Il 9 marzo 1808 Louis-Alexandre
Berthier, lo stratega di tante battaglie napoleoniche, porta all’altare la
duchessa Maria Elisabetta in Baviera,
nipote del re Massimiliano I Giuseppe di
Baviera, 29 anni più giovane del marito. Un’unione decisa da Napoleone Bonaparte e comunicata allo sposo con lettera datata La
Malmaison, 1° aprile 1806:
Vi mando Le Moniteur; vedrete quanto ho fatto per voi. Vi pongo una sola
condizione: che vi sposiate, ed è questa una condizione legata alla mia
amicizia. La vostra passione è durata troppo a lungo: è diventata ridicola ed
io ho il diritto di sperare che colui che ho nominato mio compagno d’armi, che
la posterità citerà sempre accanto a me, non rimarrà più a lungo abbandonato a
una debolezza senza pari. Voglio dunque che vi sposiate, o non vi vedrò mai
più. Avete cinquant’anni, ma siete di una stirpe in cui si vive fino a
ottant’anni, e quei trent’anni sono quelli in cui le blandizie del matrimonio
vi saranno sommamente necessarie.
Queste maschie parole, da soldato a soldato, svelano
alcuni fatti: Le Moniteur, organo ufficiale dell’Impero, riporta la
fresca nomina del Primo maresciallo di Francia al rango di principe di
Neuchâtel e Valengin. La “passione durata
troppo a lungo” mette invece a nudo l’amore di Berthier per la signora
Visconti-Aimi, un’italiana nota per non porsi limiti nel numero degli amanti.
Residenza ufficiale degli sposi è il castello di
Grosbois, immensa proprietà terriera a sud di Parigi appartenuta fino a due
anni prima a Fouché. Lo sposo fa riverniciare il palazzo e apre le porte al
bel mondo parigino omaggiandolo con feste sontuose.
La luna di miele è di breve durata: poco dopo le nozze
Berthier si deve recare a Schönbrunn per preparare la battaglia di Wagram e a
vittoria avvenuta è lo stesso Napoleone a rendere partecipe l’abbandonata
Elisabetta che “Abbiamo eretto a
principato col titolo di principato di Wagram, il castello di Chambord che
abbiamo acquistato dalla Legion d’Onore, coi parchi dipendenti e le foreste
circostanti, per essere posseduti da nostro cugino, il principe di Neuchâtel, e
dai suoi discendenti”.
Al nuovo titolo nobiliare il “nostro cugino” (titolo che l’Imperatore riserva a pochi intimi) si
vede aggiungere le rendite provenienti dal demanio di Trzcianca Schelanka, dai
granducati di Hannover, di Westfalia, della Ruhr e della Sarre. La divisa di
Berthier gronda di onorificenze e nuovi incarichi - connestabile, capo delle
cacce imperiali, colonnello generale degli Svizzeri e tant’altro - si sommano
ai vecchi. Ai possedimenti di Grosbois il capofamiglia aggiunge altre
proprietà, quali la casa delle Guardie di Hyéres, gli aranceti di Crosne,
alcune cascine nel Marais e altri stabili a Parigi.
* * *
Ogni medaglia ha il suo rovescio. Berthier, che non
approva la campagna di Russia, presenta le dimissioni, rifiutate da Napoleone:
“Ho bisogno nel mio esercito della fama
che vi ho creata”. Dopo la disfatta i marescialli inducono l’Imperatore a
un trattato di pace, propedeutico all’abdicazione e all’esilio all’Elba. Da
Fontainebleau il 14 aprile 1814 un addolorato Berthier scrive alla moglie: “Amica mia […] Abbandonate questo triste castello di Chambord, e tornate nel vostro
palazzo. […] Potrete vivere a Parigi
con dignità ma con semplicità. Bisogna prepararsi a certe grandi riforme.
Riceverete poca gente senza però chiudere la vostra porta. I nostri affari si
sistemeranno bene e sarà assicurata la sorte dei nostri figli. Vi abbraccio,
cara Elisabetta mia; un bacio ai nostri amori.”
Al tempo, i “nostri
amori” sono due marmocchietti che rispondevano ai nomi di Napoléon
Alexandre (nato l’11 settembre 1810) e Caroline-Joséphine (22 agosto 1812). Una
terza figlia, Marie-Anne vedrà la luce più tardi, il 19 febbraio 1816.
La confusione di quei giorni gioca un brutto scherzo
alla serenità della coppia. Frugando negli archivi di Grosbois Carolina scopre
che a Parigi il marito ha messo a disposizione della signora Visconti alcune
case dipendenti dall’hôtel in Rue Neuve des Capucines e che alla stessa lui
passa una cospicua rendita annua. Dopo un primo momento di sgomento, vuoi per
l’educazione ricevuta alla Corte di Baviera vuoi per una visione pragmatica dei
fatti, Carolina decide di soprassedere conservando il rispetto e l’affetto al padre dei suoi
figli.
