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lunedì 30 giugno 2014

Da Parigi alla Pliniana (2)

Dal film Malombra, 1942
diretto da Mario Soldati

feuilleton in tre puntate, #2

Seppur circondata dall’affetto dei suoi cari, la vedova Berthier decide che il futuro suo e dei suoi figli è in Francia. Appena gli accadimenti politici lo permettono (Napoleone è sconfitto, Luigi XVIII è di nuovo sul trono, i beni immobili restituiti), Elisabetta lascia la Baviera per il castello di Grosbois, con migrazioni invernali all’Hôtel d’Estignac di Parigi, Boulevard de la Madeleine, una proprietà del defunto marito sita al centro dei più rinomati salotti, allietati dai letterati e dagli artisti più à la page del momento. Rammentando i balli del mattino, i balli della sera e tutte le altre feste, annota madame de Girardin: “Parigi balla, Parigi salta, Parigi si diverte”. Beh, forse non proprio tutti...

* * *

I PRINCIPI DI BELGIOJOSO-ESTE. Nel 1824 l’esile Cristina Trivulzio - la sedicenne figlia di Gerolamo Trivulzio e di Vittoria dei marchesi Gherardini - molla al suo destino un piagnucoloso cugino per sposare il desiderato principe Emilio Barbiano di Belgiojoso-Este, uomo affascinante che ha fama (meritata, a dispetto dei suoi 24 anni) d’essere un grande collezionista di cuori femminili. Dotato di una voce calda e sensuale (Rossini lo ammira sperticatamente), Emilio è il re dei salotti milanesi. Come facilmente previsto dalla vox populi, la vita matrimoniale tra il principe ingordo di piaceri e la più intellettuale sposina non può durare a lungo. Infatti, quattro anni dopo le nozze i due si separano, seppur decidendo di restare amici in virtù dell’unica loro affinità: l’odio verso la dominazione austriaca. Entrambi amici di Mazzini e iscritti a società segrete, strettamente sorvegliati dalle spie e perseguitati dalla polizia, ai due non resta che lasciare Milano e raggiungere a Parigi gli amici colà già espatriati.
La prima a partire è Cristina, gravata di un fardello di non poco conto: il bel mondo parigino vive nel lusso più sfrenato mentre a lei il governo austriaco ha sequestrato tutti i beni mobili e immobili. Comunque decisa ad aprire un suo salotto politico, a Parigi Cristina affitta una casa all’angolo della Rue de l’Arcade e la Rue neuve des Mathurins. Il quartiere è popolare …ma la società bene parigina, infatuata dell’Italia e degli italiani, comprende l’emergenza e fin da subito personaggi altolocati - tra cui Thiers, Lafayette, Victor Cousin, Mignet - prendono a salire i gradini che portano al quinto piano e a bussare alla porta su cui è infisso il cartello La princesse malheureuse. Lei ricambia col suo fascino romantico, accentuato dall’abitudine di vestirsi di nero, un segno di lutto in ricordo delle sue disavventure coniugali, e guadagnandosi da vivere dipingendo ventagli e cristalli. Nei salotti che contano si prende a parlare di lei e della sua ardente passione patriottica e gli inviti ad unirsi alla bella società non tardano ad arrivare.

Dopo essersi goduto a Milano la ritrovata indipendenza, arriva anche per Emilio il momento di emigrare a Parigi. Momentaneamente riunitisi, i due sposi prendono in affitto due appartamenti contigui al n. 1 di Place de la Madeleine, nella casa di proprietà del duca di Plaisance, locali che ben presto si rivelano inadatti per offrire una degna ospitalità ai nuovi amici e conoscenti, affascinati dall’antitesi Emilio il frivolo e Cristina la colta. Un trasloco s’impone e i due trovano un più vasto alloggio al 23 di Rue d’Anjou, che arredano - grazie alla generosità del nuovo imperatore d’Austria, che ha restituito alla Trivulzio ogni suo bene - con un lusso sfarzoso, inatteso ...e talvolta incompreso: “una serie di catafalchi” scrive Téophile Gautier. Le signore, invece, spettegolano sul giovane e robusto africano che le accoglie alla porta d’ingresso. Cristina, ormai riconosciuta regina dei salotti, riceve due volte la settimana: il mercoledì lo riserva alla musica, il sabato alla politica e alla teologia.

