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martedì 27 gennaio 2015

Santa Maria alla Fontana, Milano


Mail inviata nel 2007

Una frase presente in una mia mail ha creato un certo movimento di posta elettronica.

Ecco la vera ragione perché sulle antiche tombe si usava incidere una sola data - quella della morte - tralasciando l’altra data, quella in cui si è stati partoritimorti” a causa del peccato originale.

Chiarisco: la Chiesa che si rifà al Cristo è una Chiesa fondata sulla Resurrezione, dottrina che obbligatoriamente prevede la morte del corpo e la trasmigrazione dello spirito nell’Aldilà.
Solo all’Unto o Messia e alla sua vergine madre si è concessa l’ascensione del corpo in cielo.
In altre parole, è una Chiesa fondata sul controllo della morte - momento ambito dai primi seguaci, che “cercavano” il martirio. Per tale ragione la sua ritualistica iniziò presso i cimiteri (le catacombe, intese come grotte-utero dove “morire” e “rinascere”; in termini tecnici, il processo è noto come regresso in utero, molto praticato ancor oggi in molti luoghi o templi dell’India, ma anche ben presente negli ambienti mesopotamici, persiani, hittiti, palestinesi, egiziani...). Divenuta religione tollerata, si lasciarono le grotte per costruire le chiese - evoluzione stilistica della grotta-utero: si entra nel grembo della madre-chiesa - e le prime furono erette nei pressi dei cimiteri; queste basiliche fuori città racchiudevano fra le loro mura le tombe dei cristiani morti, meglio se in odore di “martirio”, un termine utilizzato con troppa generosità e la storia insegna che tutto non andò proprio come raccontato... Ma tant’è: ognuno vende la propria mercanzia cercando di trarne il maggior profitto.

Il “controllo” del morto - meglio: del morente - pervadeva (e pervade tuttora) la politica del clero. Per loro, l’essere umano è un morto deambulante fin dalla nascita, macchiata da un presunto “peccato originale”. Una prima “resurrezione” terrestre si ha col rito del battesimo, termine derivato dal greco baptìzein = immergere, ovvero il rito di iniziazione celebrato con l’acqua. Lo stesso rito è celebrato quotidianamente dalle masse indiane con le loro abluzioni nei fiumi sacri. L’immergersi - o farsi aspergere - nell’acqua è ovunque simbolo di iniziazione, morte e rinascita, rigenerazione, rinnovamento, così come il riemergere dall’acqua è rinascita e resurrezione. È dunque un rito di passaggio dalla materia allo spirito. Per i cattolici, infine, è il sacramento che lava dal peccato compiuto da Adamo e (soprattutto) da Eva.
Nel battesimo antico l’acqua divenne la metafora teologica più importante: le acque del battesimo erano la tomba dove era sepolto l’uomo peccatore e l’ambiente vivificante in cui veniva generata la nuova creatura. Sintetizzò Cirillo di Gerusalemme (Catechesi): “Questa acqua salutare diveniva insieme vostra tomba e vostra madre”. Oltre a questa di Cirillo, numerose altre citazioni patristiche chiariscono il ricco simbolismo del battesimo, a cominciare da Ireneo da Lione (Contro gli eretici) che aveva già chiamato il battesimo “il bagno dell’immortalità”, per finire a Cromazio di Aquileia (Commento a Matteo) che spiega: “Rimanendo immersi nell’acqua del battesimo, si otterrà con certezza la vita eterna”.

In principio, la “resurrezione terrestre” o “rinascita” (visto come questi termini ci avvicinano alla religiosità orientale?) richiedeva “acqua viva”, dunque le rive dei fiumi. Siccome ogni vescovo - come i brahmana dell’India - erano “padroni di se stessi”, in mancanza di una teologia e di una Chiesa unificata ognuno impostava i propri riti secondo convenienza. E qui nasce il teologico problema del “battesimo degli eretici”, espressione che può intendere il battesimo ricevuto da un eretico convertito, ma che nella Chiesa romana del III e IV secolo indicava il battesimo amministrato da ecclesiastici aderenti a una dottrina diversa, dunque “eretica”. Tertulliano (220 ca) e Clemente Alessandrino (m. 215 ca) ritenevano che il battesimo amministrato da “eretici” fosse invalido e che coloro che intendevano essere ammessi alla Chiesa romana dovevano essere ribattezzati, parificando quel che facevano i Donatisti, che già ribattezzavano coloro che dalla Chiesa romana passavano all’eresia.
I desiderata di Tertulliano e di Clemente rimasero tali: il battesimo amministrato dagli “eretici” fu sempre riconosciuto dalla Chiesa romana e il IV concilio Lateranense (e siamo all’anno 1215!) chiuse la discussione affermandone la validità “purché il ministro abbia l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa”.

