Il punto massimo da noi raggiunto è il terrazzino erboso visibile nella fotografia 7, in alto.
In parte ripetendomi, qui ripropongo quanto da me scritto in una mail datata 2 marzo 2014:
2 marzo 1969. Come prima salita dell’anno dopo la pausa invernale, scegliemmo una via a noi nota: la Cassin-Dell’Oro (il mitico Boga) alla Corna di Medale; 360 metri di sviluppo e difficoltà fino al quarto superiore. Quel giorno avevamo aggregato a noi Diego Pellacini, un ragazzo conosciuto in casa di un’amica che alla prova sul campo rivelò doti aviatorie: sul “traverso” perse la presa e a me, capocordata, toccò il suo ricupero a spalla.
2 marzo 1969. Come prima salita dell’anno dopo la pausa invernale, scegliemmo una via a noi nota: la Cassin-Dell’Oro (il mitico Boga) alla Corna di Medale; 360 metri di sviluppo e difficoltà fino al quarto superiore. Quel giorno avevamo aggregato a noi Diego Pellacini, un ragazzo conosciuto in casa di un’amica che alla prova sul campo rivelò doti aviatorie: sul “traverso” perse la presa e a me, capocordata, toccò il suo ricupero a spalla.
Io e Giuseppe, invece, avevamo una
nostra ragione per essere su quella via: il 28 dicembre 1968, - giorno talmente
gelido che mise fuori uso il motore della Seicento del Beppe: lui si era
scordato di mettere l’antigelo nell’acqua del radiatore! - avevamo portato
a buon fine un primo approccio per saggiare la parete della Medale a
destra della citata Cassin-Boga,
parete dove avevo intravisto la possibilità di aprire una nuova via (mi risulta
aperta da altri, tanti anni dopo e con uso di moderne tecnologie; noi s’arrampicava
con gli scarponi rigidi ai piedi...). E quel due marzo, avevo portato la mia
reflex per scattare delle slides “di profilo”, con l’intenzione di studiare a
tavolino i passaggi critici del nostro futuro impegno alpinistico.
Arrivati all’uscita della
Cassin-Boga ci si slega e corda al collo si prende uno stretto passaggio che
porta al prato e alla discesa. L’avevamo fatto tante altre volte, anche alle
due di notte, col buio. Parto io, segue Diego, chiude il Beppe. Pochi
passi e sento il tonfo tipico di un masso che cade sul terreno erboso,
morbido. Mi volto per vedere cosa sta succedendo e non vedo il Beppe. Io e
Diego torniamo sui nostri passi e ...il Beppe non c’è più. Intuisco la
disgrazia. Scendiamo a rotta di collo. Alla base ci separiamo; Diego va da Zaccheo per chiamare il Soccorso alpino, io mi porto ai piedi della
parete. Cerco finché vedo una macchia bordeaux, il colore del maglione del Beppe.
Lui è appoggiato ad un arbusto. In testa non ha più il casco (e mai lo
ritroverò, malgrado le tante ricerche). Pochi metri più in alto,
appoggiato ad un masso, c’è il suo portafogli.
Alcuni mesi prima, io e il Beppe
guardavamo il grande, tondeggiante strapiombo d’origine glaciale, che
caratterizza la parte terminale del Corno Orientale di Canzo. Non sapevano se
qualcuno lo avesse tentato, ma di certo sapevamo che nessuno l’aveva superato.
Io adoravo gli strapiombi, quindi lo mettemmo nel mirino.
Voglio,
devo, fare qualcosa per ricordarlo. Fin da subito ho chiaro dove: quello
strapiombo che tante volte avevamo osservato dalla SEV porterà il suo nome.
Prima,
però, devo rodare Diego alla roccia dei Corni, che lui ancora non conosce.
Iniziamo il 13 aprile con la Dell’Oro-Maggi (o dei tre tetti) al Corno Centrale. Il 25
aprile portiamo a termine la Direttissima
Città di Cantù (terza
ascensione; la seconda l’hanno fatta gli stessi primi salitori - Giorgio
Brianzi & co. - allo scopo di recuperare il materiale rimasto in parete),
uscendo in vetta per lo strapiombo chiodato a pressione. [1] Tra il primo e il secondo
tiro, già che ci sono, raddrizzo un po’ la via con una variante mica male.
Già col Beppe avevo scoperto che sul versante del Corno Orientale rivolto verso
Valmadrera vi è un monotiro che sale in diagonale verso
destra, tutto chiodi e strapiombini. Lo ripercorriamo ancora un paio di volte,
poi lo schiodo, lasciando soltanto quello utilizzato per la doppia: Diego
pensava che portassi via anche quello! Lo scopo è quello di procurarmi i chiodi
che mi serviranno per il mio progetto: una via dedicata alla memoria di Giuseppe
Verderio. Qui, sui Corni di Canzo.
[1] Nota
tecnica: Corno Centrale, Parete Fasana, Via Direttissima Città di Cantù;
prima ascensione: Giorgio Brianzi, Angelo Molteni e altri, 4, 11 e 18 1967;
difficoltà d’insieme TD, difficoltà max V, A2.
Nessun commento:
Posta un commento