Vicino alla Statale di Milano numerosi bar offrono cibi e bevande a prezzo “da studente
universitario”, ma uno di questi offre qualcosa in più: al piano
sotterraneo si possono acquistare libri usati a buon prezzo, in gran parte
testi dismessi, ma non solo. Qui, pochi giorni fa mi è venuta incontro una cartella contenente 4 disegni di Picasso e 5 di
André Masson sul tema “Guerra di Spagna”.
Come sempre, amo condividere il mio
con quante più persone possibili, quindi ho passato i disegni allo scanner, ho
riaperto alcune biografie e da queste ho estrapolato le pagine da proporre sul tema Sogno e menzogna di
Franco. Ho poi inserito alcune pagine dei quotidiani che per la prima volta
rendevano noto al mondo il crimine tutto
cristiano di Guernica, confezionando un “pacchetto” storico, punto di
partenza per altre, personali, esplorazioni, invitandovi - come sempre - a
procurarvi i libri da me citati e leggerli per intero ...che è meglio.
PS: il tutto cristiano di cui sopra rinvia al
poco o nulla reclamizzato fatto storico che vide la
Santa Sede governata da Pio XII nominare il
Cristianissimo Francisco Franco “Cavaliere dell’Ordine Supremo del Cristo”,
la più alta onorificenza pontificia esistente.
Pablo Picasso
Sueño y mentira de Franco
pamphlet poetico scritto tra l'8 e il 9 gennaio del 1937
Fandango de
lechuzas escabeche de espadas de pulpos de mal agüero estropajo de pelos de
coronillas de pie en medio de la sartén en pelotas puesto sobre el cucurucho
del sorbete de bacalao frito en la sarna de su corazón de cabestro - la boca
llena de la jalea de chinches de sus palabras - cascabeles del plato de
caracoles trenzando tripas - meñique en erección ni uva ni breva - comedia del
arte de mal tejer y teñir nubes - productos de belleza del carro de la basura -
rapto de la meninas en lágrimas y en lagrimones - al hombro el ataúd relleno de
chorizos y de bocas la rabia retorciendo el dibujo de la sombra que le azota
los dientes clavados en la arena y el caballo abierto de par en par al sol que
lo lee a las moscas que hilvanan a los nudos de la red llena de boquerones el
cohete de azucenas farol de piojos donde está en perro nudo de ratas y
escondrijo del palacio de trapos viejos - las banderas que fríen en la sartén
se retuercen en el negro de la salsa de la tinta derramada en las gotas de sangre
que lo fusilan - la calle sube a las nubes atada por los pies al mar de cera que
pudre sus entrañas y el velo que la cubre canta y baila loco de pena - el vuelo
de cañas de pescar y alhigui alhigui del entierro de primera del carro de mudanza
- las alas rotas rodando sobre la tela de araña del pan seco y agua clara de la
paella de azúcar y terciopelo que pinta el latigazo en sus mejillas - la luz se
tapa los ojos delante del espejo que hace el mono y el trozo de turrón de las llamas
se muerde los labios de la herida - gritos de niños gritos de mujeres gritos de
pájaros gritos de flores gritos de maderas y de piedras gritos de ladrillos
gritos de muebles de camas de sillas de cortinas de cazuelas de gatos y de papeles
gritos de olores que se arañan gritos de humo picando en el morrillo de los gritos
que cuecen en el caldero y de la lluvia de pájaros que inunda el mar que roe el
hueso y se rompe los dientes mordiendo el algodón que el sol rebaña en el plato
que el bolsín y la bolsa esconden en la huella que el pie déjà en la roca.
Purtroppo la traduzione italiana
non rende il tragico peso delle
parole, così come cadenzate in lingua originale.