Partito Napoleone per l’Elba e restaurata la
monarchia, per non perdere il titolo di principe di Wagram Berthier s’iscrive
alla Guardia del re; e così, mentre il fedele compagno di Napoleone è in
viaggio al seguito di Luigi XVIII, a Grosbois sua moglie ospita Maria-Luisa, ex
imperatrice sulla via dell’esilio.
* * *
Il mare è in tempesta e tenere la barca a galla non è
facile. Ben presto Berthier si vede costretto a rendere il principato di
Neuchâtel al suo legittimo proprietario, il re di Prussia; in cambio riceve la
carica di pari di Francia, il comando della compagnia di Wagram e la commenda
dell’Ordine di San Luigi. Anche la sua nuova vita al servizio di re Luigi non è
indolore. Del resto, come dimenticare la frase pubblicamente pronunciata da
Napoleone in procinto di lasciare Fontainebleau per l’Elba: “Amo Berthier e mai cesserò di amarlo” e la polizia, convinta che Berthier stia tramando per portare soccorso al suo
imperatore, applica nei suoi confronti un asfissiante controllo.
Al contrario, Berthier ha ormai perso ogni fiducia in
Napoleone - la sua assenza da Waterloo sarà decisiva per le sorti della battaglia - e da buon stratega riesce a valutare ogni
cambiamento con freddezza e precisione. Una settimana dopo la nascita di
Marie-Anne Napoleone sbarca al Golfe Juan. Annusando l’aria, subito Berthier mette la moglie e i
figli su di una carrozza diretta in Baviera, mentre lui (con un milione e
mezzo di franchi in un baule) scorta re Luigi fino a Gand. Qui arrivato si accomiata da Luigi
XVIII e in gran fretta raggiunge la famiglia a Bamberg, dov’è accolto con affetto dal suocero, il
duca di Birkenfeld. Nel frattempo Napoleone, deluso ma non sorpreso di non aver trovato a
Parigi “il più intelligente e il più
abile dei suoi marescialli-maggiori” provvede a fargli sequestrare tutti i beni immobili.
Sebbene a Bamberg tutti si prodigassero per rallegragli la vita con feste danzanti e spettacoli teatrali, l’ossessione di Berthier resta una sola: rientrare in Francia. A questo progetto dedica tutto il suo tempo, scrivendo lettere su lettere al re di Baviera, chiedendogli il permesso di tornare libero a Grosbois, e a Luigi XVIII per rinnovargli la sua fedeltà. Al duca di Feltre, invece, invia una lettera rassegnando le dimissioni da ogni incarico accumulato: “A 63 anni, tra cui cinquanta di servizio, quaranta campagne militari per terra e per mare, incessanti sforzi hanno alterato la mia salute e mi costringono a rinunciare ad ogni impiego militare o civile.” Il duca di Feltre prende tempo e gli consiglia di rivolgersi direttamente al re. Berthier esegue, inviando a Sua Maestà la lettera di dimissioni. Luigi XVIII le rifiuta.
Sebbene a Bamberg tutti si prodigassero per rallegragli la vita con feste danzanti e spettacoli teatrali, l’ossessione di Berthier resta una sola: rientrare in Francia. A questo progetto dedica tutto il suo tempo, scrivendo lettere su lettere al re di Baviera, chiedendogli il permesso di tornare libero a Grosbois, e a Luigi XVIII per rinnovargli la sua fedeltà. Al duca di Feltre, invece, invia una lettera rassegnando le dimissioni da ogni incarico accumulato: “A 63 anni, tra cui cinquanta di servizio, quaranta campagne militari per terra e per mare, incessanti sforzi hanno alterato la mia salute e mi costringono a rinunciare ad ogni impiego militare o civile.” Il duca di Feltre prende tempo e gli consiglia di rivolgersi direttamente al re. Berthier esegue, inviando a Sua Maestà la lettera di dimissioni. Luigi XVIII le rifiuta.
Il 1° giugno 1816 una lunga fila di cavalleggieri russi s’avvicina a Bamberg. Per una miglior visione della sfilata Berthier sale al terzo piano, entra nella camera dei bambini, accosta una sedia alla finestra, vi sale sopra in piedi e porta il binocolo agli occhi. È il suo ultimo gesto da vivo: perso l’equilibrio, cade nel vuoto e si rompe la testa sul selciato. La polizia non ha dubbi e liquida il fatto con una parola: suicidio. Sbagliando, come storia insegna. I resti del vecchio soldato, a cui più tardi saranno affiancati quelli della moglie, riposano nel castello reale di Tegernsee.
Alla morte del padre, Marie-Anne Berthier non era ancora entrata nel suo quarto mese di vita.
(continua)
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