Il successo attira l’invidia dei nani e ben presto intorno alla coppia crescono i pettegolezzi e le insinuazioni, soprattutto da parte dei tanti mariti resi becchi da Emilio e dai troppi spasimanti respinti da Cristina. Di lei scrive Arsène Houssaye: Più intelligente che sensibile […] ella serviva con grazia il festino dell’amore, poi volava via nel momento di condividerlo. Il respinto conte Rodolfo Appunyi non esita a chiamarla Saffo e Corinna. Balzac la descrive saccente e pedante, sempre pronta a rubare gli amanti alle donne che frequentano la sua casa, facendone pure i nomi: Lizst a madame d’Agoult, Lord Normanby alla moglie, Mignet a madame d’Aubernon, Musset a George Sand …salvo poi mandarli tutti in bianco. De Musset, altro spasimante respinto (“Aveva gli occhi terribili della sfinge, così grandi così grandi che mi ci sono perso e non mi ci raccapezzo più”) la battezza la dotta Urania, soprannome che fa subito presa nei salotti mondani.

Sul fronte opposto, quello degli amici fedeli, troviamo nomi di rilievo. Oltre ai già citati Thiers, Mignet e Victor Courbin troviamo Chopin, Victor Hugo, Dumas padre, Stendhal, Chateaubriand e i pittori Delacroix e Lehmann, autore, quest’ultimo, del ritratto di Cristina visibile al Louvre. Di tanto in tanto appare anche il conte di Cavour, che con Cristina condivide la passione per l’occultismo e lo spiritismo. Tra i musicisti, la coppia conta sull’amicizia di Rossini, Meyerbeer, Bellini e Alton Shée, usi ad accompagnare al pianoforte i gorgheggi della Malibran e della Grisi in duetto con Emilio.

Conseguenza della breve riconciliazione parigina è la nascita nel 1838 di una figlia, Maria-Gerolama. Ma già un anno dopo la situazione precipita: lei, che la troppa adulazione ha messo a nudo il lato autoritario, lascia Parigi e col fratello Alberto raggiunge l’isola di Wight. Lui da Vienna non esita a scrivere che è “molto felice con ragazze giovanissime e bellissime”.

* * *

Altrove, lontano dal borbottio dei salotti, re Luigi-Filippo mai dimentica di ricevere a Corte la principessa di Wagram, dandole modo d’incontrare sovrani, ambasciatori e nobiltà di passaggio. Da parte sua, la vedova Berthier usa ricambiare con festosi ricevimenti al castello di Grosbois, ottima locazione per cercare di sistemare al meglio i suoi figli. L’unico maschio, il principe Napoleon Alexandre, impalma Zenaïde, figlia del conte Clary e nipote di Désirée Clary, diventata regina d’Olanda. Un anno dopo è la volta di Caroline, che sposa Alphonse Napoleon d’Hautpoul, ufficiale di cavalleria, barone dell’impero e, più tardi, sindaco di Trouville, una spiaggia alla moda (suo padre, Jean-Joseph d’Hautpoul, morto nella battaglia di Eylau, era tra i più cari amici del defunto Berthier). Rimane Anne, viziata dalla famiglia e molto legata al fratello.
Tra i frequentatori dell’Hôtel d’Estignac e del castello di Grosbois vi è il duca di Plaisance, figlio del terzo Console Lebrun, arcitesoriere di Napoleone Bonaparte. A suo tempo, come aiutante di campo dell’Imperatore, aveva ammirato il coraggio di Berthier in occasione delle battaglie di Austerlitz, Eylau e Wagram. Educato all’estremo senso di lealtà e di giustizia, non esita a mostrare il suo disprezzo per il lusso e per la vita da salotto. Morto il duca, è Charles, il figlio maggiore sposato alla figlia del signor de Barbé-Marbois, a ereditarne il titolo. Essendo suo fratello Alexandre-Louis, barone dell’Impero e colonnello di cavalleria, morto nel 1812 in Russia, e sua moglie morta di parto, l’orfano Charles-Louis-Alexandre-Jules conte di Plaisance viene cresciuto dal rigoroso zio Charles e da questi avviato alla carriera politica.
All’Hôtel d’Estignac o a Grosbois il giovane Jules ha modo d’incontrare la bellissima Anne. Apprezzando il rigido stile di vita e le alti doti morali dei Plaisance, la vedova Berthier caldeggia l’unione di sua figlia con Jules e il loro matrimonio si celebra il 24 giugno 1833, ma per Anne Berthier de Wagram, ora contessa di Plaisance, la nuova vita si rivela ben presto dolorosa. Il marito non cerca in lei l’amante ma la madre mai conosciuta. Lei, giovanissima e propensa alla mondanità, reagisce fuggendo dal marito per ritrovare la perduta felicità a Grosbois. Quando è costretta a Parigi la si vede nei salotti sempre sola, mai accompagnata dal consorte. Fra una fuga e l’altra dalla casa e dal marito che non ama, quel che deve accadere accade: il 5 aprile 1835 mette al mondo una figlia, Jeanne. Subito dopo, per ritemprarsi dalle fatiche del parto, sverna a Grosbois per godere della compagnia del principe suo fratello - ora seduto alla Camera dei Pari -, di sua sorella e delle loro famiglie.