Fandango di civette salamoia di spade di
polpi di malaugurio strofinaccio di peli di tonsure ritto nel centro di un
tegame a coglioni nudi - posto sul cono del gelato di merluzzo fritto della
rogna del suo cuore di bue - la bocca piena della gelatina di cimici delle sue
parole - sonagli del piatto di lumache che intrecciano budelle mignolo in
erezione né carne né pesce - commedia dell’arte di mal tessere e tingere le
nuvole prodotti di bellezza del carretto delle immondizie - ratto di fanciulle
in lacrime e singhiozzi sulla spalla la bara colma di salsicce e di bocche - la
rabbia torcendo il disegno dell’ombra che lo frusta i denti inchiodati nella
sabbia e il cavallo aperto da parte a parte al sole che lo legge alle mosche
che imbastiscono ai nodi della rete piena di acciughe un razzo di gigli - torcia
di pidocchi dove si trova il cane nodo di topi e nascondiglio del palazzo di
vecchi stracci - le bandiere che friggono nel tegame si contorcono nel nero
della salsa d’inchiostro sparsa nelle gocce di sangue che lo fucilano - la
strada sale sino alle nuvole attaccata per i piedi al mare di cera che
imputridisce le sue viscere e il velo che la copre canta e danza folle di
dolore - il volo di canne da pesca e alhiguí ahliguí del funerale di prima
classe del furgone di sgombero - le ali spezzate rotolano sulla tela di ragno
del pane secco e dell’acqua chiara della zuppa di zucchero e velluto che
dipinge il colpo di frusta sulle sue guance - la luce si nasconde gli occhi
davanti allo specchio che le fa il verso e il pezzo di torrone delle fiamme si
morde le labbra - gridi di bambini gridi di donne gridi di uccelli di fiori di
travature e di pietre gridi di mattoni gridi di mobili di letti di seggiole di
tendine di pentole di gatti e di carte gridi di odori che si graffiano gridi di
fumo che pongono alla gola i gridi che cuociono nella caldaia i gridi della
pioggia d’uccelli che inondano il mare che rode l’osso e si rompe i denti
mordendo il cotone che il sole intinge nel piatto che il borsellino
e la borsa nascondono nell’impronta che il piede lascia sulla roccia.
Patrick O’Brian.
Pablo Ruiz Picasso. A Biography
Harper Collins Publishers Limited 1976
Edizione italiana: Picasso.
Traduzione di Paola Merla
Longanesi & C. 1989, pp. 367-370
La guerra in Spagna volgeva al peggio; sebbene l’attacco a
Madrid fosse stato respinto dopo un terribile corpo a corpo per le strade e
nell’università, era ormai chiaro che la neutralità delle grandi potenze era
una crudele farsa; la Francia e l’Inghilterra agirono probabilmente in buona
fede, pur con idee molto confuse, ma si perdettero in un mare di parole mentre
Hitler e Mussolini facevano affluire rinforzi in aiuto di Franco. C’erano ormai
circa diecimila tedeschi e quarantamila italiani schierati a fianco delle
truppe nazionaliste, per non parlare dei nordafricani, mentre Hugh Thomas
calcola che il numero totale dei russi fosse di circa cinquecento, anche se
naturalmente l’Unione Sovietica inviò anche aeroplani, armi e carri armati, in
parte usati dai volontari delle Brigate internazionali. Le truppe tedesche e
italiane erano forze regolari e addestrate e tra i tedeschi si contavano molti
comandanti e piloti della Luftwaffe, ansiosi di migliorare il proprio
rendimento e di sperimentare tecniche e armi su bersagli veri, in vista della
più grande guerra che si andava preparando.
