Mail inviata nel 2007
Una frase presente in una mia mail ha creato un certo movimento di posta elettronica.
Ecco la vera
ragione perché sulle antiche tombe si usava incidere una sola data - quella
della morte - tralasciando l’altra data, quella
in cui si è stati partoriti “morti”
a causa del peccato originale.
Chiarisco: la Chiesa che si rifà al Cristo è una
Chiesa fondata sulla Resurrezione, dottrina che obbligatoriamente prevede la
morte del corpo e la trasmigrazione dello spirito nell’Aldilà.
Solo all’Unto o Messia e alla sua vergine madre si è concessa l’ascensione del corpo in cielo.
Solo all’Unto o Messia e alla sua vergine madre si è concessa l’ascensione del corpo in cielo.
In altre parole, è una Chiesa fondata sul
controllo della morte - momento ambito dai primi seguaci, che “cercavano” il
martirio. Per tale ragione la sua ritualistica iniziò presso i cimiteri (le
catacombe, intese come grotte-utero dove “morire” e “rinascere”; in termini
tecnici, il processo è noto come regresso
in utero, molto praticato ancor oggi in molti luoghi o templi dell’India,
ma anche ben presente negli ambienti mesopotamici, persiani, hittiti,
palestinesi, egiziani...). Divenuta religione tollerata, si lasciarono le
grotte per costruire le chiese - evoluzione stilistica della grotta-utero: si
entra nel grembo della madre-chiesa - e le prime furono erette nei pressi dei
cimiteri; queste basiliche fuori città racchiudevano fra le loro mura le tombe
dei cristiani morti, meglio se in odore di “martirio”, un termine utilizzato
con troppa generosità e la storia insegna che tutto non andò proprio come
raccontato... Ma tant’è: ognuno vende la propria mercanzia cercando di trarne
il maggior profitto.
Il “controllo” del morto - meglio: del morente -
pervadeva (e pervade tuttora) la politica del clero. Per loro, l’essere umano è
un morto deambulante fin dalla nascita, macchiata da un presunto “peccato
originale”. Una prima “resurrezione” terrestre si ha col rito del battesimo, termine
derivato dal greco baptìzein =
immergere, ovvero il rito di iniziazione celebrato con l’acqua. Lo stesso rito
è celebrato quotidianamente dalle masse indiane con le loro abluzioni nei fiumi
sacri. L’immergersi - o farsi aspergere - nell’acqua è ovunque simbolo di iniziazione,
morte e rinascita, rigenerazione, rinnovamento, così come il riemergere
dall’acqua è rinascita e resurrezione. È dunque un rito di passaggio dalla materia allo spirito. Per i cattolici, infine, è il sacramento che lava
dal peccato compiuto da Adamo e (soprattutto) da Eva.
Nel battesimo antico l’acqua divenne la metafora
teologica più importante: le acque del battesimo erano la tomba dove era
sepolto l’uomo peccatore e l’ambiente vivificante in cui veniva generata la
nuova creatura. Sintetizzò Cirillo di Gerusalemme (Catechesi): “Questa acqua salutare diveniva insieme vostra tomba e
vostra madre”. Oltre a questa di Cirillo, numerose altre citazioni patristiche
chiariscono il ricco simbolismo del battesimo, a cominciare da Ireneo da
Lione (Contro gli eretici) che aveva già chiamato il battesimo “il bagno
dell’immortalità”, per finire a Cromazio di Aquileia (Commento a Matteo) che spiega: “Rimanendo immersi nell’acqua del
battesimo, si otterrà con certezza la vita eterna”.
In principio, la “resurrezione terrestre” o
“rinascita” (visto come questi termini ci avvicinano alla religiosità
orientale?) richiedeva “acqua viva”, dunque le rive dei fiumi. Siccome ogni
vescovo - come i brahmana dell’India - erano “padroni di se stessi”, in
mancanza di una teologia e di una Chiesa unificata ognuno impostava i propri
riti secondo convenienza. E qui nasce il teologico problema del “battesimo
degli eretici”, espressione che può intendere il battesimo ricevuto da un
eretico convertito, ma che nella Chiesa romana del III e IV secolo indicava il
battesimo amministrato da ecclesiastici aderenti a una dottrina diversa, dunque
“eretica”. Tertulliano (220 ca) e Clemente Alessandrino (m. 215 ca) ritenevano
che il battesimo amministrato da “eretici” fosse invalido e che coloro che
intendevano essere ammessi alla Chiesa romana dovevano essere ribattezzati,
parificando quel che facevano i Donatisti, che già ribattezzavano coloro che
dalla Chiesa romana passavano all’eresia.
I desiderata
di Tertulliano e di Clemente rimasero tali: il battesimo amministrato dagli “eretici”
fu sempre riconosciuto dalla Chiesa romana e il IV concilio Lateranense (e
siamo all’anno 1215!) chiuse la discussione affermandone la validità “purché il
ministro abbia l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa”.
