Prima giornata
“intera” a Parigi. Destinazione Saint-Ouen. Il cimitero, non il mercato delle
pulci, anche se poi la strada è la stessa. Cimitero dimenticato anche da chi ha
scritto libri sui cimiteri di Parigi. O almeno, non descritto nei due volumi
che ho in casa: l’illustratissimo e bilingue Secrets des cimetières de Paris - Secrets of the Paris Cemeteries
di Jacquelin Barozzi, Éditions Massin 2012 e il più letterario Les Cimetières de Paris di Michel
Dansel, Éditions Denoël 1987. Tra le loro pagine primeggiano le aree del Père-Lachaise, di
Montparnasse, di Montmartre e giù giù fino ai più piccoli cimiteri di periferia
felicemente dimenticati dai giri turistici massificati, ma del cimetière de Saint-Ouen nessuna traccia.
In mio aiuto arriva sant’Internet, dove trovo una piantina voluta
dalla Mairie de Paris, con breve
spiegazione, numerazione dei campi e l’elenco di 71 tombe di prestigio. La stampo ed evidenzio due punti di mio interesse,
così descritti:
- VALADON Suzanne (1865-1938) peintre (mère d’Utrillo)
- CASAGEMAS Carlos (1881-1901) peintre, ami de Picasso (La mort de Casagemas, 1901 par Picasso).
Arrivarci è facile: linea 4 della metropolitana, direzione Porte de
Clignancourt. Al capolinea si continua a piedi per avenue Michelet, coi suoi larghi
marciapiedi occupati dai venditori di ciarpameria varia. Qui la
fauna umana è essenzialmente magrebina, giovane e - nel mio caso - inutilmente
incazzata. La cronaca: vedo una vitrea porticina deturpata da scritte e per
abitudine alzo la fotocamera all’occhio. Un venditore subito mi urla no foto! no foto! Senza abbassare la
fotocamera gli rispondo: perché no? Lui
ci resta lì come quel de la mascherpa - forse perché finora nessun viso pallido ha
osato reagire alla sua provocazione - e non trova di meglio che ribattere il
mantra di cui sopra. Con gesto plateale scatto una foto, poi una seconda. Calo
la fotocamera e mi giro: vedo occhi bianchi su sfondo scuro che scrutano la non-reazione
dell’ammutolito no-fotista. Saluto e
me ne vado, puntando al sottopasso del Boulevard Phériphérique.
Poco più avanti, sulla destra vedo una costruzione in fase di ruspante
abbattimento. Intuito il mio interesse un uomo in gita col suo pisciante cagnolino
apre il dialogo:
- Hanno abbattuto una chiesa
copta per costruire un supermercato.
- E i copti adesso dove vanno?
- Eh, loro hanno già la chiesa
nuova, più in là - e mi indica un posto indefinito.
- Già. Il cimitero è lontano?
- Prima a destra, c’è un cartello.
Una sequenza di show rooms
lucranti sul culto dei morti è il miglior segnavia: le esposizioni di tombe
marmoree si alternano ai venditori di fiori.
All’ingresso del cimitero un verde cartello regala brandelli di
cronaca spicciola.
Di fronte ho l’alberata Avenue du Rond-Point, a sinistra l’Avenue de
l’Ouest. Seguendo quest’ultima ben presto sono alla semplice tomba della famille valadon utter. Inutile cercare
il nome di Utrillo: il figlio della Valadon è sepolto altrove, al cimitero
Saint-Vincent, sulla butte di
Montmartre.
Prendo a seguire l’Avenue du Sud, quella che porta direttamente al
cimitero vecchio, separato dal cul-de-sac
che porta il nome di Rue Adrien-Lesesne. Il vecchio cimitero è piccolo e di
forma triangolare. Di fronte ho l’Avenue Laterale. La seguo e al muro giro a
destra. In fondo, campo 7, trovo lo spoglio rettangolo sotto cui giace Carlos
Casagemas (francesizzato Charles sulla lapide).
Su Casagemas propongo una selezione dei miei appunti, con bibliografia
racchiusa tra parentesi quadre. Aggiungo: in casa ho copia digitale di tutte le
riviste segnalate.