Con slancio appassionato Picasso scrisse una poesia, Sogno e menzogna di Franco, un poema
surrealista in cui parole rabbiose si affastellano l’una sull’altra
raggiungendo quasi quel delirio ritenuto un tempo da Eluard come l’espressione
della ragione all’apice della sua purezza: «fandango de lechuzas escabeche de
espadas de pulpos de mal aguero estropajo de pelos de coronillas de pie en
medio de la sartén en pelotas - puesto sobre el cucurucho del sorbete de
bacalao frito en la sarna de su corazon de cabe-stro - la boca llena de la
jalea de chinches de sus palabras». Una traduzione letterale di questo
frammento «Fandango di civette salamoia di spade di polpi di malaugurio
strofinaccio di peli di tonsure ritto nel centro di un tegame a coglioni nudi
posto sul cono del gelato di merluzzo fritto nella rogna del suo cuore di bue
la bocca piena della gelatina di cimici delle sue parole» non rende la sonorità
violenta e gli echi dell’originale spagnolo: la poesia era però rivolta a un
pubblico di spagnoli ed era accompagnata da illustrazioni secondo la tradizione
spagnola e catalana, come fosse un’aleluya
o un’auca, ossia da una serie di
piccoli quadri, ognuno in sé conchiuso ma tutti collegati fra loro. Sono
acqueforti, qualcuna con scene ispirate agli orrori della guerra - donne
uccise, case incendiate, l’innocenza violata - altre relative a Franco,
rappresentato di volta in volta come un essere amorfo e ributtante, una sorta
di ascidia piena di protuberanze setolute, ma umana quel tanto che basta a
farla riconoscere come tale, in procinto di distruggere con un piccone un busto
di marmo; o come un fallo con gli stivali che cammina sulla fune sventolando un
vessillo sacro; o ancora, circondato da filo spinato, in preghiera davanti a un
ostensorio sul quale è scritto «1 duro» (cinque pesetas: simbolo del denaro);
nell’atto di uccidere Pegaso o come una specie di meschino centauro sventrato
da un toro. La figura del toro compare tre volte, due volte mentre attacca il
Caudillo e un’altra nell’atto di spaventarlo. Inizialmente le scene erano
quattordici, ma in giugno Picasso ne aggiunse altre quattro: donne urlanti,
bambini massacrati, una ragazza uccisa.
La sequenza non è chiara, ma non è necessario che lo sia:
il complesso di incisioni accompagnate dalla poesia esprime il caos mostruoso,
la follia, l’assurda crudeltà della guerra e il rifiuto assoluto da parte di
Picasso non soltanto della guerra ma anche dei valori della destra. È forse
significativo che non vi compaia la croce.
Il Sogno e menzogna
di Franco fu l’enunciazione più chiara dell’atteggiamento di Picasso in un
momento in cui correvano voci sul suo scarso appoggio alla causa repubblicana,
a favore della quale ora si schierava senza incertezze e senza possibilità di
ripensamenti; e dal momento che il 1937 avrebbe dovuto essere l’anno di
un’altra grande esposizione internazionale a Parigi, il governo iberico gli
chiese di contribuire dipingendo un’intera parete del padiglione spagnolo.
Picasso accettò, certo; ma in Spagna ciò significa molto
spesso il contrario ed è probabile che i funzionari che gli avevano trasmesso
la richiesta, anche se ignari della riluttanza di Picasso ad accettare ordini e
commissioni che inevitabilmente lo avrebbero condizionato, se ne ripartissero
in preda a un certo sconforto.
In effetti Picasso si dedicò ad altre opere: un ritratto di
Marie-Thérèse, con una ghirlanda di fiori sul grazioso capo, altre nature
morte, una Marie-Thérèse seduta sul pavimento con le gambe ripiegate sotto di
sé, la schiena rivolta a una finestra che si apre su un balcone, uno specchio
semiaperto a lato e un vaso da fiori di fronte. L’incisivo ritratto di Dora
Maar risale anch’esso all’incirca allo stesso periodo, anche se il mese non è noto
con sicurezza: il colore è assai più carico e l’atmosfera emotiva completamente
diversa, ma anche qui ritroviamo gli occhi (uno azzurro chiaro, uno arancione)
sullo stesso lato del viso, visto di fronte e di profilo, e anche qui la figura
è seduta in una piccola poltrona, all’interno di uno spazio compresso e
indicato con precisione da linee verticali e orizzontali.