Non esiste religiosità senza i pagani “numeri
sacri”. Da brava costola del giudaismo, il cristianesimo portò in dote l’Uno,
il Tre, il Cinque, il Sette, il Nove.... Di questi, il più utilizzato è
certamente il Tre, celebrato dagli anni pubblici del Cristo: nasce in una
famiglia di tre persone, predica per tre anni (circondandosi di dodici apostoli: 1+2=3),
muore dopo tre giorni di passione, alle tre del pomeriggio, su di un monte su cui
sono erette tre croci (e solo lui, dei tre condannati, sarà inchiodato con tre chiodi di ferro, un metodo riservato solo agli schiavi); una volta assunto in cielo
si unisce al Padre e allo Spirito Santo, formando la Trinità...
Anche la vita del mortale è suddivisa in tre
parti: il primo periodo porta dalla nascita al battesimo; il secondo,
conseguenza del primo, permette al “rinato” di poter accedere ai sacramenti
celebrati dal vescovo nella cattedrale; il terzo si conclude nella basilica, la
chiesa costruita per custodire il corpo dei morti, meglio se a ridosso della
tomba di un martire.
Per controllare (leggi: sottrarre adepti agli
“eretici”) il passaggio dal primo al secondo stadio s’inventò un apposito
edificio, che prese il nome dal bacino dei bagni privati nelle case romane: baptisterium. In origine aveva una pianta
quadrata o circolare, con vasca centrale; solo a partire dal IV secolo si
videro i primi ottagoni, forma amata dal “barbaro” sant’Ambrogio, originario di
Treviri. La zona centrale era generalmente sovrastata da una cupola, sotto la
quale si trovava il fonte battesimale, delimitato talora dal ciborio -
reminescenza, quest’ultimo, del giudaico tallit,
come pure giudaica è l’usanza di chiudere gli spazi fra le colonne con tende
allo scopo di impedire agli astanti, raccolti nel deambulatorio oltre le
colonne, di assistere al sacramento.
In principio, i battisteri furono costruiti presso
un fiume o in posti dove era facile canalizzare l’acqua, in modo da riportare
la “corrente vitale” all’interno delle mura. Ma non sempre questo era
possibile: a Milano, i due battisteri costruiti da Ambrogio godevano dell’acqua
deviata da una fiumicella che passava non molto lontano. La scomparsa naturale dei fiumi o la ristrutturazione della geografia
cittadina portarono alla necessità di ricorrere al più simbolico rito
dell’aspersione - ecco la ragione per cui molti battisteri hanno il solo tubo
di scarico dell’acqua ma non quello d’ingresso! - e quando il rito dell’aspersione
diventò dominante, le costruzioni di grandi dimensioni risultarono superflue.
In seguito la Chiesa cattolica trovò più utile ai
suoi interessi passare dal battesimo dell’adulto al battesimo
obbligato del neonato. Un fatto che mise fine alle imponenti strutture
esterne, sostituite dalle più economiche fonti all’interno della chiesa.
All’ingresso e a sinistra, ovviamente.
Una domanda sui fonti battesimali “All’ingresso
e a sinistra, ovviamente.”
Perché sono lì situati? Sono
così già nelle chiese medievali. Non ricordo se ne avevi già scritto. Saluti e
grazie. RV
Con l’invenzione dell’inferno, la Chiesa
definisce nel lato sinistro il lato impuro.
Nella geografia del sacro all’interno
delle chiese medievali i posti erano così riservati: senatorium
e viri a destra; presbiterium, sanctuarium e schola
cantorum al centro; matroneum e mulieres a sinistra.
Eliminando il battesimo degli adulti, il nuovo
spazio all’interno della chiesa viene riformato. Al battezzando, ancora
impuro, da “limbo”, viene concesso di accedere al tempio, previo
sosta purificatrice alla fonte battesimale, pacifica inner
line.
Dopo il concilio Vaticano II, tutto è di nuovo
cambiato. In tempi più recenti, Giovanni Paolo II ha dichiarato che il limbo
non esiste. Ora i neonati sono battezzati in gruppo, direttamente sull’altare, riservando il battesimo alla fonte ai privilegiati.
A Milano, lo scorso mese di dicembre [2006], ho assistito
casualmente ad un battesimo privato - ovvero non di gruppo - presso Santa Maria alla Fontana, struttura nata nel Cinquecento come ospedale
per la cura delle malattie della pelle, con grande piscina utilizzata per l’immersione nelle acque “taumaturgiche”
che qui scaturivano in abbondanza. Una Lourdes d’altri tempi e come tale
stravolta da un’orrida chiesa “superiore” che ha relegato “in cantina” l’ex ospedale - opera di Giovanni Antonio Amadeo - e i suoi affreschi. Oggi le originarie
acque sorgive sono state sostituite da una volgare “acqua del sindaco”, che
sgorga dai cannelli previa apertura dell’apposito rubinetto.
© Testo e fotografie di Giancarlo Mauri
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