 1:9-13 (Tuesday, October 25th) when these waters below ran together into one place, the dry land appeared. From this collection of the waters God made a sea, sending out from here the rivers, which were to return there again. Ec 1:7 He caused the earth to bud and bring forth all kinds of herbs and plants with seeds and fruits. Most importantly, he enriched the garden of Eden with plants, for among them grew the tree of life and the tree of knowledge of good and evil. Ge 2:8,9
5. On the fourth day (Wednesday, October 26th) the sun, the moon and the rest of the stars were created.
6. On the fifth day (Thursday, October 27th) fish and flying birds were created and commanded to multiply and fill the sea and the earth.
7. On the sixth day (Friday, October 28th) the living crcatures of the earth were created as well as the creeping creatures. Last of all, man was created after the imagc of God, which consisted principally in the divine knowledge of the mind, Col 3:10 in the natural and proper sanctity of his will. Eph 4:24 When all living creatures by the divine power were brought before him, Adam gave them their names. Among all of these, he found no one to help him like himself. Lest he should be destitute of a suitable companion, God took a rib out of his side while he slept and fashioned it into a woman. He gave her to him for a wife, establishing by it the law of marriage between them. He blessed them and bade them to be fruitful and multiply. God gave them dominion over all living creatures. God provided a large portion of food and sustenance for them to live on. To conclude, because sin had not yet entered into the world, God saw every thing that he had made, and, behold, it was very good. And the evening and the morning were the sixth day. Ge 1:31
8. Now on the seventh day, (Saturday, October 29th) when God had fìnished his work which he intended, he then rested from all labour. He blessed the seventh day and ordained and consecrated the sabbath Ge 2:2,3 because he rested on it Ex 31:17 and refreshed himself. Nor as yet (for ought appears) had sin entered into the world. Nor was there any punishment given by God, either upon mankind, or upon angels. Hence is was, that this day was set forth for a sign, as well as for our sanctifìcation in this world Ex 31:13 of that eternal sabbath, to be enjoyed in the world to come. In it we expect a full deliverance from sin and its dregs and all its punishments. Heb 4:4,9,10

Tradotto in parole povere, Ussher stabilisce “scientificamente” che l’intera Creazione è iniziata domenica (!!!) 23 ottobre per terminare sabato 28 ottobre dell'anno 4004 avanti Cristo. Dunque il compleanno di Adamo (e dell’umanità) cade il  27 ottobre, venerdì, lo stesso giorno della settimana in cui viene fatto morire il Messia - Xristòs in lingua greca - fatto scendere in Terra. Infatti, nella tradizione cristiana, Paolo (Lettera ai Romani) contrappone l’ebraico Adamo a Gesù: con il primo uomo sono entrati nel mondo il peccato e la morte, con il Redentore la grazia e la vita.

Anche, ma non solo, da questi limiti accettati e imposti dalla Chiesa nascono i numerosi abbagli attribuiti a uomini di fede e scienza quali erano Kircher e Stenone: se il Dio proprio del popolo ebraico aveva creato la Terra, affidandola in custodia alla “sua immagine e somiglianza” nel 4004 a.C., come potevano esistere reperti ossei, vegetali e minerali - ma anche graffiti, dipinti e manufatti - più vecchi di quella datazione? Di fronte a questi muri invalicabili, il terrore imponeva agli scienziati di chinare il capo. Perché Stenone aveva ben compreso - e Leonardo, vagamente, prima ancora - che i pesci fossili da lui trovati sui monti toscani non erano il risultato di un fantasioso “diluvio universale”, bensì la prova di sconvolgimenti terrestri molto più antichi dei limiti ussheriani... Ma le fiamme del rogo erano pronte a ricordare che certe cose era meglio non divulgarle alle masse. Al limite si potevano raccontare a poche ma altolocate persone, quelle che già sapevano. Il popolo era e doveva restare povero e ignorante: solo così si poteva farlo lavorare gratis e nel contempo tenerlo timorato.
L’affare Galilei era ben vivo nei ricordi del tempo. Meglio ancora, a ricordare i limiti imposti alla propagazione della conoscenza (e quindi alla pericolosissima arte della riflessione, bandita dalle scuole di ogni ordine e grado) vi era il rogo su cui era arso Giordano Bruno il 17 febbraio 1600, ma stavolta era di giovedì.

Conoscere i retroscena aiuta a comprendere i molti errori di questi grandi uomini di scienza, “bruciati” dai tempi in cui vivevano. Tempi che sembrano non finire mai: Forni ha pubblicato la prima anastatica dell’opera di Kircher nell’anno 2004. Sull’onda del successo di vendita, nell’anno 2011 lo stesso editore ha deciso di mettere sul mercato una seconda edizione. Una ristampa, questa, non più appesantita dai costi di riproduzione. E allora perché imporla a 230 euro? Forse per tener lontane le masse dal “sapere”, oggi come nel Seicento?

© testo di Giancarlo Mauri