Dopo l’innaturale e prolungato periodo di riposo Picasso
stava lavorando a ritmo accelerato; ancora nature morte e un gruppo di dipinti
molto curiosi. Dei quattro o cinque della serie quello riprodotto più
frequentemente è la Baignade, che a
prima vista sembra dipinto nello stesso periodo della terribile bagnante dalla
testa di mantide del 1929. Il vasto spazio di mare e di cielo è lo stesso e le
grandi forme di legno levigato dall’apparenza quasi ossea presentano un ovvio
richiamo a quel mostro, ma lo spirito è del tutto diverso e le figure - in
questo caso due fanciulle dalla struttura architettonica con facce appena
accennate, ventre a forma di uovo, seni ovali e appuntiti, intente a giocare
con una barchetta sulla riva, sono miti, innocue; e persino la prodigiosa testa
che si fa loro incontro all’orizzonte e le guarda ha soltanto un’espressione di
benevola curiosità. La calma non cela la minaccia, l’incubo si è allontanato.
Eppure, proprio in quei giorni Málaga si trovava sotto
l’incubo più terribile della sua lunga storia di assedi, assalti, incendi,
massacri. Fin dai primi giorni della guerra, Málaga e il territorio circostante
erano stati un’isola repubblicana in zona nazionalista, unita al resto della
Spagna quasi solo dalla strada costiera. A metà gennaio del 1937 l’attacco ebbe
inizio: ai primi di febbraio i fascisti, inclusi nove battaglioni di italiani
con automezzi blindati e carri armati, entrarono nella città, semidistrutta dai
cannoni e dai bombardamenti. Immediatamente ebbe luogo un’epurazione feroce e
la morte avanzò lungo la strada di Almeria, dove mezzi corazzati e aerei
inseguirono e raggiunsero gli innumerevoli fuggitivi.
La caduta di Málaga coincise quasi esattamente con una
delle più serene fra le nuove tele «ossee», una donna seduta sulla spiaggia che
si toglie una spina di riccio dal piede, e con il quadro di Marie-Thérèse
accanto allo specchio. Non c’è dubbio che le notizie raggiungevano Parigi in
ritardo, incomplete e poco sicure, ma comunque arrivavano. In un primo momento
mi era sembrato che l’assenza di una reazione immediata da parte di Picasso
stesse a indicare il suo distacco dalla città natale e il suo identificarsi con
la Catalogna; ma, riflettendoci, credo di aver capito che il furore covava già,
si gonfiava man mano che giungevano le notizie, incapace però, per alcune
settimane, di trovare espressione, finché un’altra tragedia agì da
catalizzatore, liberando le emozioni in un’esplosione che abbracciò non
soltanto quell’avvenimento, ma la guerra civile spagnola intera.
Roland Penrose. Picasso. His Life and Work
Gollancz, London 1958
Edizione italiana: Picasso.
L’uomo e l’artista
Pgreco Edizioni 2012, pp. 351-354
«Sogno e menzogna
di Franco».
A Le Tremblay Picasso viveva felicemente staccato dalle
inquietanti preoccupazioni di Parigi. Le sue brevi visite gli consentivano di
gustare qualcosa di simile alla vita familiare; ma quando tornava nella
capitale si lasciava di nuovo prendere dalle ansie crescenti dei suoi amici. Le
notizie che giungevano dalla Spagna erano cattive, e, come in tutte le guerre
civili, nelle quali persino i fratelli possono trovarsi l’uno contro l’altro,
la situazione era dolorosamente aggravata dal doppio gioco, dal sospetto,
dall’odio. Da Barcellona sua madre lo informava dell’incendio di un convento a
pochi passi dalla casa ov’ella viveva, con la figlia vedova e i cinque nipoti.
Per intere settimane le stanze erano state invase dal tanfo, e i suoi
penetranti occhi neri, modello di quelli del figlio, lacrimavano per il fumo.
Per il gruppo di giovani poeti, pittori e architetti che
avevano di recente organizzato le mostre dell’opera di Picasso, la difesa delle
libertà democratiche era diventata una questione di vita o di morte. Molti di
loro avevano precipitosamente impugnato le armi ed erano partiti per il fronte.