Gli anni passano, i figli crescono. A Parigi Anne può contare sull’amicizia della contessa Merlin, moglie di un generale, e della signora Bourdon de Vatry. Ed è nel salotto della prima che incontra la principessa di Belgiojoso - che a suo tempo aveva abitato nel palazzo dei Plaisance - e tutta la pletora di artisti e letterati che l’adorano. Benché tra loro rivali, la Merlin e la Belgiojoso usano scambiarsi grandi cortesie, con rappresentazioni teatrali ora a casa dell’una ora dell’altra. A differenza del salotto Belgiojoso, quello della Merlin è decisamente più leggero: non solo rappresentazioni teatrali, ma anche giochi e balli e gorgheggi musicali accompagnati al pianoforte dallimmancabile Bellini. Tra le ospiti, attira gli interessati sguardi maschili una graziosa ed elegante signora con capelli biondi e carnagione chiara. Cosa non secondaria, lei porta dalla nascita due cognomi amatissimi dai parigini: uno, Berthier, scalda il cuore dei napoleonici; l’altro, Wagram, è caro ai fedeli alla monarchia.
Inoltre, in casa Merlin è facile trovare il sempre affascinante principe di Belgiojoso. Si dice che quando lui canta, accompagnato al piano da Rossini, regali alle signore un brivido di piacere e di certo non sfuggono gli sguardi che l’esperto Emilio rivolge all’infelice moglie del frigido conte di Plaisance.

Nella più distinta residenza dei Vatry sia i Wagram che i Plaisance si recano con piacere, anche perché qui possono incontrare il duca di Nemours, il figlio del re. Stando al conte d’Appony “Monsignore è invaghito a modo suo di madame de Plaisance, figlia del principe di Wagram”. In realtà l’erede al trono spasima per la signorina Beresford, un’inglese che in Rue de Rivoli abita una casa vicina a quella dei Plaisance. E alla contessa le sue frequenti visite all’inglesina provocano un inutile scontento: pochi anni dopo il duca di Nemours trova nella duchessa Vittoria di Saxe-Coburg la moglie degna del suo casato.

In una Parigi dove tutti i nobili si dannano per divertirsi, solo il conte Jules de Plaisance s’ostina a vivere una vita castigata, ignorando ogni esigenza di un’ancor bellissima Anne Berthier de Wagram, sua infelice sposa. La tempesta si avvicina.
(continua)


© Testo di Giancarlo Mauri















Da Parigi alla Pliniana (1)

Louis-Alexandre Berthier

feuilleton in tre puntate - #1

Il 9 marzo 1808 Louis-Alexandre Berthier, lo stratega di tante battaglie napoleoniche, porta all’altare la duchessa Maria Elisabetta in Baviera, nipote del re Massimiliano I Giuseppe di Baviera, 29 anni più giovane del marito. Un’unione decisa da Napoleone Bonaparte e comunicata allo sposo con lettera datata La Malmaison, 1° aprile 1806:

Vi mando Le Moniteur; vedrete quanto ho fatto per voi. Vi pongo una sola condizione: che vi sposiate, ed è questa una condizione legata alla mia amicizia. La vostra passione è durata troppo a lungo: è diventata ridicola ed io ho il diritto di sperare che colui che ho nominato mio compagno d’armi, che la posterità citerà sempre accanto a me, non rimarrà più a lungo abbandonato a una debolezza senza pari. Voglio dunque che vi sposiate, o non vi vedrò mai più. Avete cinquant’anni, ma siete di una stirpe in cui si vive fino a ottant’anni, e quei trent’anni sono quelli in cui le blandizie del matrimonio vi saranno sommamente necessarie.

Queste maschie parole, da soldato a soldato, svelano alcuni fatti: Le Moniteur, organo ufficiale dell’Impero, riporta la fresca nomina del Primo maresciallo di Francia al rango di principe di Neuchâtel e Valengin. La “passione durata troppo a lungo” mette invece a nudo l’amore di Berthier per la signora Visconti-Aimi, un’italiana nota per non porsi limiti nel numero degli amanti.

Residenza ufficiale degli sposi è il castello di Grosbois, immensa proprietà terriera a sud di Parigi appartenuta fino a due anni prima a Fouché. Lo sposo fa riverniciare il palazzo e apre le porte al bel mondo parigino omaggiandolo con feste sontuose.
La luna di miele è di breve durata: poco dopo le nozze Berthier si deve recare a Schönbrunn per preparare la battaglia di Wagram e a vittoria avvenuta è lo stesso Napoleone a rendere partecipe l’abbandonata Elisabetta che “Abbiamo eretto a principato col titolo di principato di Wagram, il castello di Chambord che abbiamo acquistato dalla Legion d’Onore, coi parchi dipendenti e le foreste circostanti, per essere posseduti da nostro cugino, il principe di Neuchâtel, e dai suoi discendenti”.
Al nuovo titolo nobiliare il “nostro cugino” (titolo che l’Imperatore riserva a pochi intimi) si vede aggiungere le rendite provenienti dal demanio di Trzcianca Schelanka, dai granducati di Hannover, di Westfalia, della Ruhr e della Sarre. La divisa di Berthier gronda di onorificenze e nuovi incarichi - connestabile, capo delle cacce imperiali, colonnello generale degli Svizzeri e tant’altro - si sommano ai vecchi. Ai possedimenti di Grosbois il capofamiglia aggiunge altre proprietà, quali la casa delle Guardie di Hyéres, gli aranceti di Crosne, alcune cascine nel Marais e altri stabili a Parigi.

* * *

Ogni medaglia ha il suo rovescio. Berthier, che non approva la campagna di Russia, presenta le dimissioni, rifiutate da Napoleone: “Ho bisogno nel mio esercito della fama che vi ho creata”. Dopo la disfatta i marescialli inducono l’Imperatore a un trattato di pace, propedeutico all’abdicazione e all’esilio all’Elba. Da Fontainebleau il 14 aprile 1814 un addolorato Berthier scrive alla moglie: “Amica mia […] Abbandonate questo triste castello di Chambord, e tornate nel vostro palazzo. […] Potrete vivere a Parigi con dignità ma con semplicità. Bisogna prepararsi a certe grandi riforme. Riceverete poca gente senza però chiudere la vostra porta. I nostri affari si sistemeranno bene e sarà assicurata la sorte dei nostri figli. Vi abbraccio, cara Elisabetta mia; un bacio ai nostri amori.
Al tempo, i “nostri amori” sono due marmocchietti che rispondevano ai nomi di Napoléon Alexandre (nato l’11 settembre 1810) e Caroline-Joséphine (22 agosto 1812). Una terza figlia, Marie-Anne vedrà la luce più tardi, il 19 febbraio 1816.
La confusione di quei giorni gioca un brutto scherzo alla serenità della coppia. Frugando negli archivi di Grosbois Carolina scopre che a Parigi il marito ha messo a disposizione della signora Visconti alcune case dipendenti dall’hôtel in Rue Neuve des Capucines e che alla stessa lui passa una cospicua rendita annua. Dopo un primo momento di sgomento, vuoi per l’educazione ricevuta alla Corte di Baviera vuoi per una visione pragmatica dei fatti, Carolina decide di soprassedere conservando il rispetto e l’affetto al padre dei suoi figli.
Partito Napoleone per l’Elba e restaurata la monarchia, per non perdere il titolo di principe di Wagram Berthier s’iscrive alla Guardia del re; e così, mentre il fedele compagno di Napoleone è in viaggio al seguito di Luigi XVIII, a Grosbois sua moglie ospita Maria-Luisa, ex imperatrice sulla via dell’esilio.