Non esiste religiosità senza i pagani “numeri sacri”. Da brava costola del giudaismo, il cristianesimo portò in dote l’Uno, il Tre, il Cinque, il Sette, il Nove.... Di questi, il più utilizzato è certamente il Tre, celebrato dagli anni pubblici del Cristo: nasce in una famiglia di tre persone, predica per tre anni (circondandosi di dodici apostoli: 1+2=3), muore dopo tre giorni di passione, alle tre del pomeriggio, su di un monte su cui sono erette tre croci (e solo lui, dei tre condannati, sarà inchiodato con tre chiodi di ferro, un metodo riservato solo agli schiavi); una volta assunto in cielo si unisce al Padre e allo Spirito Santo, formando la Trinità...
Anche la vita del mortale è suddivisa in tre parti: il primo periodo porta dalla nascita al battesimo; il secondo, conseguenza del primo, permette al “rinato” di poter accedere ai sacramenti celebrati dal vescovo nella cattedrale; il terzo si conclude nella basilica, la chiesa costruita per custodire il corpo dei morti, meglio se a ridosso della tomba di un martire.

Per controllare (leggi: sottrarre adepti agli “eretici”) il passaggio dal primo al secondo stadio s’inventò un apposito edificio, che prese il nome dal bacino dei bagni privati nelle case romane: baptisterium. In origine aveva una pianta quadrata o circolare, con vasca centrale; solo a partire dal IV secolo si videro i primi ottagoni, forma amata dal “barbaro” sant’Ambrogio, originario di Treviri. La zona centrale era generalmente sovrastata da una cupola, sotto la quale si trovava il fonte battesimale, delimitato talora dal ciborio - reminescenza, quest’ultimo, del giudaico tallit, come pure giudaica è l’usanza di chiudere gli spazi fra le colonne con tende allo scopo di impedire agli astanti, raccolti nel deambulatorio oltre le colonne, di assistere al sacramento.

In principio, i battisteri furono costruiti presso un fiume o in posti dove era facile canalizzare l’acqua, in modo da riportare la “corrente vitale” all’interno delle mura. Ma non sempre questo era possibile: a Milano, i due battisteri costruiti da Ambrogio godevano dell’acqua deviata da una fiumicella che passava non molto lontano. La scomparsa naturale dei fiumi o la ristrutturazione della geografia cittadina portarono alla necessità di ricorrere al più simbolico rito dell’aspersione - ecco la ragione per cui molti battisteri hanno il solo tubo di scarico dell’acqua ma non quello d’ingresso! - e quando il rito dell’aspersione diventò dominante, le costruzioni di grandi dimensioni risultarono superflue.
In seguito la Chiesa cattolica trovò più utile ai suoi interessi passare dal battesimo dell’adulto al battesimo obbligato del neonato. Un fatto che mise fine alle imponenti strutture esterne, sostituite dalle più economiche fonti all’interno della chiesa. All’ingresso e a sinistra, ovviamente.

Una domanda sui fonti battesimali “All’ingresso e a sinistra, ovviamente.”
Perché sono lì situati? Sono così già nelle chiese medievali. Non ricordo se ne avevi già scritto. Saluti e grazie. RV

Con l’invenzione dell’inferno, la Chiesa definisce nel lato sinistro il lato impuro.
Nella geografia del sacro all’interno delle chiese medievali i posti erano così riservati: senatorium e viri a destra; presbiterium, sanctuarium e schola cantorum al centro; matroneum e mulieres a sinistra.
Eliminando il battesimo degli adulti, il nuovo spazio all’interno della chiesa viene riformato. Al battezzando, ancora impuro, da “limbo”, viene concesso di accedere al tempio, previo sosta purificatrice alla fonte battesimale, pacifica inner line.
Dopo il concilio Vaticano II, tutto è di nuovo cambiato. In tempi più recenti, Giovanni Paolo II ha dichiarato che il limbo non esiste. Ora i neonati sono battezzati in gruppo, direttamente sull’altare, riservando il battesimo alla fonte ai privilegiati.

A Milano, lo scorso mese di dicembre [2006], ho assistito casualmente ad un battesimo privato - ovvero non di gruppo - presso Santa Maria alla Fontana, struttura nata nel Cinquecento come ospedale per la cura delle malattie della pelle, con grande piscina utilizzata per l’immersione nelle acque “taumaturgiche” che qui scaturivano in abbondanza. Una Lourdes d’altri tempi e come tale stravolta da un’orrida chiesa “superiore” che ha relegato “in cantina” l’ex ospedale - opera di Giovanni Antonio Amadeo - e i suoi affreschi. Oggi le originarie acque sorgive sono state sostituite da una volgare “acqua del sindaco”, che sgorga dai cannelli previa apertura dell’apposito rubinetto.

© Testo e fotografie di Giancarlo Mauri