Altri, per controbattere la propaganda fascista, la quale asseriva che i tesori
d’arte della Spagna erano saccheggiati ed incendiati da turbolente folle di
anarchici, si misero a studiare antichi monumenti trascurati e ad organizzare
nuovi musei. Anche a Parigi si era costituita una notevole unità tra gli
intellettuali a sostegno della Spagna repubblicana, unità che, come fa notare
il Soby, non aveva avuto l’eguale dai giorni della guerra per l’indipendenza
greca, cent’anni addietro.
Era proprio quello l’anno scelto dal governo francese per
una grande mostra internazionale, e per i repubblicani di Spagna era di grande
importanza che il loro governo fosse ben rappresentato. Un giovane architetto,
già membro attivo del gruppo adlan,
José Luis Sert, fu incaricato di organizzare la propaganda ed ebbe il compito,
insieme a Luis Lacasa, di progettare il padiglione spagnolo. Picasso si era già
impegnato a collaborare in qualche modo, così da render note a tutti le sue
simpatie, e si faceva un gran parlare di quale forma ciò avrebbe assunto.
Fin da gennaio egli aveva incominciato a incidere due
grandi lastre divise in nove scomparti, ciascuna delle dimensioni di una
cartolina. Secondo l’intenzione originaria, le stampe avrebbero dovuto vendersi
separatamente a beneficio degli spagnoli che si trovavano in difficoltà. Ma
quando l’opera fu compiuta, il 7 giugno, i fogli delle incisioni ombreggiate con
l’acquatinta erano di sì grande effetto nel loro insieme, che fu deciso di
venderli interi con l’aggiunta di un altro foglio che era il facsimile del
manoscritto di un lungo e violento componimento poetico di Picasso. A questi
tre fogli furono aggiunte le traduzioni in francese e in inglese dei versi, e
una copertina disegnata da Picasso, con su il titolo della cartella Sogno e menzogna di Franco.
La storia della violenza e della miseria provocate
dall’arrogante capo della rivolta militare si legge di disegno in disegno, come
in un racconto a fumetti o come nelle popolari «Alleluias» spagnole che Picasso
aveva conosciuto da bambino. A personificare il dittatore egli inventò una
figura grottesca e ripugnante, con un’acconciatura a mo’ di corona simboleggiante
il suo atteggiarsi a eroe della cristianità, salvatore della tradizione
spagnola e amico dei mori. Il grottesco personaggio impugna uno stendardo in
cui la Beata Vergine assume la forma di un pidocchio. Assale con una scure il
nobile profilo di un busto classico. Protetto da un filo spinato s’inginocchia
di fronte a un ostensorio in cui è esposta una moneta. In groppa a un porco
giostra con il sole. Il cavallo che egli monta pomposamente trascina al suolo
le viscere, e poi, massacrato dalle sue stesse mani, giace contorcendosi ai
suoi piedi. Donne giacciono senza vita nei campi, o fuggono con i bambini dalle
case in preda alle fiamme, o alzano le braccia in gesti disperati. Una sola
creatura riesce a tenere in scacco il male, il toro, che nella sua forza pura
sbudella il mostro con le corna.
«... Grida di bimbi grida di donne grida d’uccelli grida di
fiori grida di travi e di pietre grida di mattoni grida di mobili di letti di
sedie di tende di pentole di gatti e di carte grida di odori che s’afferrano
l’un l’altro grida di fumo che punge la spalla delle grida che cuociono nel
calderone e della pioggia di uccelli che inonda il mare che rosicchia l’osso e
si spezza i denti mordendo il cotone grezzo che il sole asciuga dal piatto che
la borsa e la tasca nascondono nell’impronta che il piede lascia sulla roccia »
- con questo torrente d’immagini verbali Picasso termina il suo componimento
poetico, che è come la premessa del resoconto visivo sulle calamità di cui
Franco fu autore.