1899 - [O’Brian 72 e 74; Palau 151 e 152]. A febbraio Picasso termina Costumi d’Aragon, che gli vale la medaglia di terza classe a Madrid e la medaglia d’oro a Málaga. Andato perduto, si conserva una caricatura apparsa su Blanco y Negro del 13 maggio.
1899 - [O’Brian 72 e 74; Palau 151 e 152]. A febbraio Picasso termina Costumi d’Aragon, che gli vale la medaglia di terza classe a Madrid e la medaglia d’oro a Málaga. Andato perduto, si conserva una caricatura apparsa su Blanco y Negro del 13 maggio.
[O’Brian 79; Perry 40; Sabartés 20]. Metà
febbraio (gennaio per Museu Picasso): rientrato da Horta de Ebro a Barcellona,
dopo aver litigato col padre se ne va di casa e trascorre parecchie settimane ospite
in un bordello, ricambiando l’accoglienza delle ragazze decorando le pareti
delle camere. [Nota di Gcm: che sia nato qui il Bordel d’Avinyó, ora noto come Les
demoiselles d’Avignon?]. Lasciato il bordello Picasso va ad abitare con
l’amico Santiago Cardona, fratello di Joseph, lo scultore conosciuto alla
Llotja. A fianco dell’atelier di corsetteria dei Cardona, Picasso ha a sua disposizione
una stanzetta la cui finestra dà sulla carrer dels Escudellers Blancs. Qui
dipinge nell’aprile 1899.
[Palau 157 e
sgg]. In febbraio, a Barcellona esce il primo numero della rivista Quatre Gats, diretta da Pere Romeu.
[O’Brian 83].
Una certa tendenza all’anarchia era sempre presente in Picasso e le discussioni
al Quatre Gats semplicemente
chiarirono e incoraggiarono un odio preesistente verso l’autorità e un deciso
rifiuto alle regole imposte dall’esterno.
[Perry
41, O’Brian 79; Sabartés 25]. Frequentando
il turbolento gruppo dei Quatre Gats
- tutti uomini abbigliati con giacche diritte, gilet, pantaloni stretti, larghe
cravatte sgargianti e l’immancabile pipa in bocca - Picasso ha avuto modo di
conoscere i pittori Junyer Vidal, Nonell, Sunyer e Casagemas; il critico d’arte
e giornalista Carlos Junyer Vidal e suo fratello Sebastià (che diventò pazzo);
Josep Xiro (pure lui finito in manicomio); Joachim Mir (Picasso e lui si
scambiarono i ritratti); lo scultore Manolo Hugué detto Manolo (che Picasso
aiutò per tutta la vita); l’anarchico Jaime Brossa; Zuloaga, che divenne
fascista al tempo di Franco e denunziò Picasso; i fratelli Ángel e Fernándes de
Soto detto Mateu; lo scrittore Ramón
Reventós
e suo fratello Cinto; il poeta
Jaime Sabartés, che diventerà suo assistente fino alla sua morte, nel 1968. Tra
i più anziani, in questa cerchia, figurano il critico Eugenio d’Ors, autore di Pablo Picasso e altri studi; il pittore
e scrittore Santiago Rusiñol, lo storico dell’arte Miguel Utrillo,
il pittore Ramón Casas. Ma anche Joseo e Joaquim Bas, Josep ed Elim Fontbona,
Josep, Joan e Juli Gonzales, Sebastia e Oleguer Jubyent e gli innominali Pixot:
Josep, Ramon, Lluis, Ricard… e i “solitari” Manolo Hugué, Joan Vidal Ventosa,
Anglada Camarasa, Rocarol e Ricardo Opisso.
1900 - [O’Brian 87; Sabartés 40-41]. Dai primi di
gennaio e fino a settembre Picasso condivide gratuitamente con Carlos Casagemes
una grande soffitta, priva di mobili ma ben illuminata da grandi finestre,
all’ultimo piano di una vecchia casa che loro chiamano obrador perché destinata all’uso industriale - in Riera de San Joan
17. L’atelier è di proprietà del padre di Carlos, console generale degli Stati
Uniti a Barcellona. È qui - ascoltati i discorsi di Casas, Rusiñol, Utrillo e
Nonell, che ha un atelier in rue Gabrielle - che Pablo prepara il suo primo
viaggio a Parigi, obiettivo l’Esposizione universale. Ogni paese sceglie gli
artisti che lo rappresenteranno. Picasso invia alcune tele e Ultimi momenti (ora coperta da La Vita, 1903) è selezionata per
l’Esposizione Universale che si inaugura a Parigi il 14 aprile ed esposta al
Grand Palais.