* * *

Il mare è in tempesta e tenere la barca a galla non è facile. Ben presto Berthier si vede costretto a rendere il principato di Neuchâtel al suo legittimo proprietario, il re di Prussia; in cambio riceve la carica di pari di Francia, il comando della compagnia di Wagram e la commenda dell’Ordine di San Luigi. Anche la sua nuova vita al servizio di re Luigi non è indolore. Del resto, come dimenticare la frase pubblicamente pronunciata da Napoleone in procinto di lasciare Fontainebleau per l’Elba: “Amo Berthier e mai cesserò di amarlo” e la polizia, convinta che Berthier stia tramando per portare soccorso al suo imperatore, applica nei suoi confronti un asfissiante controllo.
Al contrario, Berthier ha ormai perso ogni fiducia in Napoleone - la sua assenza da Waterloo sarà decisiva per le sorti della battaglia - e da buon stratega riesce a valutare ogni cambiamento con freddezza e precisione. Una settimana dopo la nascita di Marie-Anne Napoleone sbarca al Golfe Juan. Annusando laria, subito Berthier mette la moglie e i figli su di una carrozza diretta in Baviera, mentre lui (con un milione e mezzo di franchi in un baule) scorta re Luigi fino a Gand. Qui arrivato si accomiata da Luigi XVIII e in gran fretta raggiunge la famiglia a Bamberg, dov’è accolto con affetto dal suocero, il duca di Birkenfeld. Nel frattempo Napoleone, deluso ma non sorpreso di non aver trovato a Parigi “il più intelligente e il più abile dei suoi marescialli-maggiori” provvede a fargli sequestrare tutti i beni immobili.

Sebbene a Bamberg tutti si prodigassero per rallegragli la vita con feste danzanti e spettacoli teatrali, l’ossessione di Berthier resta una sola: rientrare in Francia. A questo progetto dedica tutto il suo tempo, scrivendo lettere su lettere al re di Baviera, chiedendogli il permesso di tornare libero a Grosbois, e a Luigi XVIII per rinnovargli la sua fedeltà. Al duca di Feltre, invece, invia una lettera rassegnando le dimissioni da ogni incarico accumulato: “A 63 anni, tra cui cinquanta di servizio, quaranta campagne militari per terra e per mare, incessanti sforzi hanno alterato la mia salute e mi costringono a rinunciare ad ogni impiego militare o civile.” Il duca di Feltre prende tempo e gli consiglia di rivolgersi direttamente al re. Berthier esegue, inviando a Sua Maestà la lettera di dimissioni. Luigi XVIII le rifiuta.



Il 1° giugno 1816 una lunga fila di cavalleggieri russi s’avvicina a Bamberg. Per una miglior visione della sfilata Berthier sale al terzo piano, entra nella camera dei bambini, accosta una sedia alla finestra, vi sale sopra in piedi e porta il binocolo agli occhi. È il suo ultimo gesto da vivo: perso l’equilibrio, cade nel vuoto e si rompe la testa sul selciato. La polizia non ha dubbi e liquida il fatto con una parola: suicidio. Sbagliando, come storia insegna. I resti del vecchio soldato, a cui più tardi saranno affiancati quelli della moglie, riposano nel castello reale di Tegernsee.

Alla morte del padre, Marie-Anne Berthier non era ancora entrata nel suo quarto mese di vita.
(continua)

© Testo di Giancarlo Mauri


Il generale Berthier in battaglia

Battaglia di Wagram

Chateau de Grosbois

Berthier e madame Visconti

Maria Elisabetta in Baviera