La guerra di Spagna fu sentita da Picasso in modo così
acuto, che egli non poté evitare di venire personalmente coinvolto. L’odiosa
figura inventata per Franco derivava dall’immagine, così come egli se l’era
immaginata, di un mostro che sentiva latente dentro di sé. Non molto tempo dopo
che aveva finito la serie, gli chiesi di firmare la copia che avevo acquistata.
Egli lo fece, ma dopo aver scritto il mio nome iniziando con una P minuscola,
vidi con stupore che la lettera maiuscola con la quale incominciava la sua
propria firma aveva fondamentalmente la stessa forma della testa contorta e
grottesca da lui inventata per l’uomo che più odiava. La forza che egli
impresse all’immagine, ripresa subcoscientemente da una fonte così intima,
indicava fino a qual punto si sentisse coinvolto di persona. Il desiderio di
compromettere se stesso per mezzo della sua iniziale non poteva essere più
convincente. Proprio come un tempo aveva basato spesso su di un autoritratto
idealizzato l’immagine dell’eroe, Arlecchino, così altrettanto personale era
adesso, in una prospettiva rovesciata, l’origine subconscia della forma
attribuita all’uomo che più odiava.
Skira editore 2007, pag. 72
Sueño y Mentira de Franco
Paris 1937, mm 572 x 385
2 acqueforti e acquetinte
Come già fece Mirò con il pochoir intitolato Aidez
l’Espagne, nel quale si vede un contadino catalano che indossa il
tradizionale berretto rosso e mostra il pugno chiuso, anche Picasso, nel 1937,
decise di creare un’opera grafica che venisse venduta per finanziare la
Repubblica spagnola, impegnata nella sanguinosa guerra civile contro le milizie
fasciste di Franco. Ideò un’elegante cartella che chiamò Sueño
y Mentira de Franco, ossia Sogno e menzogna di Franco. La cartella,
curata in ogni dettaglio, compresa la copertina disegnata dall’artista,
conteneva due incisioni e una poesia surrealista di visionaria verbosità,
composta da Picasso. Il breve poema venne riprodotto in forma di manoscritto,
ma anche con la trascrizione a stampa in spagnolo e le traduzioni in francese e
in inglese. L’autore, pur senza trascurare l’aspetto estetico, era preoccupato
di comunicare nel migliore dei modi il suo messaggio e perciò, in questo
lavoro, ricerca stilistica e contenuti politici si intrecciano e si
sovrappongono in maniera esemplare. Le due lastre vennero acciaiate per consentire
un’alta tiratura, che raggiunse gli 890 esemplari, e una maggiore diffusione
dell’opera. Le diciotto scene raffigurate in altrettanti riquadri, nove per
ciascuna lastra, in un primo momento vennero pensate per divenire cartoline
postali ed essere vendute singolarmente a prezzi popolari, ma fortunatamente
solo pochi fogli vennero effettivamente tagliati.
Picasso eseguì le incisioni di getto, in soli due giorni,
tra l’8 e il 9 gennaio 1937, portando però a termine unicamente la prima
lastra, mentre realizzò solo cinque scene della seconda, lasciando il lavoro
incompiuto. Alla tecnica dell’acquaforte, utilizzata per tratteggiare i
contorni delle figure, si aggiungono le delicate lumeggiature all’acquatinta.
La composizione si struttura come un racconto a fumetti, per il quale il
pittore si ispirò alle stampe popolari spagnole. Scelse di adottare un registro
linguistico che oscilla tra il caricaturale e il grottesco, dove Franco venne
raffigurato come un essere mostruoso e ripugnante, impegnato in una serie di azioni
laide e disdicevoli: lo si vede cavalcare un porco, reggere con il suo membro
uno stendardo, pregare inginocchiato davanti a una moneta e distruggere una
statua classica. In due riquadri il Caudillo viene atterrato da un toro bello e
possente, che simboleggia il popolo spagnolo e la Spagna repubblicana. Picasso,
in queste scene, attaccò violentemente il futuro dittatore con una satira
incisiva e graffiante.