[Palau 192-194]. Primavera: Picasso e
Casagemas vanno a Sitges e a Badalona.
[Sabartés 44; O’Brian 97-98]. Il padre paga a
Pablo il biglietto del treno (e faticherà per arrivare a fine mese) e verso il
15 di ottobre [nei giorni che precedono il 27 settembre scrive Museu Picasso;
pochi giorni dopo il suo diciannovesimo compleanno scrive Penrose 87] lui e
Casagemas arrivano a Parigi, Gare d’Orsay. La prima idea è di prendere un
atelier al 9 di rue Campagne-Prèmiere. Sulla strada per Montparnasse, dove si
reca per vedere lo studio, casualmente Picasso incontra Nisidro Nonell, prossimo a
rientrare a Barcellona, che gli offre il suo atelier al 49 di rue Gabrielle. Le
spese sono divise per tre, essendo arrivato a Parigi anche Pallarés.
[Sabartés 43; Palau 200-201]. Come giunsero a
Parigi, dalla Gare d’Orsay inaugurata da poco, Picasso e Casagemas non si
diressero subito a Montmartre, come si è soliti affermare. Si recarono,
dapprima, a un indirizzo preciso di Montparnasse: 9, rue de Campagne Première.
Lì c’era un grande edificio, ove allora esistevano numerosi studi, occupati da
artisti. In uno di questi si era installato il pittore e scenografo Oleguer
Junyent, con la mediazione del quale ne affittarono uno per loro. Secondo André
Warnold (pag. 174), l’edificio fu costruito con materiali provenienti dalla
demolizione dell’Esposizione Universale del 1899. Quasi sicuramente a
Montparnasse, Picasso e Casagemas videro anche i pittori Isern e Pidelaserra i
quali, con lo scultore Fontbona, abitavano nello stesso quartiere (sappiamo che
dal loro studio s’intravedeva l’orologio di Val de Grace). Solo dopo essersi
accertati di avere un letto assicurato, si diressero a Montmartre per salutare
Isidre Nonell, che abitava al numero 49 di rue Gabrielle. Questi li informò che
sarebbe partito, alcuni giorni dopo, per Barcellona. Forse perché piaceva loro
quello studio, forse perché preferivano Montmartre, allora molto più celebre di
Montparnasse, prenotarono lo studio di Nonell per quando costui lo avesse
abbandonato. Picasso mi disse che avevano potuto recuperare una parte della
caparra data per lo studio di rue Campagne Première, che abbandonarono subito
per andare a installarsi provvisoriamente, mentre attendevano la partenza di
Nonell, all’Hôtel du Nouvel Hippodrome (in rue Caulaincourt, mi sembra), al
prezzo di tre pesetas al giorno.
[Palau 202]. Che la prima visita
all’Esposizione fosse dedicata alla sezione pittura, come riferisce Casagemas,
non ha nulla di strano. D’altra parte Picasso ha un quadro nella sezione
spagnola (numero 79 del catalogo), con il titolo Gli ultimi momenti, sicuramente lo stesso già esposto ai 4 Gats.
[Palau 212]. Nonell aveva presentato a
Picasso e a Casagemas tre modelle: Laure Gargallo detta Germaine, ballerina al
Molulin Rouge, e le sorelle Antoinette e Louise Lenoir detta Odette. Germaine
era sposata con un certo Florentin.
[Perry 43]. Casagemas mi seguiva dappertutto,
ma, quando entriamo in un bordello, il suo lungo naso si allunga ancora. Lui mi
aspettava in basso mentre io salivo godente a quelle sedie rosa e violetto.
Credevo fosse disgustato, lui era impotente, l’ho saputo troppo tardi.
Casagemas mi ha insegnato che noi siamo tutti differenti.
[Sabartés 55; Palau 206-207]. Casagemas
s’innamora di Germaine.
