Estraggo dalle mie note personali:
14.6.1974. Canalone di
Val Cassina - scesi per troppa neve - Gardata - Alpe Cetra - Rif. Bietti.
La notte alla bella stella e la colazione è già il passato.
Il presente è la traversata dei canali che precedono i Prati di Val Méria,
puntando all’imbocco del Canalone di Val Cassina (o Canalone dei Carbonari), il
largo solco che separa il Sasso Cavallo dal Sasso dei Carbonari, due toponimi
intriganti.
Scrive Dante Olivieri nel suo fantasioso Dizionario di toponomastica lombarda:
- Cavallo (Santella del-), Lumezzane, BS, presso un valico;
Piazza cavallo, monte, V. Saggia «in forma di sella»: qui cavallo serve come denominazione di un passo di montagna.
Sarà così probabilmente anche per Monte cavallo,
Ballabio, CO, presso un Sasso cavallo…
[sic!]
Le mie passate ricerche sul campo - si legga: quando negli
anni Settanta giravo per le Grigne interpellando vecchi e già allora rari
alpigiani e vaccari -, mi avevano portato a queste conclusioni: nella parlata locale
il primo sperone roccioso, quello più a valle, era detto Sass de Cavàl perché sovrastante i prati a cavallo tra due vallate.
Per il Sasso dei Carbonari, invece, tutto è già più
facile: per secoli ai suoi piedi i carbonai hanno acceso i fuochi utili a trasformare
il legname in carbone, ma siccome parte del legname proveniva dal versante
settentrionale, quello a monte della bastionata rocciosa, per evitare il lungo
e difficoltoso aggiramento ai tagliaboschi non restava che servirsi del ripido canalone, servendosi di corde e di arpioni per calare i tronchi.
E qui mi è sempre venuto da ridere nel leggere le relazioni pubblicate
sulla Rivista Mensile del CAI, dove
alcuni alpinisti vantavano chi la prima ascensione del canalone, chi la sua discesa,
chi addirittura la prima solitaria con nuova variante d’uscita ...mentre la mia fantasia vedeva tagliaboschi che salivano e
scendevano, districando tra porchi e madonne i tronchi incagliati.
E sì, è proprio vero che (almeno in
questo caso) la storia l’ha scritta chi aveva la penna in mano, non certo i
boscaioli e i carbonai, che suppongo analfabeti.
Come amo ripetere, per essere compreso ogni fatto deve sempre essere inquadrato nel periodo storico e culturale in cui è avvenuto - e questo
vale per tutto …viaggi pedestri inclusi.
A noi quella mattina di giugno il canalone si è presentato
carico di neve, con alcuni pendii ricoperti da una sottile patina di ghiaccio.
Niente di difficile per chi ha lunga pratica di alpinismo, un problema, invece,
per chi intende pubblicare una guida escursionistica che, come dice il nome, si
rivolge ad un pubblico non necessariamente acrobatico.
Dovevo trovare una soluzione, al fine di consigliare un
itinerario agibile tutto l’anno, o quasi, e la soluzione da me trovata era
alquanto penosa: scendere alla Gardata (450 metri più in basso) per poi attraversare
i boschi del Quadro fino all’Alpe Cetra, vecchia osteria di montagna ormai in
disuso. Qui arrivati non restava che riprendere a salire, recuperando il
dislivello perduto.
Alla fine della salita il roccioso e stretto passaggio delle Porte (detto anche Le
Termopili) s’incarica di introdurci al pianoro del Releccio e al vicino Rifugio Luigi Bietti.
Il tricolore sventola, le finestre sono spalancate e i suoi gestori, Guido e Maria Macchiavelli,
sono sulla porta per darci il benvenuto.
LE FOTOGRAFIE DI
GIANCARLO MAURI
14 giugno 1974, venerdì
Nessun commento:
Posta un commento