Per mesi Picasso abbandonò le due lastre, che furono
portate a termine nel maggio del 1937; ma prima che l’artista riprendesse il
suo lavoro accadde un drammatico episodio che diede una svolta radicale alla
genesi dell’opera. Il 26 aprile, poco prima delle cinque del pomeriggio, la
legione Condor dell’aviazione tedesca, che appoggiava l’esercito franchista, si
levò in volo e bombardò il centro abitato di Guernica per più di tre ore. Nel
corso della terribile aggressione gli aerei lanciarono bombe incendiarie da
cinque quintali e, volando a bassa quota, spararono con le mitragliatrici sui
civili che cercavano riparo scappando verso le campagne. Alla fine della
rappresaglia rimasero al suolo 1654 vittime e 889 persone rimasero ferite; la
cittadina, quasi completamente rasa al suolo, era in preda alle fiamme. Il
paese, che oggi conta circa quindicimila abitanti ed è nominato “città della
pace”, nel 1937 ne aveva solo settemila e non era certo un obiettivo di
importanza strategica. Guernica fu la prima città nella storia a venire
distrutta dall’aviazione e si può dire che i nazisti fecero le prove generali
per la seconda guerra mondiale.
All’indomani del bombardamento, sebbene nazisti e
franchisti tentassero di negare tutto, lo scandalo scoppiò a livello
internazionale. I giornalisti del “Times”, del “Daily Telegraph”, di “Ce Soir”
e della “Reuter” pubblicarono fotografie e reportage che impressionarono
l’opinione pubblica. Anche Picasso rimase profondamente turbato e decise di
dedicare allo sconvolgente evento il dipinto che intitolò semplicemente Guernica. Nel mese di maggio, mentre
lavorava alla grande tela che avrebbe esposto all’Esposizione universale di
Parigi, portò a termine anche la seconda lastra di Sueño
y Mentira de Franco, utilizzando gli
stessi disegni preparatori creati per il dipinto. Per questo motivo, alcune
figure del secondo foglio sono molto simili a quelle che si vedono nel quadro.
Le ultime quattro scene incise dall’artista sono molto diverse da quelle
eseguite in gennaio: la caricatura e la parodia, per quanto feroci, sono ormai
inadeguate alla drammaticità degli eventi e lasciano il posto a immagini
tragiche che esprimono dolore e disperazione. Le morbidezze dell’acquatinta
scompaiono completamente e vengono sostituite da intensi segni neri.
Mentre Guernica è
un dipinto con una valenza simbolica e universale che lo slega dall’episodio da
cui è nato e lo fa diventare un messaggio imperituro per la pace, la dignità e
la libertà di tutti gli uomini del mondo, Sueño y Mentira de Franco, invece, è visceralmente e indissolubilmente legato alla
storia ed è il fulgido manifesto antifranchista di Picasso.
Caterina Bon Valsassina
Guernica di Picasso
Mondadori Electa 2007, pp. 7-9
“La visione di Picasso, quella veramente sua, è una visione
diretta” (Stein)
“... tutti gli altri vedevano con i loro occhi il
Novecento, ma vedevano la realtà dell’Ottocento. Picasso era l’unico, nella
pittura, a vedere il Novecento con i suoi occhi, a vedere la sua realtà....
perciò fu il solo pittore ad avere il
problema di rappresentare non le verità che vedono tutti, ma le verità che può
vedere lui solo; e quello non è il mondo che il mondo riconosce come il mondo”.
Le parole di Gertrude Stein, la grande amica, protettrice e
biografa del pittore, sono a mio avviso l’introduzione più intelligente e
utile, la bussola per orientarci (e non perderci) nel caos apparente della
complessità di Picasso e di Guernica,
il grande murale commissionato nel 1937 dal governo repubblicano di Spagna per
il Padiglione Spagnolo all’“Exposition Internationale des Arts et des
Techniques dans la Vie Moderne” di Parigi (olio su tela, cm 349,3 x 776,6;
Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia).