[Perry 61]. Il 23 o 24 dicembre Picasso e
Casagemas rientrano a Barcellona per passare il Natale in famiglia. Il 30
dicembre i due sono a Málaga, in visita allo zio di Pablo, Salvador Ruiz. Questi, viste le pessime condizioni del loro abbigliamento, si rifiuta di ospitarli. Scelgono l’Hôtel Tres Naciones e anche qui - causa l'evidente povertà di mezzi - trovano difficoltà, superate da Pablo solo dopo aver fatto il nome dello zio. Tre giorni dopo Casagemas lo lascia perché
vuole rientrare a Parigi.
[Palau 210]. Appena giunsero a Malaga, i due
amici andarono alla locanda delle Tre Naciones, situato in calle Casas
Quemadas. Ma i loro abiti dovevano essere davvero in condizioni penose, dato
che la padrona si rifiutò di accoglierli. Picasso ricorse infine alla zia Marìa
de la Paz Ruiz Blasco, che abitava nello stesso stabile, affinché lui e il suo amico fossero accettati.
1901 - [Palau 210; Sabartés 41]. Gennaio. A
Malaga Picasso e Casagemas passavano le notti in taverne e postriboli,
soprattutto nella casa chiamata Lola la Chata. Lo zio Salvador gli diede
l’indirizzo di un sarto perché si facesse un abito decente. Casagemas era
sempre ubriaco. Un giorno, grazie alle conoscenze dello zio Salvador, Pablo lo
fece salire su una delle navi dirette a Barcellona e Casagemas abbandonò Malaga.
Partito Casagemas, Picasso comprese che non aveva più nulla da fare nella sua
città natale e decise di andare a Madrid. Secondo Sabartés, questa permanenza di
Picasso a Malaga durò meno di due settimane. Considerando che era giunto il 31
dicembre, bisogna situare la data della partenza di Picasso per Madrid verso il
12 o il 13 di gennaio.
[Palau
212-214]. Parigi, 17 febbraio. Casagemas - ospite di Pallarés nel suo nuovo
studio al numero 120 ter di boulevard de Clichy - annuncia di voler tornare a
Barcellona e per festeggiare la partenza invita Pallarés, Manolo e Riera,
Germaine e Odette a cenare con lui al ristorante L’Hippodrome, al 128 di boulevard de Clichy. Qui, dopo l’ennesimo
litigio con Germaine, Casagemas estrae una pistola e le spara un colpo, mancandola.
Subito dopo Casagemas si punta la pistola al cervello e si spara, stramazzando
su una sedia. Portato all’ospedale Bichat muore alle 23,30. Sarà sepolto a
Montmartre Saint-Ouen, mentre la commemorazione funebre si terrà a Barcellona, nella
chiesa di Santa Madrona.
[Sabartés 55] Malheureusement, Casagemas qui
s’est mis une femme en tête
ne fait rien ; il ne peint plus, boit pour se distraire et pense au suicide.
Que peut faire Picasso auprès d’un tel ami ? A peine a-t-il eu le temps d’aller
au Louvre et au Luxembourg. Il a parcouru Paris ; il a vu le Molin Rouge, il a
pris l’air de Montmartre. Il a fait plus ou moins attention à ce qui s’y peint
et s’y dessine. Ce qu’il ne peut voir faute de temps, il le devine dans les
conversations. Il se préoccupe de tirer Casagemas de son mauvais pas. Aussi
projette-t-il de l’amener à Malaga. Peut-être là-bas le soleil lui rendra-t-il la
gaîté. C’est inutile. Casagemas ne réagit pas. Il est hanté par le suicide. Et
comme il se met à boire sans arrêt, Picasso s’en sépare. Casagemas retourne à
Paris dès qu’il se sent libre et, quelques jours après, il se suicide.
Io non so perché non
c’ero, ma pare che il vero problema di Casagemas - la ragione per cui Germaine
rifiutava di aderire alle sue profferte d’amore - non fosse l’impotenza ma una
dolorosa fimosi, problema risolvibile con un intervento chirurgico. Quanto al
suicidio, pare che nello studio di rue Gabrielle a Casagemas che le chiedeva di
non abbandonarlo per andare a casa di altri artisti lei avesse risposto: “loro,
almeno, sanno usare qualcos’altro oltre al pennello”. Una frase mortale per il
giovane spagnolo, anche perché pronunciata in presenza di Picasso e di Pallarés.
Quanto alla fatidica
sera del 17 febbraio, Casagemas sparò sì un colpo di pistola in direzione di
Germaine, ma lei fu lesta a scansarsi e a ripararsi dietro Pallarés. Ed infatti
fu Pallarés ad essere colpito, fortunatamente in maniera non grave.
Picasso - che al
momento del fatto si trovava a Madrid e seppe della morte dell’amico solo mesi
dopo - ricorderà Casagemas con alcune tele. In una, accanto al volto di Carlos sul letto di morte - il foro del proiettile in primo piano - compare una
candela. Come Picasso ammise, quella vivida fiamma che illumina il volto del
morto altro non è che il sesso femminile, dolore e causa della morte di
Casagemas.
La vita continua e i morti non risorgono. Tre anni dopo
Germaine e Pablo si ritrovano e per alcuni mesi frequentano con passione lo
stesso letto. Riprendo dalle mie note:
1904 - [Vallard 91]. 12 aprile: Picasso è a
Parigi in compagnia di Sebastià Junyer Vidal.
[Penrose 129]. Sul lato occidentale della
collina di Montmartre, in una piazzetta che ora si chiama place Émile-Goudeau,
esiste ancora un curioso e malandato edificio che oltre cinquant’anni fa Max
Jacob battezzò ironicamente Bateau Lavoir, la meta per la quale
Picasso e Sebastia Junyer y Vidal partirono da Barcellona nell’aprile 1904.
[Vallard 93]. Nella Maison du Trappeur (13 rue de Ravignan, oggi place Émile-Goudeau) -
che un giorno diventerà famosa col nome di Bateau
Lavoir, nome che allora i frequentatori ignoravano - l’atelier di Paco
Durio è vuoto, così Picasso ci si installa.
[Perry 107]. Lì ritrova la colonia spagnola:
Ricardo Canals e sua moglie (la romana Benedetta Bianco Coletta, già modella di Degas
e di Renoir; dirà Picasso: “io l’amavo perché lei ci faceva mangiare e perché non tradiva il
marito”), Manolo, Totote, Ramón Pitchot, Germaine; Juan Gris li raggiungerà
poco dopo. Max Jacob lo presenta al critico André Salmon e conosce Kees van
Dongen, due residenti dell’immobile.
[Perry 112]. Una tavola, l’Arlequin au verre, mostra Picasso seduto
accanto a Germaine. Sullo sfondo Frédé suona la chitarra.
[Perry
107]. Estate: Germaine è uscita dalla vita di Pablo. “Quel che ho fatto di
meglio in questo periodo viene da Madeleine e dal Lapin Agile. La Femme au
casque de cheveaux è Madeleine, la Femme
à la Corneille è Margot, la
nipote di Frèdé del Lapin Agile. Ella sposerà Mac Orlan”. Picasso, che ne
diviene amante, la ritrae anche nella Femme
en chemise, nel Nu assise e nella
donna in piedi delle Deux Amies;
ancora: è lei la donna accanto ad Arlecchino nella Famille de l’Acrobate au Singe e nella Famille d’Arlequin.
[Perry 107-108; Penrose 133 sgg]. Autunno: Pablo
incontra Fernande Bellevallée (Amélie Lang all’anagrafe, moglie divorziata di
un certo Olivier), modella professionista, ora l’amante di Joaquím Sunyer, abitante nei pressi del Bateau
Lavoir. I suoi genitori fabbricano “Fiori e Piume e Arbusti Artificiali”.
Picasso si ritrae accanto a lei in due acquarelli: Contemplation e Nu endormi.
[Penrose 145 sgg]. Il “rosa” (o periodo del
circo, come preferisce Picasso) arriva con L’Acteur.
Come dire: dall’incubo
seguito alla morte di Casagemas Picasso ne è uscito solo dopo aver amato Germaine.
Poi lei sposerà Ramón Pitxot, pittore catalano.
* * *
Esco dal cimitero,
ripasso tra i tendoni del mercatino - altro lato della strada: qui a tener
banco sono soprattutto i Sikh - e m’infilo nell’intestino detto metropolitana. Riemergo
alla luce mezzora dopo, fermata Odéon. Dall’alto del suo basamento il cittadino
Danton controlla il traffico. Un tempo, lui teneva casa qui, proprio dove oggi si
erge la sua statua. È proprio vero: Parigi era tutta
un’altra casa.
LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
2 ottobre 2017