Il 26 aprile del 1937 il mondo aveva “visto” il primo
esempio in Europa di un’azione militare di annientamento contro civili inermi,
sperimentato nel corso della guerra civile spagnola (1936-1939) su Gernika,
città simbolo dell’identità basca, distrutta dalle bombe dell’aviazione tedesca
e italiana alleate delle forze antirepubblicane guidate dal generale Franco.
Le “verità che vedevano tutti”, in quei giorni, diffuse dai
reportages fotografici e dagli articoli della stampa quotidiana internazionale,
erano edifici in fiamme, sventrati, crollati, cumuli di macerie, l’esodo
forzato di abitanti e animali. Ma la visione di Picasso del bombardamento di
Gernika era “come lo vedeva lui”, non poteva corrispondere a quella dei suoi
contemporanei, a qualunque parte politica appartenessero, ed era, come afferma
giustamente la Stein, “una visione diretta”, che “andava oltre” l’apparenza di
cose, persone, fatti, una visione capace di cogliere simultaneamente più punti
di vista, addirittura di prefigurarne lo sviluppo nel tempo.
In Guernica,
infatti, Picasso “vede” la realtà del bombardamento di civili inermi nella
città basca e la trasforma, estraendone direttamente il “principio attivo”, la
causa che lo ha provocato: lo “spaventoso bisogno del[lo] psichismo [umano]...
strano fino alla mostruosità ... [di] annientare l’esistenza dei propri simili
senza l’ombra di un motivo plausibile”.
Non risultano collegamenti diretti fra il testo allegorico
di Gurdjieff sull’“orrore della situazione” dell’uomo (noto a una ristretta
cerchia di adepti) e la celeberrima tela di Picasso, salvo il fatto che
entrambi vivessero a Parigi negli stessi anni. Eppure, essi hanno in comune una
visione della condizione umana antiretorica e spietatamente esatta, tanto che
parole scritte e immagine dipinta sembrano potenziarsi a vicenda. A distanza di
settant’anni dal fatto storico dal quale ha preso nome il dipinto, il messaggio
che Picasso ha voluto trasmettere al mondo con Guernica sembra aver mantenuto intatta nel tempo la sua forza
originaria proprio grazie all’esattezza brutale della verità, certamente
sgradevole, raffigurata sulla tela.
“Le immagini sono più potenti dei discorsi” o, per usare le
parole stesse di Picasso, “Io non faccio discorsi... Io parlo con la pittura” e
la potenza “oltre il tempo” di Guernica
lo dimostra senza equivoci. Le “parole” utilizzate dal pittore spagnolo per
“penetrare nel cuore del popolo, per esprimerne i sentimenti, per incitarlo
alla lotta”, dando sfogo così allo shock provocato da un atto di aggressione e
brutalità proprio nella sua terra natale, sono segni, forme, colori (gli
strumenti del linguaggio della pittura), “organizzati” sulla tela in modo da
mettere in evidenza la sua “visione diretta” dell’episodio.
Guernica è la prima opera di Picasso realizzata su commissione.
L’unica ragione per cui l’artista accettò l’incarico propostogli da una
delegazione di politici e funzionari spagnoli, nel gennaio 1937, “non fu la
natura degli eventi che stavano accadendo in Spagna ... ma il fatto che
accadessero in Spagna”. Questa circostanza avrebbe giocato un ruolo
fondamentale, condizionando fortemente l’“agenda” dell’artista in relazione
alla futura “intenzione” del quadro. L’incarico di Picasso per il Padiglione
Spagnolo si configura come una committenza anomala: all’inizio, prima del
bombardamento di Gernika, il pittore sceglie un tema decisamente apolitico, Il pittore e la modella, per il quale
produce solo pochi schizzi; dopo la catastrofe della città basca, decide, in
accordo con la committenza, di modificare radicalmente il soggetto in una
denuncia politica del crimine franchista; si mette al lavoro e in cinque
settimane lo conclude, devolvendo successivamente il compenso di 150.000
franchi, pattuito come rimborso per le spese vive, a favore di un fondo per i repubblicani
spagnoli in esilio.